0.5 Presenza indesiderata

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La pioggia batte sul vetro della finestra, facendo da sottofondo al mio sonno, ormai rovinato.
Mugolo, passandomi una mano sul viso e aprendo lentamente gli occhi .
Stavo guardando un film su Netflix e mi sono addormentata. Sospiro e mi alzo dal divano, prima di spegnere il televisore e prendere il cellulare. Le due del mattino. Di venerdì notte. Scuoto la testa e vado in camera mia, nel mio letto, cercando di riprendere sonno. Proprio quando sembra che io ci sia riuscita, un messaggio rovina tutto, facendomi sbuffare.
Prendo il telefono dal comodino e leggo il messaggio.
Da:Bambolina 👑
« Giulia, ho ricevuto una notizia che non ti piacerà...»
02:07
Aggrotto le sopracciglia, cosa potrebbe essere successo di così tragico?
A: Bambolina 👑
« Spero non sia una cazzata, mi hai svegliata nel bel mezzo della notte.»
02:08
Aspetto una risposta che arriva subito, ma che avrei preferito non ricevere mai.
Da: Bambolina 👑
« L' ho visto in centro questa sera. È qui.»
02:08
Ridacchio. Sicuramente si sarà ubriacata e mi starà dicendo cose a caso.
A: Bambolina 👑
« Sei ubriaca, vai a dormire!😂»
02:10
Da: Bambolina 👑
« Sono seria, Giulia. Riccardo è qui e io sono dannatamente astemia.»
02:10
Rimango impietrita davanti al cellulare. Non può essere. Vorrei avere voce anche solo per gridare dalla frustrazione, ma le parole mi muoiono in gola. Mi siedo sul letto e faccio dei respiri profondi. Non è possibile. Che motivo avrebbe di stare qui?
A: Bambolina 👑
« Non mi troverà tanto facilmente, Parigi è grande, non preoccuparti. Ti voglio tanto bene.»
02:17
Poi torno a dormire, anche se non dormo davvero.
È sabato pomeriggio e io e Claire abbiamo deciso, anzi, lei ha deciso, di andare alla bellissima festa degli studenti di diritto.
«Che ne dici di questo?»
Mi domanda, con un vestito rosso addosso.
Arriva fino poco sopra il ginocchio, con uno scollo a V non troppo profondo, gonna larga ed interamente in velluto.
Approvo, passandole anche delle décolleté rosse e il cappotto nero.
«Sei una favola».
Dico, con uno sguardo compiaciuto. Lei ride e fa un piccolo inchino.
«Tu cosa pensi di indossare?»
Chiede poi, buttandosi sul mio letto ed accarezzando Blacatz che si trova proprio ai suoi piedi. Sospiro, incamminandomi verso l'armadio a muro.
«Pensavo a qualcosa di semplice ed elegante, come un tubino nero».
Confesso, tirandone fuori uno. Claire scuote la testa, in segno di disapprovazione.
«È scontato, quello tienilo per quando ci sono le conferenze».
Borbotta, iniziando a esaminare tutti i miei abiti. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo una risata.
Si vede che mi ha costretta ad andarci o no?
Dopo un po' di tempo passato a ficcare il naso nel mio vestiario, Claire innalza al cielo una gruccia, con aria vittoriosa.
«Lo sapevo che ne avevi almeno uno!»
Esclama, guardandomi soddisfatta. Era un vestitino a sottoveste grigio perla, ed era tra i miei preferiti.
«E con questo?»
Affermo. Claire mi lancia uno sguardo assassino.
«Ora te lo metti e andiamo a quella festa!»
Esclama, sbuffo e prendo il vestito, cercando nella scarpiera dei sandali argentati da abbinarci. Ne trovo un paio con un cinturino sottile e con delle piccole perle qua e là. Faccio la doccia ed indosso il tutto.
«Sei proprio bella!»
Esclama Claire, mentre si mette il mascara . Le sorrido e mi trucco anche io con un po' di mascara, un ombretto argentato ed un rossetto di una tonalità di rosa molto caldo. Indosso il trench nero e insieme a Claire mi avvio verso la famigerata festa.
La festa accoglie centinaia di studenti e la musica fa ballare anche la gente seduta ai tavoli.
Lasciamo le giacche all'entrata e ci dirigiamo verso un tavolo a destra dell'immenso giardino coperto, dove Lucas e altri studenti stanno bevendo champagne.
«Hey!»
Esclama, non appena ci vede, prima di baciare Claire. Sorrido e mi siedo vicino a quest'ultima, salutando il resto del tavolo.
C'è posto per otto persone. Insieme a me , Lucas e Claire ci sono due ragazzi ed una ragazza, gli altri due posti sono vuoti. Uno vicino a me e l'altro di fronte.
«Il tuo amico dov'è andato?»
Chiede la ragazza, Lea; è poco più bassa di me, occhi verdi e capelli neri come la pece. Indossa un vestito bianco che lascia ben poco all'immaginazione .
«Doveva svolgere una faccenda, arriverà».
Spiega Lucas, abbracciando la sua ragazza. Sorrido e li guardo, sono proprio belli.
«È fidanzato?»
Chiede, spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lucas la guarda, facendole un sorriso di cortesia.
«Non ha tempo per le ragazze».
Ribatte.
«Capisco».
Dice lei, prendendo un sorso di champagne dal flûte. Prendo anche io il mio flûte e lo svuoto in poco tempo.
Passano pochi minuti, prima che gli antipasti ci vengano serviti.
I due posti sono ancora vuoti ed io mi chiedo a chi possa appartenere il secondo posto.
Il primo è di Xavier, il secondo è un grande punto di domanda.
«Scusatemi, ho ricevuto una chiamata importante, ho dovuto rispondere».
Annuncia una voce alla mia sinistra, mi giro e ritrovo quei due opali che ancora una volta, mi sorridono.
Lea sembra risvegliarsi, guardando Xavier come se fosse l'unico ragazzo sulla faccia della terra.
«Sei venuta».
Afferma ed io sorrido. Indossa uno smoking nero con la camicia bianca.
«Sorpresa».
Dico, facendo spallucce. Sorride e si siede nel posto accanto al mio, mettendo via il cellulare.
«Allora visto che ci sei, manterrò la mia promessa».
Dice, sorridendomi. Accenno un sorriso e ribatto.
«Le cose vanno affrontate a stomaco pieno. Mangia».
Dico, prima di spiegare il tovagliolo e adagiarlo elegantemente sulle mie gambe. Riesco a sentire lo sguardo di Xavier su di me.
«Probabilmente hai ragione».
Dice piano, prima di iniziare a mangiare, come tutto il tavolo. Arriva il secondo ed è mezz'ora che non riesco a smettere di ridere. Xavier è davvero divertente, carismatico.
«Ad un certo punto ho dovuto fingere di stare male per non finire nei casini. Però ho comunque ricevuto una tirata di orecchie da mia madre una volta a casa».
Rido più forte e la mia faccia prende colore. Ha appena raccontato di quando per non farsi beccare nella mensa della scuola a mangiare biscotti, alle medie in orario di lezioni ha dovuto fingere di stare male.
Cosa ci sarà di così drastico in questo?
Beh, la scuola, oltre ad essere privata, a Ginevra, era governata dalle suore.
Mi sentite tremare? Le suore erano l'incubo di qualsiasi bambino.
«Potevi almeno farti beccare con del the caldo, saresti stato più credibile, fingevi un bel mal di pancia».
Dico, cercando di calmarmi. Sto ridendo troppo.
«Hai ragione...the e biscotti sono un'ottima merenda».
Stringo le labbra per non scoppiare a ridere, ma Claire parte ed io la raggiungo poco dopo. È esilarante. Mi fa proprio ridere pensare a lui colto con le mani nella marmellata nella cucina della scuola, in orario di lezione. Mi immagino l'espressione scioccata delle suore e lui pronto a negare l'evidenza inventandosi una balla.
«Scusate il ritardo, ma trovare l'entrata è stato un casino».
Alzo lo sguardo e smetto di ridere. La mia spensieratezza è stata spazzata via da quegli occhi che con dolcezza hanno sbriciolato il mio cuore, come fa il fuoco con la carta che viene consumata piano piano fino a rimanere solo cenere impalpabile.
Mi guarda dapprima stupito, poi sorride ed un lampo di divertimento passa nei suoi occhi.
Parigi è grande, figurati se mi trova. Le ultime parole famose.
Peccato che sia qui, davanti a me, per niente pentito delle sue azioni. Chi lo ha invitato?
«Finalmente! Pensavo non arrivassi più».
Esclama Lea, buttandogli le braccia al collo, non appena si siede. Alzo gli occhi al cielo; la sua entrata l'ha trovata di sicuro.
Da una del genere, me lo sarei aspettato.
«Ti vedo bene, Giulia».
Afferma, osservandomi. Non sapevo se fossi in grado di esercitare ancora del potere su di lui.
Direi di no, altrimenti non sarebbe successo nulla di tutto ciò, anche se ai suoi occhi rimanevo comunque attraente.
Fisso i suoi occhi, verdi, ma né brillanti, né vivi.
«Anche io mi vedo bene».
Dico, prendendo un sorso di champagne. Avevo bisogno di bere per reggere una serata simile. Avrei dovuto darmi all'alcol, decisamente. Xavier ci guarda, sospettoso, Claire mi guarda, preoccupata da un mio possibile crollo.
Riccardo ride, buttando la testa all'indietro. Lea mi guarda ostile.
«Ah Giulia, non sei cambiata per niente, sempre troppo buona e ingenua».
Sbuffo una risata e passo la lingua sulle labbra.
«Semplicemente, non ho mai indossato una maschera, come hai fatto tu. Continua così, vediamo quante entrate trovi».
Dico, prima di alzarmi dal tavolo. Iniziavo a perdere la pazienza.
«Cos'è, sei gelosa?»
Mi istiga Lea, con tono saccente. La guardo e rido.
«Tu devi essere proprio una di quelle che quando va al ristorante, si fa impacchettare gli avanzi per mangiarseli il giorno dopo».
Mi guarda allibita. Non si aspettava una risposta simile da me.
«Ora stai esagerando, Giulia.»
Mi attacca Riccardo. Ha anche il coraggio di parlarmi in italiano in mezzo a persone che, per quanto ne sa lui, parlano solo francese. È mancanza di rispetto. Lo guardo e gli rido in faccia. Com'era bravo a fare la vittima.
«Sei solo un bastardo».
Affermo nella mia lingua madre, prima di fare un cenno di scuse verso il tavolo e sparire tra la folla. Ho bisogno di aria.
Cammino verso la terrazza del secondo piano, dove gli studenti vanno a fumare, tra una lezione e l'altra.
Appoggio una mano sulla ringhiera e con l'altra ravvivo la mia criniera scura.
L'aria parigina è gelida e nonostante io indossi un vestitino di seta, non mi interessa ripararmi dal freddo.
Sospiro e cerco di cacciare le lacrime indietro. Non merita le mie lacrime. Non le ha mai meritate.
Una nuvola bianca esce dalla mia bocca e io la fisso dissolversi nell'aria. Vorrei tanto potermi dissolvere anche io. Perché mi tormenta dopo mesi?
La porta di accesso per la terrazza si chiude con forza e io capisco di non essere sola. Mi giro e trovo Xavier a due passi da me.
«Sei impazzita a venire qui? Sei praticamente nuda!»
Dice agitato. Lo osservo: il suo respiro è accelerato e la sua giacca leggermente sgualcita.
I suoi occhi sono di un blu ciano rassicurante.
Non mi rendo conto di star indossando la sua giacca finché la camicia non lascia intravedere i muscoli contratti mentre mi sposta i capelli dal viso. Il vento si è alzato.
«Così sarai tu ad ammalarti».
Mormoro. Sospira e avvolge le mie spalle con le sue mani, calde e forti.
«Ho origini normande, questo non è niente per me. Sei tu quella che rischia di prendersi una broncopolmonite».
Spiega, vicino al mio viso. Scorgo una leggera spruzzata di lentiggini sul naso.
«Avevi detto che non mi avresti fatta annoiare. Se ti dicessi che mi sto annoiando, mi porteresti via?»
Chiedo, stringendomi nella sua giacca.
«Certo che sì».
Annuncia, stringendomi in un abbraccio. È caldo, confortante e profumato.
«Portami via, per favore.>

E mi portò con sé, lontano dai guai.

Parigi, amori e bugie. Where stories live. Discover now