5. Drunk

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"I wanna hold your heart in
Both hands, not watch it fizzle
At the bottom of a Coke can.
And I got no plans for the weekend,
So should we speak then?
Keep it between friends...
Though I know you'll never
Love me like you used to".

"No... No! assolutamente no! Te lo scordi: non andrai a zonzo chissà dove a notte fonda tutta sola!" mi ordina Will, categorico e tassativo, balzando giù dal letto e puntandomi l'indice di una mano contro.

"Esattamente. Non è proprio concepibile. Per di più non si fa così: prima si comporta da stronzo apatico e ora da piagnone che ha bisogno di te. Non sei il suo giocattolino. Hai pure l'influenza!" gli dà manforte Colin, con le sopracciglia aggrottate e il mio cellulare ancora in mano.

"Ragazzi, per favore, non partite prevenuti. Magari è successo qualcosa. Cerchiamo prima di capire la situazione" razionalizza Connie, strappando il telefonino a Colin e porgendomelo, incitandomi poi con lo sguardo a rispondere al messaggio.

Tre paia di occhi saettano nella mia direzione. Colin e Will sono scettici, e incrociano simultaneamente, in un gesto abbastanza inquietante, le braccia al petto per sostenere il loro punto. Connie solleva entrambe le sopracciglia e li fissa con aria di sfida. Io ho lo stomaco in subbuglio e febbre e stanchezza addosso che non mi fanno ragionare correttamente. Poi mando al diavolo tutto e tutti e decido di fare di testa mia. Non che la cosa costituisca chissà che novità, per i miei standard: anzi, ciò che è sconvolgente è che io non abbia già agito per conto mio una decina di minuti fa, quando sono arrivati i messaggi.

"Come mai sveglio a quest'ora?" evito la sua domanda e la aggiro, anche se di solito lui odiava quando lo facevo, ripetendo in continuazione che non dovevo divagare, o rispondere a una domanda che mi poneva con un'altra domanda.

Non appena smetto di digitare, si catapultano immediatamente tutti e tre al mio fianco (Will per tornare sul letto si getta di peso sul materasso, facendoci sobbalzare per la foga impiegata nel gesto) per sbirciare cosa ho scritto. Colin emette un breve mugolio di sufficienza come approvazione e gli altri due rimangono in silenzio stampa.

"Npn csmbre discsrso t sot apsetnado" è la replica che non tarda ad arrivare, giusto un minuto dopo.

Non è molto difficile decifrare il testo, ma quello che appare più ovvio e lampante è qualcos'altro, che non fa che accrescere la mia preoccupazione e mandarmi in palpitazione.

"Meraviglioso. È ubriaco. Solo questa ci mancava. La aggiungo alla lista delle gioie che ci perseguitano da quando abbiamo intrapreso questa follia" sentenzia Colin sarcasticamente, senza mezze misure, subito dopo aver spiato dal mio cellulare.

Mentre quei tre continuano a dibattere, io sono già in piedi, con un giramento di testa dovuto all'alzata troppo rapida, il telefono tra un orecchio e una spalla, cercando le scarpe sotto il letto e facendo partire la chiamata. Sono in pigiama, ma poco importa. Devo sapere dov'è e devo raggiungerlo il prima possibile. Devo dare la precedenza alle priorità. Non devo soffermarmi a pensare al fatto che abbia contattato proprio me, manifestando un suo desiderio di vedermi nell'immediata imminenza. Cambio solo i pantaloncini del pigiama (per non rischiare di prendere freddo e peggiorare la mia salute già non del tutto ottimale) con dei jeans recuperati in fretta e furia dalla mia valigia non ancora disfatta e infilo rapidamente le scarpe e una felpa. Prendo il mio zaino dal tavolino in legno di fronte al letto, sul quale lo avevo poggiato, e mi precipito fuori. Sento Will e Colin urlare da dietro la porta della stanza, che mi chiudo velocemente alle spalle, e quest'ultimo uscirne e chiamarmi a gran voce poco dopo, ma ora come ora presto attenzione solo agli interminabili squilli che sto facendo a Peter, nella speranza che risponda presto. Sto correndo più veloce che posso, ho il fiatone e non mi è molto semplice riuscire a schivare abilmente ogni ostacolo che mi si presenta sulla via. Mi sento come se fossi in un'altra dimensione, come se tutto quello che sta avvenendo non stia capitando proprio a me, tanto che è surreale. Sto tremando, ma non credo che sia per lo sforzo dovuto alla corsa o per la mia attuale debolezza fisica. Sto tremando perché è notte fonda, Peter è ubriaco, e io sono la prima persona alla quale ha pensato (o almeno così mi è parso). Senza contare il fatto che potrei addirittura essere la causa della sua sbronza, se proprio vogliamo esagerare. Quando ho preso la folle decisione di partire a cercarlo, non avrei mai immaginato di ritrovarmi qui, adesso, provando a rintracciarlo mentre è seduto in un bar chissà dove a pensare o a fare chissà cosa. Il cuore mi batte così forte nel petto che penso che potrebbe esplodere, e a tratti non respiro neppure correttamente. Sto correndo da Peter. Si è rivolto a me. Vuole me. Si racconta che gli ubriachi dicano la verità, il più delle volte. Magari ho la speranza che possa confidarsi veramente con me e dirmi tutto quello che gli passa per la mente. Oppure no, forse non parleremo affatto e potrebbe essere così ubriaco da non riuscire nemmeno a reggersi in piedi, figurarsi a fare un discorso sensato. L'importante è trovarlo. E che risponda a questa maledetta telefonata il prima possibile. Fortunatamente esco dall'albergo illesa, e Peter si degna di rispondere quando sono ormai sul marciapiede - in attesa di un miracolo, ma per adesso mi va bene anche solo un taxi -, mettendo finalmente a tacere le voci irrequiete nella mia testa.

Celeste - Lasciati trovare [SEQUEL]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora