1.4 Giacomo

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Prendo una forchettata di penne al ragù, mentre ascolto Jack che parla delle sue ultime gare. Purtroppo non ero riuscita ad andare a vederlo gareggiare di persona, come hanno potuto fare i miei genitori, Filippo e Virginia, quindi avevo potuto fare il tifo soltanto da casa mia, con gli occhi incollati allo schermo della televisione.
«Jonas Lundgreen è il più forte contro il quale abbia gareggiato in questo momento, non ho perso la gara per due millesimi di secondo!»
Esclama il biondo, dopo essersi pulito la bocca con il tovagliolo. Sorrido, infilzando altre tre penne con la forchetta.
«Quindi hai intenzione di continuare ad allenarti per ore tutti giorni anche se sei a riposo per tre mesi?»
Annuisce, prendendo il bicchiere d'acqua tra le mani.
«Ho portato il mio paese alla vittoria per questi europei, ho intenzione di continuare così fino all'ultimo.»
Proclama, prima di bere tutto d'un fiato. Ci sorride, spostando lo sguardo da me a Xavier.
«Voi come siete messi con la sessione?»
Sospiro, lamentandomi.
«Devo dare due esami in una settimana.»
«Ho l'ultimo mercoledì. A proposito, sabato dò una festa per celebrare la fine della sessione invernale a casa. Vi voglio carichi! Tutti, Jane compresa!»
Esclama il moro, invitandoci a festeggiare.
«Mi piacerebbe restare un po' di più, ma ho l'aereo per Milano venerdì alle 17:35, devo parlare con gli sponsor prima di tornare a casa.»
Mi spiega, triste. Annuisco, prendendogli la mano.
«Tra due settimane iniziano le vacanze invernali, ci vediamo a casa, io e te.»
Afferma, contento, poi guarda Xavier, rilassato.
«Puoi venire da noi tutte le volte che vuoi, faremo la pizza come Dio comanda!»
Annuncia Giacomo, invitando il moro da noi, in Italia. Sorrido: gli piaceva Xavier.
«Lo sai che studia italiano?»
Intervengo, finendo il mio piatto di pasta. Giacomo lo guarda, sorpreso, poi guarda me, sconvolto.
«Mi stai dicendo che è da due ore che parlo in un francese che non so neanche io quanto sia efficiente, mentre c'è un'altissima probabilità che lui sia più bravo in italiano?»
Dice, leggermente stizzito, in italiano. Lo guardo, leggermente divertita.
«Il tuo francese è buono, continua a praticarlo.»
«In realtà prendo ripetizioni di italiano per migliorare, mi servono voti molto alti anche in quello se voglio passare il dottorato con una media altissima.»
Dice in francese il moro, scandendo bene tutte le parole. Sorrido, qualcosa di quello che aveva detto Jack lo aveva capito. Lo guardo con ammirazione, aveva soltanto ventidue anni ma era a due passi dal prendere il dottorato. Era una specie di genio.
Giacomo lo guarda, sorridendo.
«Qual è la tua parola preferita per adesso?»
Gli chiede, curioso, appoggiando un gomito sopra al tavolo.
«Bella domanda. Mh...»
Xavier ci pensa su, prima di regalarmi un sorriso sornione e rispondere a mio fratello.
«Festaiola.»
Dice compiaciuto e io rido sommessamente. Lo faceva apposta. Giacomo lo guarda, tra l'interdetto e il divertito.
«Ma da chi prende ripetizioni?»
Mi chiede, scioccato. Scoppio a ridere e mi indico. Il biondo mi guarda scuotendo la testa, prima di rivolgersi al diretto interessato, tutto sorridente.
«Cambia insegnante.»
Dice solamente, prima di riempire nuovamente il bicchiere d'acqua. Xavier ridacchia e io tiro una pacca giocosa sulla spalla di Giacomo, che sorride divertito. Passiamo la serata a chiacchierare fino a mezzanotte, quando il moro si scusa, dicendo di dover fare ritorno a casa.
«Mi ha fatto molto piacere conoscerti, Xavier, sei in gamba.»
Confessa Giacomo, salutandolo all'italiana, con due baci sulla guancia. Era di poco più alto di Xavier, ma si notava comunque la differenza.
«Il piacere è tutto mio.»
Ribatte lui, dopo averlo salutato.
«Vado a controllare la palla di pelo, ci vediamo presto.»
Dice il biondo, lasciandoci da soli all'entrata. Xavier è di fronte a me, con il cappotto addosso e la sciarpa nera intorno al collo. Mi sorride dolcemente.
«È stato bello conoscere tuo fratello, vi assomigliate.»
Confessa, inclinando la testa da un lato.
«Abbiamo caratteri simili, ma fisicamente siamo diversi: lui è biondo ed esageratamente alto!»
Ridacchia, infilando una mano nella tasca del cappotto.
«Non sei bassa per essere una ragazza. Quanto sei alta?»
Chiede, curioso.
«Un metro e settanta. Tu?»
Sorride, furbo.
«Un metro e ottantasette.»
«Ma come te la tiri.»
Scherzo, prima di raggiungerlo in una risata.
«Buonanotte, pulce.»
Mormora, baciandomi una guancia.
«Buonanotte, festaiolo.»
Ridacchia, prima di darmi un buffetto sul naso e uscire di casa.
Lo guardo andare via e poi chiudo la porta d'ingresso a chiave, prima di raggiungere il biondo sul mio letto.
È steso supino sopra il piumone, con le braccia dietro la testa. Il pigiama grigio metteva in risalto il suo fisico tonico e possente, sembrava quasi una tuta. Mi sorride, tirandosi su a sedere, appoggiando la schiena contro la testiera di legno del letto.
«Xavier, eh?»
Esclama, compiaciuto mentre io alzo gli occhi al cielo, entrando in bagno per cambiarmi, mettendomi la camicia da notte blu.
«È solo un amico, non fare come Jane.»
Lo rammento, iniziando a lavarmi i denti.
«Cavolo! Jane! Dov'è che non la vedo da una vita? »
Sorrido, struccandomi.
«Domani pranzo con lei, ti porto, così le fai prendere un infarto dalla felicità.»
Lo sento ridacchiare, sempre più forte, finché non entra in bagno. Mi abbraccia, dandomi un bacio sulla testa. Sospiro, abbandonandomi nelle sue braccia.
«Quando mi hai detto di Riccardo ho dato di matto, Giulia. Sapere di non poter fare niente di concreto perché troppo distante mi faceva impazzire.»
Mormora, accarezzando la mia chioma scura. Sorrido istintivamente. Lo avrebbe picchiato senza pensarci, visto che glielo avevo impedito mesi prima. Non volevo metterlo in mezzo a un mio problema, neanche se era stato anche suo amico in passato. Soprattutto per quello.
«Non devi preoccuparti, è riuscito a farsele dare ugualmente.»
Confesso. Si stacca leggermente, alzandomi il viso con l'indice.
«Lo hai schiaffeggiato di nuovo?»
Chiede, tra l'esterrefatto e il divertito. Scuoto la testa, mettendo le mani sulla sua schiena.
«Ci ha pensato Xavier.»
Mormoro.
Giacomo mi guarda, pensieroso, poi sospira, prima di prendermi in braccio ed uscire dal bagno.
«Andiamo a dormire, devo ancora metabolizzare la notizia.»
Proclama, mettendomi sotto le coperte come faceva mamma quando eravamo bambini. Ridacchio, abbracciandolo.
«Quale notizia?»
Sbuffa una risata e mi stringe a sé, spegnendo l'abat-jour.
«Io non ho ancora torto neanche un capello a Riccardo Marchetti, mentre qui lo ha pestato mezza Francia!»
Esclama, quasi offeso. Sorrido, lasciandogli un bacio sulla guancia.
«Buonanotte, manesco.»
Mi pizzica un fianco, prima di darmi un ultimo bacio sulla testa.
«Buonanotte, principessa.»

La mattina seguente, mi dimentico di non essere sola al mondo, stando dalle nove fino a mezzogiorno a ripetere il programma di russo. La professoressa Irina Smirnova era tra le più esigenti ed io non mi sarei lasciata intimorire dal suo sguardo di ghiaccio o dalla sua pettinatura impeccabile, tantomeno dai suoi tailleur stravaganti. Avrei passato quell' esame con venti, a costo di non dormire la notte per ripetere l'intero programma.
Sospiro, passandomi una mano sul viso e accasciandomi sulla sedia nera della mia scrivania: che supplizio.
«Jane ti ha inviato un messaggio: si pranza tra un'ora all'Etoile.»
Mi avverte Giacomo, facendo irruzione nella mia stanza.
«Va bene.»
Dico, stiracchiandomi prima di prendere dall'armadio a muro un panta-palazzo nero ed una maglietta a maniche lunghe bianca ed aderente. Mi rinchiudo in bagno, facendo una doccia veloce, poi mi vesto e cerco delle scarpe adatte all'occasione. Opto per degli stivaletti neri e prendo la solita tracolla di pelle nera.

Giacomo ha messo un maglione bianco con dei pantaloni beige felpati e delle Adidas bianche ai piedi. Prende un giubbotto blu, passandomi il trench nero e chiudendo la porta di casa a chiave.
Una volta in macchina guida fino all'Etoile, sotto la mia supervisione e durante tutto il tragitto cantiamo a squarciagola le canzoni di Vasco Rossi. Certe abitudini non muoiono mai.
«Non vedo l'ora di vedere la sua faccia !»
Esclama Jack, mentre ci incamminiamo verso il locale dalle mura bianche.
«Molto probabilmente ci cacceranno per disturbo della quiete pubblica.»
Confesso e lui scoppia a ridere.
Entriamo nel locale: mattonelle di ceramica porcellanata grigia a terra, tavoli rettangolari placcati in ottone, ricoperti da tovaglie bianche, poltroncine rosse, illuminato a dovere. Il bancone è lungo e di marmo nero, dotato di sgabelli di pelle bianca e grigia. Jane è seduta di spalle ad uno dei tavoli vicino alla vetrata, e non si è ancora accorta di noi.
«Vai prima tu.»
Dice Giacomo ed io annuisco, avvicinandomi al tavolo perfettamente apparecchiato.
«Hey bella.»
La saluto, baciandole entrambe le guance. Jane sorride, abbracciandomi ed invitandomi a sedere di fronte a lei.
«Finalmente! Stamattina mi sono tolta l'esame di anatomia umana!»
Sorrido e tolgo il cappotto, stendendolo bene sullo schienale della sedia.
«Buongiorno bionde! Cosa posso fare per voi?»
Esclama Giacomo, senza neanche sforzarsi di spiccicare una parola in francese.
Jane, presa dal momento, non si rende conto che quello davanti a lei non è un dipendente dell'Etoile e che le ha parlato in italiano, quindi risponde ordinando una porzione di bouillabaisse, in italiano, senza degnare di uno sguardo Giacomo, perché troppo presa nel raccontarmi la sua litigata con la coinquilina. Avevo conosciuto quella ragazza: combinava guai dalla mattina alla sera!
«Certo che se è questa l'accoglienza torno a casa Giulia.»
Dice poi, guardandomi con un sorriso furbo. Jane smette di parlare e gira lentamente la testa verso il biondo in piedi di fronte a noi. Sgrana gli occhi e la sua bocca si allarga in un enorme sorriso. Scatta in piedi, abbracciandolo di slancio.
«Jack! Sei proprio tu!»
Esclama, sul punto di piangere. Erano molto amici. Giacomo la stringe forte, sorridendo.
«Sì Rose, sono tornato.»
Scherza lui ed io ridacchio. Giacomo è sempre stato l'estroverso del gruppo, lui e Tommaso erano sempre al centro dell'attenzione, anche quando non facevano niente per farsi notare. Jane gli tira una pacca sul petto e si stacca, invitandolo a sedersi vicino a lei.
«Idiota.»

Una volta ordinate tre porzioni di Boeuf à la bourguignonne , Giacomo parte con le domande a raffica sulla nostra vita da parigine universitarie. Okay, più universitarie che parigine. Si divertiva lui, si era laureato l'anno prima in Igegneria Biomedica.
Passiamo il pomeriggio facendo fare a Giacomo un tour più dettagliato dei quartieri di Parigi, poi accompagniamo Jane a casa.
La sera ci riscaldiamo con una bella porzione di tortellini in brodo, che il biondo mi aveva gentilmente portato dall'Italia, poi ci stendiamo sull'enorme divano letto, guardando un film comico di Checco Zalone.
«Sai, Giulia, sono tranquillo ora che so che stai bene. Ero preoccupato.»
Mormora, accarezzandomi la spalla. Fondo i miei occhi argentei nei suoi, con un lieve sorriso sulle labbra.
«Non esserlo, Jack, sto bene, sono circondata da persone che mi vogliono bene: tu, Jane, i nostri amici,mamma, papà, Blacatz, anche se è un gatto, Claire, Lucas e -»
«Xavier.»
Finisce lui per me. Mi ammutolisco, annuendo appena. Giacomo fa un piccolo sorriso.
«È un bravo ragazzo.»
Dice, prima di tornare a guardare il film, mentre io rimugino su ciò che mi ha appena detto.

Anche lui la pensava come gli altri.





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