0.7 Un amico in più

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Sento un peso sulle mie gambe e con fatica apro gli occhi.
«Blacatz, quante volte ti ho detto di non salire sul letto?»
Biascico, stropicciandomi un occhio con il dorso della mano. In risposta, Blacatz miagola, andandosi a sedere vicino ai miei piedi. Sospiro e mi volto verso il comodino, prendendo il cellulare e controllando l'ora.
Le nove e mezza di domenica mattina.  Scosto il piumone grigio antracite dalle mie gambe e mi alzo dal letto, stiracchiandomi.
Blacatz mi imita, balzando giù dal letto e stirandosi sul tappetino panna ai piedi di esso.
Inizio a rifare il letto, sbattendo bene lenzuola e cuscino, poi apro la finestra per far entrare aria fresca e luce.
Mi dirigo in salotto e dò da mangiare alla piccola palla di pelo, poi mi faccio una doccia veloce e metto dei semplici jeans neri ed una camicia bianca, abbinata ad un cardigan grigio scuro.
Allaccio le Dottor Martens ed infilo il trench nero, prima di uscire di casa e raggiungere Jane all'Etoile, dove ci siamo date appuntamento per parlare dello spiacevole incontro e capirne di più. L'aria calda del locale e l'odore accogliente del caffè mi rilassano. Oggi il locale non è molto affollato e non sono costretta ad alzare la voce per farmi sentire.
«Ho indagato un po' e alla fine sono riuscita a scoprire qualcosa da Federica».
Annuncia Jane, prima di addentare la sua brioche al cioccolato.
Federica era una nostra amica delle superiori. Aveva l'aspetto della classica Barbie, ma era molto intelligente e disponibile. Mai giudicare un libro dalla copertina. Aveva intrapreso gli studi di legge a Milano, nella stessa città di Riccardo e, non a caso, era stata lei quella sera ad avvisarmi che qualcosa non funzionava in Riccardo già da un po'.
Ci conoscevamo tutti da una vita, ma quando vedeva Federica diventava evasivo ed evitava tutte le domande che riguardassero la nostra relazione. Aveva mentito a tutti. Prendo un sorso del mio cappuccino e mi lecco le labbra.
«Cosa ti ha detto?»
Si pulisce la bocca con un tovagliolo e mi risponde.
«Da quanto ha scoperto lei, gli studenti di ingegneria robotica stanno facendo un Erasmus a: Barcellona, Berlino e Parigi. Indovina quale meta ha scelto il bastardo?»
Pronuncia con tono sarcastico l'ultima frase.
«A quanto pare voleva farsi umiliare ancora. Se le è pure prese».
Faccio spallucce e Jane ride.
«L'hai picchiato veramente?»
Chiede, mescolando lo zucchero nel cappuccino. Ravvivo i capelli e mi pulisco la bocca con un tovagliolo.
«A dire il vero no. Ho conosciuto un ragazzo poco tempo fa. Si chiama Xavier, gli dò ripetizioni di italiano ed è amico di Lucas, è gentile ed anche simpatico».
«Oh».
Dice Jane, muovendo le sopracciglia su e giù. Sbuffo una risata e le tiro un calcio scherzoso sotto il tavolo. Ridacchia.
«Non farti idee strane. Ieri sera eravamo lì e c'erano alcuni studenti di ingegneria a quanto pare, perché Riccardo è capitato nella mia università, al mio stesso tavolo, nel posto di fronte a me».
Dico, giocando con il cucchiaino della mia bevanda.
«E poi?»
Mi incita a continuare Jane.
«Poi ha iniziato a tirare frecciatine, ho ribattuto, mi sono allontanata e Xavier è venuto ad accettarsi che stessi bene. Siamo andati via insieme e mi sono sfogata. Quando ho finito mi ha confessato di avergli tirato un pugno in faccia perché mi aveva dato della stronza».
Riassumo, passandomi una mano sul viso. Jane mi guarda sbalordita.
«Fossi in te, ci uscirei. Cavolo, gli piaci».
Esclama, accomodandosi meglio sulla poltroncina rossa. Sbuffo.
«Essere gentili non vuol dire necessariamente provarci, sai?»
Rotea gli occhi.
«Come vuoi. Comunque se le è prese, è questo l'importante».
Afferma poi, finendo la sua colazione. Rido, riesce sempre ad attaccarmi la sua spensieratezza.
Ci lasciamo per l'ora di pranzo, promettendoci di mangiare insieme l'indomani.
Quando torno a casa coccolo Blacatz per un po' e decido di studiare un po' per l'esame di inglese della settimana seguente, uno scritto sugli autori famosi del Settecento e dell'Ottocento
Sto studiando Samuel Coleridge, quando il mio cellulare inizia a squillare.
Smetto di ripetere a bassa voce il programma e prendo il mio smartphone tra le mani
Chiamata in arrivo da: Xavier 👊
Trascino la cornetta verde con il dito.
Accettata
19:37
[Pronto?]
Pronuncio, chiudendo l'astuccio rosso.
[ Ciao, Giulia, ti disturbo?]
Dice il moro, dall'altra parte della cornetta.
Sorrido.
[ No, dimmi pure]
Continuo, alzandomi dalla sedia alla scrivania e prendendo il pigiama.
Erano quasi le otto ed io ero ancora in jeans e camicia. Attivo il viva voce e mi cambio.
[ Ok allora. Volevo chiederti come stai dopo la batosta di ieri. Ti senti un po' meglio?]
Domanda con tono premuroso.
Sorrido intenerita.
[ Grazie a te sto molto meglio, mi ha fatto bene andare via da lì ieri sera.]
Confesso, sedendomi a gambe incrociate sul letto.
[Figurati, sono felice di averti aiutata. ]
Rimaniamo a chiacchierare per una decina di minuti, nei quali riesce a farmi piangere dal ridere . Ci salutiamo dandoci la buonanotte e la promessa di vederci l'indomani mattina.

Parigi, amori e bugie. Where stories live. Discover now