2.1 Bugia bianca

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Il dormiveglia è disonesto : non sai mai se quello che senti è vero o meno.
«Domani a pranzo è perfetto...sì, non ti preoccupare.»
Mi rigiro tra le coperte, cercando quel calore confortante che mi aveva assistita per tutta la notte. Le lenzuola non sono più calde. Mugolo, tastando la piccola porzione di letto alla mia destra. È vuota.
«Ti ho già detto che non è pronta per saperlo... sì, glielo dirò presto, non ce la faccio più a tenerlo per me.»
Sento il letto abbassarsi sotto un peso al mio fianco.
L'aria calda si infrange sul mio volto.
«Per il momento lascerò le cose come stanno.»
Sento qualcosa disegnare il perimetro del mio viso. Apro gli occhi di scatto, trovandomi di fronte quelli azzurri di Xavier. Era al telefono con qualcuno.
Sorride, tirando su le coperte fino a coprirmi le spalle. Mi ero scoperta agitandomi.
«Ci sentiamo più tardi.»
Riattacca e appoggia lo smartphone sul comodino di bambù, poi si butta sul letto.
«Buon pomeriggio, pulce.»
Proclama, stendendosi su un lato.
«Pomeriggio?»
Mormoro, stropicciandomi gli occhi. Ridacchia, controllando l'ora sul cellulare.
«Le due del pomeriggio.»
Scatto a sedere, sconvolta e preoccupata. Blacatz non mangiava dalla sera prima.
«Devo dare da mangiare a Blacatz!»
Esclamo, balzando in piedi. Il moro mi fissa pensieroso, prima di imitarmi e raggiungermi.
Il suo pigiama era stropicciato e le maniche erano alzate fino ai gomiti.
«Anche io devo dare da mangiare a Lapis.»
Confessa, prima di tirare fuori dall'armadio una maglia blu a maniche lunghe.
«Dovrebbe andarti.»
Me la porge ed io l'afferro, ringraziandolo. Lascia la stanza dicendomi di fare con calma. Sbadiglio, camminando pigramente verso il bagno. Avrei fatto una doccia, lavato i denti e messo a posto la stanza; poi avrei raggiunto il moro al piano terra.
La maglia è lunga quanto quella rossa che mi era stata data la volta prima e stava bene con i miei capelli scuri. Erano mossi e lunghi poco sopra al sedere, in netto contrasto con i miei  occhi grigi.
Finisco di piegare le lenzuola e scendo al piano di sotto con le scarpe e il vestito bianco in mano. Dalla cucina si sentono rumori metallici. Xavier starà preparando la "colazione". Irrompo nella stanza dalle pareti rosa: Xavier sta facendo le crêpes, questa volta con panna e frutta.
«Se ti ci mettessi d'impegno potresti diventare veramente bravo ai fornelli.»
Confesso, rubando una fragola dalla ciotola d'acciaio. Ridacchia, riempiendo un piatto con tre crêpes. Alzo le spalle e addento il frutto. È dolce.
«Mai bravo quanto te.»
Scherza, riempiendo il piatto di panna, fragole e banane. Finisco la fragola ne prendo un'altra, portandola alla bocca.
«A-a.»
Esclama il moro, bloccandomi per il polso. Si era cambiato: indossava una felpa grigia con il cappuccio e dei jeans neri. Era insolito vederlo con una felpa addosso. Lo guardo perplessa e insoddisfatta. Avevo fame.
Mi sorride, porgendomi il piatto pieno e prendendosi la fragola dalla mia mano. La finisce con un solo morso e continua a preparare dolci. Ridacchio sommessamente, appoggiando il piatto sulla tavola apparecchiata. Lo avrei aspettato.
Raccolgo i capelli su un solo lato del collo e mi siedo sulla sedia a medaglione di velluto verde. La cucina è grande e ben attrezzata.  Sento qualcosa di morbido e caldo passarmi in mezzo alle gambe. Sussulto leggermente, alzando la tovaglia bianca per sbirciare sotto il tavolo. Due occhi verdi mi fissano e un miagolio flebile raggiunge le mie orecchie. Sorrido, riconoscendo l'inconfondibile manto del Blu di Russia.
«Ciao, Lapis.»
Mormoro, tendendo una mano verso il muso del mio nuovo amico a quattro zampe. Inizialmente annusa il dorso, poi ci si struscia contro e io ne approfitto per coccolarlo un po'. Il suo pelo è liscissimo e morbido. Le sue fusa sono molto rumorose, tanto da far girare il moro nella mia direzione.
«Si è fatto vivo. Solitamente dorme o gioca con Thomas. Lo ha riconosciuto come suo padrone.»
Confessa, raggiungendomi a tavola, porgendomi anche una salvietta umida per disinfettarmi le mani. Sorrido, mentre Lapis si piazza sotto la sedia di Xavier, alla mia sinistra.
«È proprio bello.»
Affermo, imboccando un pezzo di crêpes con panna e fragole.
La cosa che più amavo al mondo, era la colazione.
«Questa sì che è vita.»
Esclamo, facendo un verso d'approvazione e prendendo un altro pezzo di dolce. Xavier ridacchia, imitandomi.
«Ma non è che sei un po' golosa? La cioccolata calda, le frittelle di mele, la millefoglie, le crêpes.»
Mi provoca, imboccando della frutta ricoperta di panna. Mi lecco le labbra sporche e zuccherine, inforcando una porzione generosa di  crêpes.
«Non sono golosa, so godermi la vita, che è diverso.»
Specifico, divorando la colazione in pochi bocconi. Amavo il dolce alla mattina. Xavier scuote la testa e finisce la sua colazione, poi prende entrambi i piatti e li caccia all'interno della lavastoviglie.
«Ti serve un busta per quello?»
Chiede indicando il vestito bianco che avevo appoggiato sullo schienale della sedia.
«Sì, per favore.»
Sorride, passandomi una busta di carta rossa.  Dá da mangiare a Lapis e poi mi accompagna a casa. Povero Blacatz, avrà una fame da lupi.
«Domani Kirill ci ha invitati a pranzo per il barbecue, vieni anche tu? Jane è con lui.»
Confessa, parcheggiando davanti al cancello di casa. Sorrido pensando alla mia amica irrecuperabilmente andata. Magari era la volta buona.
«Ci sono.»
Affermo, lasciando l'abitacolo caldo e profumato.
«Ti passo a prendere per le nove.»
Proclama, prima di farmi l'occhiolino e ripartire verso casa sua.
Non appena varco la soglia di casa, una palla di pelo si fionda ai miei piedi, miagolando insistentemente e zampettando sulle mie gambe. Sorrido, disfandomi del cappotto e prendendo in braccio il mio piccolo amore.
«Hai fame, hai ragione. Ora rimediamo.»
Mormoro, dirigendomi in sala. Dó da mangiare al piccolo e cambio l'acqua e la lettiera, poi decido di studiare un po'. La sera non mangio molto ma visto che non ho sonno chiamo Jack per vedere come sta. Adesso che è a riposo si allena dal palazzo dello sport della nostra città, riesce a uscire con i suoi amici delle superiori e va con mamma e papà in montagna a sciare nei fine settimana. Non appena arriverà la settimana bianca andremo insieme.
Giacomo e io eravamo legati. Non era solo mio fratello, era veramente la mia versione maschile. Eravamo uguali ed era sempre presente, anche se lontano. Mi era capitato spesso di sentirmi stressata e stanca e lui mi chiamava senza che lo sapesse, ricordandomi di divertirmi e non studiare soltanto. Alla vista dei suoi messaggi sorridevo: eravamo telepatici. Io lo contattavo puntualmente ogni volta che si ammalava ricordandogli di mettere sciarpa e cappello dopo gli allenamenti. Mi dà la buonanotte e poi vado a dormire, lasciando Blacatz avvolto nel plaid grigio. Era troppo tenero per svegliarlo.
La villa di Kirill era dotata di un immenso giardino sul retro, pieno di alberi da frutta. Le mura erano rosse ed i balconi e il cancello dorati. Era elegante ma per niente sfarzosa. Raffinata. Jane ha tanto da raccontarmi: lei e il biondo si scambiano sguardi sdolcinati e abbracci intimi. Sorrido. Sarà divertente prenderla in giro mentre arrossisce. Saluto Kirill con un abbraccio e due baci sulla guancia, consegnandogli il regalo che gli avevo portato. Un'altra bottiglia di champagne.
I ragazzi si mettono all'opera mentre io aiuto Jane ad apparecchiare la tavola. Ci sarebbero stati anche alcuni amici e parenti del biondo. In attesa degli ospiti, ci sediamo sulle due altalene di legno sotto il ciliegio nel giardino, per chiacchierare, come giusto che sia.
«A giudicare dai tuoi occhi a cuoricino, direi che la chiacchierata sia andata piuttosto bene.»
Dico, spostando una ciocca di capelli dietro alle orecchie e iniziando a dondolarmi  leggermente sull'altalena. Sorride  e si dondola  anche lei.
«È stata la chiacchierata più intensa della mia vita.»
Ridacchio, buttando la testa all'indietro. Decido di provocarla.
«I dettagli sulla limonata un'altra volta.»
Mi guarda sbalordita, prima di raggiungermi in una sonora risata.
Sapevo quanto adorasse le mie battute stupide.
«Sei solo gelosa perché non vedi limoni da una vita!»
Esclama  ridendo e dandomi un pugno giocoso sul braccio. Rido ancora di più, coprendomi la faccia con la mano. Adorava anche rispondere.
«Non è vero! Raccolgo limoni tutti i giorni! Guarda quanti alberi ci sono qui intorno!»
Dico poi, facendole notare i numerosi limoni che circondavano la grande distesa verde. Scoppia a ridere più forte, tanto forte da piangere, quasi.
«Hey! Si può sapere di che state parlando voi due?»
Urla Xavier dall'altra parte del giardino, curioso quanto Kirill, che ci guarda ridendo. Indossavano entrambi un maglione scuro con una camicia bianca al di sotto.
«Niente di che. Parlavamo della vasta limonicoltura che si potrebbe effettuare in questo giardino!»
Esclamo, lanciando uno sguardo sornione alla bruna. I ragazzi ci guardano confusi e interdetti. Non capiscono il doppio senso italiano. Jane diventa rossa e cerca di non ridere. La fisso e rido fino alle lacrime, rido tanto da dover tenere la pancia con le mani.  Sono sicura che si stia divertendo anche lei. Xavier e Kirill scuotono la testa.
«Certo che sono strane.»
Sussurra Xavier, prima di tornare a girare  la carne sul fuoco. Jane mi tira uno schiaffo sul braccio, trattenendo una risata.
«Stupida!»
Sussurra, ridendo. La cugina di Kirill, Nadine, si rivela essere la ragazza con la quale il biondino era stato sorpreso al bar. È simpatica e affascinante. Scopro che ha tre anni in più di me e che è qui per una breve visita, la settimana prossima tornerà in Russia ma, se potrà, verrà a farci visita il mese prossimo. Il suo francese è molto buono. Conosco anche Alecsiei, il cugino di Kirill, è ancora più biondo del cugino e i suoi occhi sono verdi, di un verde che sinceramente parlando, non ho mai visto prima. È simpaticissimo e anche se prende spesso in giro il cugino, si vede quanto gli voglia bene. Il moro è seduto di fronte a me e chiacchiera tranquillamente con Alecsiei e gli altri invitati. Dopo aver mangiato, noi ragazze siamo nella piccola tavernetta di casa Lebedev, a scambiarci segreti e strategie. Abbiamo scaricato i ragazzi in sala: c'era la partita Barcellona-Real Madrid.
Siamo stese sul grande divano nero, coperte con una trapunta di finta pelliccia marrone. Fuori il cielo si è fatto grigio e la cioccolata calda nelle nostre tazze di ceramica bianca è proprio l'ideale. Nadine è in mezzo, Jane a sinistra e e io a destra.
«Allora ragazze: Di Jane so già tutto in pratica, Kirill mi ha imbottita di informazioni.»
Annuncia Nadine, facendo una leggera risata.
«Ma di te Giulia, so solo che sei molto simpatica. Raccontami qualcosa.»
Sorrido e prendo  un sorso della mia cioccolata. Odiavo essere al centro dell'attenzione e mi piacevano le cose eque. Avremmo parlato tutte.
«Così non vale, parlerei solo io. Facciamo così: a turno ognuna racconta qualcosa di sé stessa e qualsiasi cosa sia, non uscirà da queste quattro mura.»
Nadine mi guarda  e mi sorride.
«Mi piace l'idea. Io ci sto e tu?»
Domanda, rivolgendosi a Jane.
«Assolutamente.»
Annuncia, accomodandosi meglio sul lungo divano scamosciato.
«Inizio io.»
Dice Nadine, «Ho ventitré anni, sono allergica ai kiwi e odio i film horror.»
«Ho vent'anni, studio medicina alla Sorbona e ho due fratelli più piccoli.»
Continua Jane.
«Ho vent'anni, studio lingue all'università e mi piace guardare le stelle.»
Finisco io. Beviamo tutte un po' di cioccolata e poi ricominciamo il giro.
«Odio gli zoticoni, mi piacerebbe imparare il portoghese e ho un cucciolo di Labrador che si chiama Zoro.»
«Sono italiana ma ho origini marocchine, parlo l'arabo perfettamente e adoro le fragole.»
«Sono italiana, parlo fluentemente l'inglese, il francese e il russo e odio i ritardatari e le persone che urlano.»
Il gioco inizia a piacerci, sorridiamo mentre raccontiamo particolarità della nostra persona.
« Il mio colore preferito è il verde, lavoro nell'azienda di famiglia e mi piacerebbe allenare un po' di più il mio italiano, invidio Xavier e Kirill perché possono allenarsi con voi.»
Jane sorride e io inizio ad avvertire una terribile sensazione di oppressione al petto.
"Ho bisogno di ripetizioni di italiano per avere  il massimo dei voti."
Xavier faceva economia aziendale, le ore di italiano erano pochissime e il massimo dei voti consisteva in un B1.
"Invidio Xavier e Kirill perché possono allenarsi con voi."
Kirill non aveva mai ammesso di sapere l'italiano. Improvvisamente trovo la cioccolata calda nella mia tazza nauseante.
«Cosa?»
Domando con un filo di voce. Mi brucia la gola e temo davvero di poter scoppiare a piangere. Jane e Nadine si girano nella mia direzione, non capendo la mia  reazione. Ho come il presentimento di essere su un treno in corsa e fuori controllo che sta andando a schiantarsi.
«Certo che lo parlano, hanno fatto un anno di studi a Milano e in estate andiamo in Toscana in vacanza tutti i mesi di Luglio. Non lo sapevi?»
Svela Nadine, sorpresa. E lì sento il mio corpo tremare, lo stomaco chiudersi e le lacrime pronte per sgorgare giù dai miei occhi.
Deglutisco a fatica e boccheggio, vorrei dire qualcosa ma non riesco  ad emettere alcun suono, le parole mi muoiono in gola. Sento che potrei scoppiare a piangere da un momento all'altro.
«Lo parlano bene quanto Kirill parla bene francese?»
Chiedo per conferma. Il francese di Kirill superava di gran lunga il livello B1. Era eccellente. Nadine annuisce, come se le avessi chiesto la cosa più ovvia del mondo. Scatto in piedi, poggio la tazza sul tavolo in vetro e mi  mordo  il labbro, passando una mano nella criniera scura.
« Dimmi qualcosa in italiano, Nadine.»
Chiedo nella mia lingua madre. Nadine mi risponde, titubante. Poco importa se sembro pazza, sempre meglio di scema. Ed io mi ci sentivo proprio, scema.
« Amo la pizza e i Coldplay, da bambina avevo una cotta segreta per Zack Efron e mangerei quintali di Gocciole Pavesi.»
Il suo livello di italiano è un C1 senza dubbio. Quasi eccellente, non si sente minimamente l'accento russo. Fisso il fuoco nel camino e deglutisco a fatica. Il treno si è schiantato e io non ho potuto fare niente per evitarlo. Dio, che stupida. Improvvisamente inizio a domandarmi perché. Perché mi ha mentito? Perché per tutto questo tempo? Perché a me?
Una lacrima sfugge al mio controllo, infrangendosi sulle mie labbra. È salata.
« Mi piacciono i fiori, amo gli animali, ma non sopporto i bugiardi.»
Confesso con un filo di voce. Sono arrabbiata, delusa, ferita. Volevo una spiegazione valida, che non mi facesse rinunciare a un'amicizia. Ce ne sarebbe stata una? Volevo affrontare Xavier, dovevo farlo subito, prima di scoppiare a piangere per davvero.
Aveva promesso di dirmi sempre la verità. Lo aveva promesso.
Mi asciugo gli occhi con una mano, prima di guardare le mie amiche  e accennare un sorriso. Nadine mi  guarda, cercando di capirmi. Non ci riesce, come potrebbe? Non sapeva niente. Jane, purtroppo, mi ha  capita.
" É quel ragazzo che mi ha chiesto ripetizioni di italiano."
Ma a che servono le ripetizioni sui tempi verbali quando l'italiano lo parli perfettamente?
« Mi dispiace ragazze, ma questa volta non posso fare la diplomatica, non fa bene tenersi tutto dentro.»
Mi volto e inizio la mia corsa per le scale. Volevo sapere la verità, dovevo conoscerla immediatamente. Sento Jane rincorrermi con Nadine al seguito. Percorro il lungo corridoio che porta al salone, dove i ragazzi, ignari dell'inferno che si sta per scatenare, chiacchierano.
« Giulia!»
Urla la bruna, ma cammino  sempre con più decisione, fino ad arrivare davanti al televisore, davanti a loro.
«Hai bisogno di qualcosa, Giuli?»
Chiede  Kirill, sorridente e ignaro di tutto. I suoi occhi blu sono calmi e spensierati. Trattengo il respiro e le lacrime.
« Per te quanto conta la sincerità in un'amicizia, Kirill ?»
Domando e lui smette di sorridere, mutando la sua espressione rilassata in una preoccupata. Deglutisco con il cuore in gola.  La verità non mi piacerà. Nella stanza cala un silenzio glaciale. Silenzio che non si può distruggere. Deglutisce a fatica e guardandomi rassegnato, risponde.
« È alla base di una vera amicizia.»
Deglutisco. Sentire Kirill parlare italiano equivaleva a uno schiaffo dato in piena faccia. Era fottutamente madrelingua. La mia amicizia con Xavier era una finzione. Perché? Perché mi sento tradita?
« Bene.»
La tensione nella stanza è talmente palpabile da poterla tagliare con un coltello. I miei occhi diventano lucidi. Sto per piangere e vorrei evitarlo con tutte le mie forze. Guardo  Xavier con occhi colmi di sofferenza e lui è spaventato.
« Ti dò un consiglio da amica: le amicizie possono spezzarti il cuore, può fare anche più male del cuore spezzato dal partner di turno. É un peccato mandare un'amicizia a puttane perché non si è stati sinceri da subito, non credi?»
Dico piano, inumidendomi le labbra e trattenendo le lacrime. Non dovevo mostrarmi debole. Non dovevo piangere. Mi guarda preso alla sprovvista, con quasi un'espressione di vergogna e ammissione.
«Non ti ho mai mentito, Giulia.»
Sibila. L'accento francese è scomparso, lasciando il posto a un italiano impeccabile.
Non pensavo che i cuori si spezzassero più volte, ma il mio stava sanguinando e il dolore non era paragonabile a quello che avevo provato per Riccardo. Era peggio. Le amicizie che tradiscono facevano stare ancora peggio.
Una risata amara sfugge alle mie labbra e spero che trasudi arroganza, perché sto scoppiando a piangere e non posso fare niente per fermarmi.
« Non ti mentirò neanche io: da oggi in poi non cercarmi più, hai fatto abbastanza.»
Sibilo, tagliente. Sussulta e sembra quasi spaventato.
«Non mi sento bene, penso che andrò a casa. Vi ringrazio per l'ottima compagnia. Buon proseguimento.»
Proclamo, prima di filare via, scomparendo dalla vista di tutti.
« No, Giulia! Aspetta!»
Grida, ricorrendomi per il vialetto principale. Non lo ascolto, coprendomi con la mantella blu. Avevo indossato un tubino bianco. Aumento il passo fino ad arrivare al cancello. Non ho la minima intenzione di ascoltare le sue parole, qualunque cosa voglia dire, non avrebbe peso ora.
«Non è come sembra!»
Esclama in italiano, bloccandomi per le spalle, mi libero dalla sua presa, uscendo dal cancello dorato. Non volevo essere toccata da lui.
« Infatti è peggio! E non toccarmi!»
Ringhio, asciugandomi gli occhi. Avrò tutto il mascara colato, ma non importa.
« Ti prego non andare via così, lasciami spiegare.»
Insiste, bloccandomi per il polso. La sua presa è forte e io lo strattono. Mi sento in trappola, le lacrime si fanno sempre più prorompenti e copiose, la sua presa più decisa.
«Lasciami Xavier, finisce male.»
Lo avverto, spaventata non dal pensiero che lui potesse mettermi le mani addosso, ma dal pensiero dei suoi occhi curiosi alla mia vista. Non sopportavo che la gente mi vedesse piangere e anche se avevo già pianto davanti a lui, questa volta era diverso perché non mi fidavo più. Come potevo?
È uscito senza mettere la giacca, indossa solo la camicia bianca. Mi fissa, irremovibile.
« Non ho mai giocato, te lo giuro.»
Mormora, avvicinando il viso al mio. Istintivamente tiro via il polso e continuo a camminare. Avrei preso un taxi e sarei tornata a casa.
« Vai via, non voglio vederti.»
Esclamo disperata, piangevo e non riuscivo a fermarmi. Odiavo questa sensazione di impotenza, rendermi conto di essere stata ingenua, presa in giro. Mi afferra il polso e io gli tiro uno schiaffo. Lo faccio davvero, anche se non avrei voluto.
Riconosco la guancia rossa e lo sguardo colpevole, quasi pentito. Lascia la presa sul mio polso e sospira.
« Me lo sono meritato.»
Sussurra e io piango e sono furiosa, specialmente con me stessa.
« Non cercarmi più, lasciami stare.»
Sibilo, con la voce spezzata e poi continuo  a camminare e solo quando sono sul taxi, diretta verso casa, permetto al dolore di invadermi appieno. Singhiozzo e mi sento stupida per aver fatto avvicinare così tanto a me una persona che mi aveva mentito per tutto quel tempo, fin troppo bene e con una scusa banale. Che bisogno c'era? Perché mi aveva mentito? Perché mi aveva fatto una promessa se poi non voleva mantenerla?
Avevo tanti perché nella testa e un vuoto al petto. Non ero mai stata così male per qualcuno.

Le bugie rovinavano i rapporti, il cuore pure.





Buonasera! 🌸
È venuto fuori uno dei piccoli segreti di Xavier, ve lo aspettavate? Sono curiosa di saperlo!
Un bacione ❤️

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