19 - E comunque le chiamiamo costanti

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Thomas si svegliò con un gran mal di testa. Era di nuovo sul divano. C'era qualcuno davanti a lui, qualcuno che continuava a muovere le gambe contro la sua vita. Si alzò di scatto. Contatto umano. Odiava il contatto umano di prima mattina. Davanti a lui, con la testa appoggiata al bracciolo opposto al suo, Lea stava aprendo gli occhi. Un secondo dopo aveva tutto sotto controllo e si ricordava perché erano in quella situazione.

"Che cosa era? Giuro qualcosa mi ha dato un calcio." bofonchiò tra gli sbadigli, passandosi una mano tra i capelli e scompigliandoli ancora di più.

"Ero io. Contatto umano appena alzato, mi da fastidio. E le tue gambe continuavano a stiracchiarsi sulla mia pancia."

"Eri comodo." Lea ributtò la testa sul bracciolo del divano. "Perché ci siamo addormentati così."

Thomas intuì il punto di domanda a fine frase.

"Ieri sera ti ho riportata a casa, deliravi un po'. Ti ho messa sul divano ma continuavi a dire che non ti saresti addormentata se io non fossi rimasto, quindi sono rimasto."

"Oh..." la ragazza si tirò su "sei rimasto. Dopo tutto... sei rimasto. Grazie."

"Mi hai chiesto scusa ieri sera." le ricordò lui.

"Me lo ricordo. Non pensavo bastasse."

"Infatti non basta." Thomas sorrise leggermente "Anche se potresti migliorare mettendo in ordine camera tua e ridandomi i pantaloni. E non provare a fare battutacce, è mezzogiorno. E' un orario indecente per le battutacce."

"Mezzogiorno è un orario indecente punto!" Lea saltò giù dal divano correndo in camera sua per mettersi qualcosa di decente. Sempre correndo andò in bagno.

"Tommy mi tiri fuori la colazione? Pane e Nutella stamattina!"
"Se tu non facessi colazione risparmieremmo tempo!"
Lea si affacciò dalla porta del bagno con il viso ancora bagnato e il trucco a metà.
"La colazione viene prima di tutto! Ho bisogno di qualcosa di schifosamente dolce per iniziare la giornata."
"Anche perché tu hai la stessa dolcezza del latte andato a male!" gli urlò di rimando Thomas e lei gli corse da lui a schizzargli l'acqua addosso, poi riempì un bicchiere e glielo tirò sui capelli.

"Perché?" borbottò lui.

Mezzo bagnato tornò in camera sua a cambiarsi e quando uscì già Lea stava facendo tranquillamente colazione.

"Non mi ricordo molto di ieri sera dopo... l'abbraccio. Mi stavi abbracciando?"

"Ne avevi bisogno." Thomas scrollò le spalle sedendosi accanto a lei. "Gaabriel ti ha colpito con qualcosa e tu hai iniziato a delirare dicendo che dovevi ucciderlo, lo hai chiamato Alec e continuavi a parlare di espiazione e della stanza numero 42."

Lea si girò di scatto. "Deliravo? Come... cosa ha scoperto?" era sconvolta, come se Thomas avesse detto qualcosa di impossibile e, effettivamente, era così. Niente riusciva a intaccare le capacità psichiche di un Agente, nessuna sostanza. Che cosa aveva fatto? Sospirò. "Alec è il suo vero nome, il mio è Sarah se vuoi saperlo, il resto lo sai già. Era il mio migliore amico."

Thomas assimilò quelle informazioni senza rendersi conto di quello che gli era stato appena detto. Il vero nome di Lea, erano tre persone a saperlo. Headstrich, Alexander e ora lui.

"Raffaele." disse solo lui.

"E' un bel nome."

"Lo scelse mia sorella per me."

Ci fu un secondo di silenzio.

"Perché Thomas?"

"Non lo so, era come se qualcosa mi spingesse verso quel nome straniero."

Straniero. La ragazza alzò gli occhi.

"Sei italiano. Tu sei italiano. E' la prima cosa che mi hai detto e io sono stata così lenta da non capirlo." corse in sala trascinando Thomas con lei, accese uno schermo e ci trasferì qualche file. "Alexander ha detto che la cura mortale funziona solo sugli italiani perché dice che un italiano lo fermerà. Lui però non sa che tu sei italiano. Sei tu Tommy! Oh la Storia trova sempre un modo per aggirare tutti. Alec non vuole problemi eppure la Storia glieli crea!"

"Ma se riesce a eliminare tutti gli italiani del Ventunesimo io non esisterò più dato che sono nato dopo."

"E questa è la beffa più grande! Non lo sa nessuno perché nessuno ci pensa mai. L'Agenzia non si trova in uno spazio-tempo definito. Fluttua in mezzo al continuum in una posizione che non interferisce con il flusso ma che riesce comunque a stare in mezzo ad esso. Chi entra in questa dimensione esiste e non esiste. Se non rimanessimo tutta la nostra vita all'Agenzia non invecchieremmo mai, ecco perché le lezioni da piccolini si fanno in luoghi esterni, ecco perché siamo costretti a stare fuori un po' di giorni all'anno. Io ho diciassette anni secondo il calendario dell'Agenzia ma sono una degli Agenti più vecchi. Ho risolto tantissimi casi mangiando biscotti in camera mia fuori dal continuum. Una volta che tu esci anche solo una volta dal continuum per vivere sopra di esso esisti e basta. E' come se non fossi mai nato, eppure ci sei. Se non sei mai nato non puoi morire."

"Immortali come dei."

"Esattamente!" Lea colpì lo schermo in un punto. "Alexander avrà anche trovato un modo per intaccare il nostro sistema nervoso, ma ancora non può competere con me. E' genetico, è scritto nei suoi cromosomi e nei miei. Sarò sempre un passo avanti a lui."

"Però continuo a non capire, se sono qui e lancia la cura, prenderà anche me." Thomas era perplesso. Aveva seguito il discorso e lo aveva capito, eppure qualcosa gli sfuggiva.

"No, te lo dovrebbe iniettare. Tu non fai parte di questo tempo, tu non fai parte nè del Tempo nè dello Spazio, sei qualcosa al di sopra, come tutti noi Agenti. Guarda. Ora noi siamo con i piedi per terra, sottoposti a una certa forza gravitazionale che dipende da una costante k. Così tutti quelli che vivono lo fanno qui e ora e dipendono da queste due grandi costanti unversali lo spazio e il tempo. Lo spazio fuori di loro e il tempo dentro di loro. Sono come due costanti che non possono essere cambiate." Lea si concentrò un attimo e improvvisamente si trovarono a fluttuare leggermente pur senza riuscire distanziarsi troppo dal pavimento. "Cambiando k, cambia la gravità. Si cambia la costante e si può anche annullare." la ragazza fece due calcoli allo schermo e ora volavano tranquillamente per la stanza. "Così si possono annullare anche le due grandi costanti Spazio e Tempo. Non la Storia però perché dipende solo dal flusso del continuum e si trova al di sopra di esso. Tu, io gli Agenti, viviamo indipendentemente dallo Spazio e dal Tempo, come a gravità zero. Quindi possiamo fermarlo."

Thomas si massaggiò le tempie. Non erano concetti intuitivi. Sorrise verso di Lea, era proprio un genio. "Buongiorno." le disse scherzando e lei riposto la gravità alla normalità, facendolo capitombolare per terra.

"Lea!" brontolò "In ogni caso. Ho capito eh, ma perché chiamarle costanti quando costanti non sono?"

"E' un vecchio retaggio. Loro poi non lo sanno che Spazio e Tempo non sono costanti." Lea ammiccò e riportò la gravità a zero ridendo. Amava fluttuare.


Angolo autrice:

Per questo capitolo ringrazio Kant per il qui e ora di tutti gli uomini, un mio amico per avermi spiegato che per manovrare la gravità basta che si trovi un modo per manovrare la costante e Ben Bova per il concetto di continuum.




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