27 - L'Olimpo passeggia sulla terra

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Era quasi l'aurora e Thomas stava indossando la veste nera che il drone gli aveva appena portato. Sembrava un vero greco e sembrava un vero dio. Non aveva bisogno di nessuna illusione, la sua pelle pallida dava l'impressione di qualcuno che raramente vede la luce del sole; gli occhi così neri da far confondere pupilla e iride, i capelli così mortalmente bianchi e la pericolosa cicatrice lo rendevano così misterioso e oscuro che nessuno avrebbe messo in dubbio la sua identità. Anche il suo sorriso, che Lea sapeva essere schietto, ad occhi estranei appariva quasi inquietante, perché era un ghigno storto. Alcuni Agenti sembravano creati apposta per incutere timore e gli altri diventavano spaventosi nel tempo, Thomas era così cambiato dalla prima volta che lo aveva visto, quel vasto caos del tempo e dello spazio lo aveva segnato profondamente.

"Nei miti antichi Atena ha qualche intrallazzo con Ade?" chiese Thomas ridendo.

Lea, che si stava raccogliendo i capelli in un'elaborata acconciatura, fece spallucce. Aveva messo la riga dei suoi capelli in mezzo, così da non far vedere il taglio particolare e se li stava alzando in modo da lasciare qualche capello mosso sulle spalle.

"Mhh... no. Di solito Ade non è un grandissimo pezzo di ragazzo. In ogni caso non importa, esistono così tanti miti che uno in più o in meno non cambia nulla ai fini della Storia."

Thomas arrossì e Lea sorrise. Alcune cose non sarebbero mai cambiate.

"Sono cosa?"

"Un grandissimo pezzo di ragazzo, si dice nel Ventunesimo e hai capito perfettamente quello che significa."

"Potrai essere nata nel Tremila ma non appartieni alla tua epoca. Il tuo posto è il Ventunesimo secolo."

Lea alzò un sopracciglio e non replicò. Lo sapeva naturalmente, quel periodo l'aveva segnata più di tutti gli altri. La sentiva come casa quasi più dell'Agenzia. Perché nonostante tutto, l'Agenzia era casa sua.

"Come sto?" gli chiese.

Il ragazzo in tutta risposta le lasciò un bacio a fior di labbra.

"Dimmi che facciamo in giro per Atene vestiti da dei."

"Diamo spettacolo ovvio." rispose lei "ci facciamo adorare, cose così. Usciremo dal Partenone" Lea fece un gesto plateale con le mani.

"Tu avresti dovuto fare teatro, altroché! Ma gli eroi non erano quelli che salvavano il mondo senza mettersi in mostra?"

"Io infatti non sono un'eroina." poi cambiò discorso. "presto che è tardi, tra poco tutti si sveglieranno" si avvicinò a Thomas e sussurrò all'auricolare "Atene, 458 a. C., Grecia."

Apparvero esattamente in mezzo al Partenone spaventando non poche persone. I greci guardarono la statua e Lea ripetutamente, poi si buttarono a terra. Solo un uomo, un anziano rimase in piedi e chinò il capo, sorridendo alla ragazza.

"Mia dea della guerra, signora della saggezza, cosa la porta qui accompagnata dal re degli spettri, signore degli Inferi e comandante delle legioni morte del Tartaro?"

Era veramente vecchio, eppure nei suoi occhi brillava una luce particolare, quasi sarcastica. Lea si avvicinò e sussurrò attraverso l'auricolare a Thomas:

"E' il vecchio Agente che ha creato il mito di Atena e mi ha scelta per questa terra. Loro lo considerano un figlio di Poseidone, un semidio."

"Avete ricreato l'Olimpo?" sorrise vagamente Thomas, poi si rivolse alla folla. "Su, su, in piedi, in piedi."

Posò i suoi occhi neri come le profondità del Tartaro su un uomo che si ritrasse spaventato, poi su una ragazza che abbassò la testa. Sorrise, era così strano sentirsi potenti, era divertente. Avrebbe potuto addirittura farci l'abitudine.

Il fabbricante di dèiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora