24 - Caccia al tesoro

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"Quindi che si fa?" chiese Thomas alzandosi dal letto e dando un leggero bacio sulla bocca a Lea

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"Quindi che si fa?" chiese Thomas alzandosi dal letto e dando un leggero bacio sulla bocca a Lea. Lei sorrise involontariamente. Non sapeva esattamente cosa erano, ma gli piaceva. Mai due Agenti erano stati insieme in quel senso, quindi loro non è che si potevano definire fidanzati o altro, eppure Thomas le aveva appena dato un bacio così intimo e quotidiano.

"Te l'ho detto. Lo uccido. Però mi serve l'arma giusta."

"Cioè?"

"Un'arma che invoca vendetta dal suo primo utilizzo, una lama che deve lavarsi da sangue sporco. Hai letto il mio fascicolo Tommy, sai cosa successe."

Lea corse in camera sua e aprì il baule delle armi. Ci si buttò dentro e iniziò a lanciare sul pavimento buona parte dell'arsenale finché non uscì trionfante dall'immensa cassapanca con un involucro di vecchia pelle.

"Mi aspettavo una teca, un bauletto a parte..."

Lea sbuffò "Perché avrei dovuto farlo?" poi tirò fuori il pugnale e se lo rigirò in mano, giocherellandoci e lanciandolo in aria, poi lo passò a Thomas "Attento è acciaio bombardato."

"E' un pugnale! Nemmeno una spada, uno spadone, una scimitarra. Ecco, una scimitarra sarebbe stata interessante. E' un pugnale!"

"E allora? E' letale e se ti piacciono tanto le scimitarre ce ne ho una magnificamente intarsiata nel baule." la ragazza scrollò le spalle.

"E' lo stesso del tuo tatuaggio. Il disegno sull'elsa del pugnale." Thomas era incantato e allo stesso tempo si chiedeva quanto ancora di quell'antico dolore Lea si portava dietro.

"Si ma senza tutto quel sangue..." ci aveva pensato bene, quando era andata a fare quel tatuaggio. Lo aveva voluto pulito, come se l'orrore fosse già stato lavato.

"Perché sopra l'occhio? E' un posto alquanto inconsueto... il collo, la schiena, il polso, la spalla, la caviglia sarebbero stati più normali. Oh beh, okay ho capito." Thomas rise alla faccia che aveva appena fatto Lea. Ovvio, normale. Lea non lo era mai stata, era qualcosa di estremo, di diverso, di fuori le righe. Quel giorno aveva intenzione di uscire con un lungo cappotto nero e un rossetto così forte che sarebbe potuta anche sembrare Lisbeth Salander se non fosse stato per un cappello a falda larga e dei decoltè così eleganti da creare un outfit perfetto per passeggiare nelle grandi vie della moda, non in un quartiere malfamato di una Perugia del Ventunesimo. Era veramente uno schianto, elegante, impeccabile, ogni elemento era al suo posto e lei mostrava una grazia che mai lui le aveva visto addosso. Fu questa la cosa che lo folgorò di più, la grazia di cui nonostante tutto era capace, la delicatezza con la quale si muoveva su quei tacchi vertiginosi.

"Dove andiamo?" chiese infatti Thomas.

"A litigare con Headstrich, di nuovo." sbuffò Lea. "Non è solo il capo dell'Agenzia, ma è anche una delle direttrici di una nota rivista femminile di moda. E per andare a parlare con lei serve un certo... stile." Lea si sistemò allo specchio quell'immenso cappello che le copriva metà faccia e si ripassò il rossetto, poi prese un paio di orecchini di giada. "Ci vuole un po' di colore con un total black, e questi riprenderanno perfettamente il cinturino della borsa che sta... la borsa! Dove sta la mia Gucci?"

"Questa?" Thomas le tirò una pochette nera con il cinturino oro e verde acqua.

"Non tirarla! E' una Gucci!" sbraitò Lea, per poi ricomposi e toccarsi l'acconciatura "vedi di vestirti per bene, non è una tortura per te. Ah, il nome di Headstritch qua è... Francesca Delogu. Certo che un cognome migliore poteva trovarselo. Vabbè... ci sei?"

Thomas fece capolino dalla sua camera. Era completamente in nero anche lui, persino la camicia era di quel colore, anche se lucida e la giacca gli stringeva perfettamente in vita.

"Balenciaga." disse Thomas aggiustandosi il gel suo capelli tirati all'indietro mentre una ciocca studiata gli ricadeva davanti al viso. "Spero che con questo completo mi farò perdonare la cicatrice." agguantò un cappotto e si preparò ad uscire.

"Portatemi a Milano, dicembre 2016, sede della Cosmopolitan." sussurrò Lea all'auricolare mentre si spruzzava un po' dell'intramontabile Chanel n. 5, poi si ritrovarono in una strada immersa nella nebbia e nelle luci natalizie.

"Vieni con me!" lo trascinò davanti a un palazzo enorme, ticchettando sul marciapiede sull'atrio e avvicinandosi a un uomo in uniforme.

"Siamo qui per la signora Delogu."

"La signorina e il suo accompagnatore hanno un appuntamento?"

"No" rispose Lea.

"La signora Delogu è molto impegnata e non riceve visite in questo momento."

Lea si tolse il cappello e socchiuse gli occhi, guardando l'uomo attraverso lo spesso strato di mascara steso perfettamente sulle ciglia, poi gli mise il cappello e il cappotto in mano.

"Lo metta dove mettete di solito quelli degli ospiti importanti, Thomas, vieni con me."

"Mi ha preso per un fattorino?" sbraitò l'uomo attirando l'attenzione di non poche persone nella sala. Era proprio quello che Lea voleva.

"No" disse alzando un po' la voce "Ma vista l'urgenza della visita mi farà questo piacere, non posso presentarmi alla signora Delogu con il cappello in mano. E ora, se vuole scusarmi..."

Thomas sorrise dentro di sé, era sempre Lea, che riusciva a ottenere tutto quello che chiedeva. Lasciò il cappotto all'uomo e la seguì nell'ascensore e poi nel caos di corridoi che si intersecavano per l'edificio. Spalancò decisa la porta e si trovò davanti Headstrich in riunione. Non si lasciò per questo intimidire, indossò il suo miglior sorriso e cinguettò: "Mia cara Francesca, mi dispiace interromperla in un momento così poco opportuno..."

"...ma il problema che dobbiamo esporle è di una certa rilevanza" cointinuò Thomas "e..."

"Ho capito, tutti fuori." sbuffò la signora vestita di azzurro quel giorno. Poi si rivolse a Lea: "Vedo che questa volta almeno i vestiti sono accettabili"
"L'ultima volta avevo gli shorts e un top" sussurrò la ragazza a Thomas facendolo ridere. Headstrich sbuffò.
"Cosa volete?"
"Ho bisogno che mi riapra il varco per l'Ottocento."
"Cosa?" esclamarono insieme Thomas e Headstrich.
"Quella zona è off-limits per te ora." continuò il capo dell'Agenzia.
"Se vuole vedere il globo terrestre implodere..." continuò Lea sarcastica.
"Cosa cerchi li?"
"Il prossimo indizio. Alexander sta giocando e noi non possiamo far altro che cercare di raggiungerlo in tempo." poi tirò fuori dalla borsetta un foglietto di carta "me lo ha messo in tasca lui mentre combattevamo. Sono coordinate spazio-temporali di Bath ottocentesca mentre la carta dove sono state scritte è stata prodotta nel Ventunesimo, ho controllato."
"Quindi è molto probabile che nell'Ottocento, a quelle coordinate ci sia un altro foglio di carta con altre coordinate." finì Thomas per lei. Solo non capiva perché non gliel'aveva detto.
Headstrich sospirò: "Quindi ti devo lasciar andare per forza..."
"Già."
"Ricordati che l'amore porta a fare le scelte sbagliate. Per questo scoraggio le relazioni tra Agenti."
Lea storse la bocca e la serrò.
"L'amore fa fare scelte coraggiose." ribatté Thomas.
"Scelte stupide. Andate."
Lea non se lo fece ripetere due volte, prese e uscì dalla stanza, mentre Thomas salutava con un cenno del capo Headstrich.
"Mette un po' soggezione" le disse quando furono di nuovo dentro l'ascensore.
"A me fa solo innervorise."
"Perché non mi hai detto del foglietto?"
"Perché l'ho analizzato in ascensore" rispose lei mentre Thomas andava a riprendere i cappotti e insieme uscivano in strada.
"Allora perché siamo venuti qui se ancora..."
"Voglio il libero accesso a tutte le epoche, sempre. Questa è una cosa sulla quale non discuto mai."
Thomas scoppiò a ridere. Era stata tutta una questione di orgoglio.
Tornarono a quella che avevano iniziato a chiamare 'casa', quell'appartamento fatiscente nel Ventunesimo.
"Dovresti vestirti più spesso così..." le disse Thomas, squadrandola seduto sul divano.
"Ti piace?" chiese lei mentre si accendeva una sigaretta.
"Ha un certo livello di stile non indifferente."
Lea buttò il fumo addosso a lui e sorrise, facendo contrasto tra il rossetto rosso e io bianco dei suoi denti, poi si tolse l'illusione.
"Io la chiamo classe."
"Sbruffona" la canzonò Thomas.
Lei lo baciò.



Il fabbricante di dèiOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz