1.8 Ambito

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Mi guardo allo specchio del bagno, mentre ripeto come una macchinetta per l'esame di lingua cinese. Fissarmi allo specchio aiutava, non dovevo distrarmi, dovevo solamente esporre le mie conoscenze senza bloccarmi. Sono quasi quaranta minuti che ripeto, quando il mio cellulare squilla, facendomi sbuffare.
Lo schermo illuminato mostra il mittente: Claire.
Trascino la cornetta verde, accettando la chiamata.
[ Pronto?]
Rispondo, chiudendo il mio blocco appunti per sedermi sulla tavolozza del water. Conoscendo Claire, mi avrebbe tenuta al telefono almeno un'ora.
[ Hey compagna di sventure! Che stai facendo? Piangendo disperatamente immagino, come me.]
Scherza.
[ Ci sei quasi. Sono seduta sulla tavolozza del water a rimuginare sulle scelte sbagliate.]
Ribatto, sorridendo. Ridacchia.
[ Scherzi a parte, domani sera Lucas ha deciso di festeggiare il suo ventitreesimo compleanno al Queen e mi ha chiesto se alla fine riesci a venire. Mercoledì mi hai detto che devi partire presto.]
Mi chiede e io sospiro. Non avevo più parlato con Xavier, ma questo non mi avrebbe di certo impedito di festeggiare il compleanno di Lucas e alzarsi presto per tornare a casa non sarebbe stato un problema , il treno sarebbe partito nel primo pomeriggio.
[ Non mi perderei il compleanno di Lucas per nulla al mondo, non c'è nessun problema. Dopo l'esame di domani mattina, festeggiare è proprio quello che voglio fare.]
La rassicuro, alzandomi per uscire dal bagno.
[ Perfetto! Ci vediamo davanti al Queen per le sette e mezza con gli altri. Noi due invece, ci vediamo domani mattina davanti al carcere.]
Ridacchio e la saluto, prima di scendere di sotto in cucina per preparare del bollito. Faceva davvero freddo. Nel pomeriggio mi addormento sul divano, esausta. Storia cinese mi usciva dalle orecchie . È Blacatz a svegliarmi, con un miagolio incessante.
«Cosa c'è?»
Mugolo, stiracchiandomi nel plaid beige, caldo e morbido. Il campanello trilla, facendomi fare un salto in aria dallo spavento. Mi passo una mano sul viso e sbadiglio, prima di alzarmi e andare ad aprire alla porta d'ingresso, dove Jane mi aspettava. Avremmo cenato insieme.
«Ma buongiorno, bella addormentata.»
Sorrido, insonnolita, coprendomi la bocca con una mano. Stavo sbadigliando di nuovo.
«Ciao, piccola innamorata.»
Ridacchia, chiudendo la porta per poi togliere la giacca beige e metterla nell'armadio all'entrata.
«Che si mangia?»
Chiede poi, coccolando Blacatz, che si strusciava sulle sue gambe.
«Lasagne.»
Rispondo, stiracchiandomi nella tuta grigia di cotone.  Annuisce,  seguendomi in cucina, dove inforniamo le lasagne e chiacchieriamo del più e del meno.
Stiamo guardando un episodio di The 100, quando salta fuori l'argomento " Kirill".
«Quindi, ti ha portata fuori a cena.»
«Esattamente. Al Le Jules Verne.»
Confessa, prendendo una cucchiaiata di gelato alla vaniglia.
«Ah, però, non perde tempo vedo.»
L'aveva portata al Le Jules Verne, il ristorante al secondo piano della Tour Eiffel. Sono colpita.
«Abbiamo parlato e all fine mi  ha riaccompagnata a casa. Gli ho dato il mio numero.»
Mormora infine, arrossendo leggermente. Beccata.
Le regalo un sorriso ammiccante, prendendo una cucchiaiata di gelato al cioccolato fondente.
«Il numero eh. Ha fatto  centro, allora.»
Ridacchia, prendendo altro gelato.
«Sa come prendermi.»
Confessa, stendendosi sul divano. Sorrido, posando il cucchiaio nella coppetta di vetro.
«Sembra essere un bravo ragazzo.»
Ammetto, spostando le coppette, praticamente vuote, sul tavolino.
«Sì. Mi ha raccontato un po' di lui, è molto risoluto.»
Confessa. Mi sdraio accanto a lei, fissando il soffitto bianco.
«Invece ieri, mi sei sembrata un po' distante nei confronti di Xavier. Avete risolto?»
Mi prendo qualche secondo prima di risponderle. Non sapevo con certezza nemmeno io cosa fosse successo in quelle poche ore, ma sapevo di non volerne parlare. E questo bastava.
«Sì, una sciocchezza.»
Rispondo, prima di cambiare discorso e non pensare a quella sensazione di angoscia che mi attanagliava lo stomaco.

Esco dall'aula magna, trionfante come pochi. Avevo dato quello stupido esame. Potevo finalmente concedermi lunghe dormite e festeggiamenti senza precedenti.
«Bene, bella mora, che ne dici di andare a mangiare qualcosa qui vicino? Non ci vedremo fino all'anno prossimo, dobbiamo anche scambiarci i regali.»
Chiede Mathis, circondandomi le spalle con un braccio, fasciato da un maglione blu oltremare. Sorrido, acconsentendo. Claire era scappata subito dopo aver dato l'esame, avrebbe passato tutta la giornata con Lucas. Li avrei rivisti alla festa.
Optiamo per il nostro ristorante universitario preferito, poco lontano dalla facoltà.
«Allora, Giulietta, dove andrai di bello in queste vacanze?»
Chiede il rosso, versandomi un bicchiere d'acqua. Lo ringrazio.
«Passerò il Natale a casa, con i miei e poi festeggerò il Capodanno a Barcellona con i miei amici. Tu?»
Chiedo, adagiando il tovagliolo sulla gonna nera. Erano arrivate le nostre ordinazioni.
«Tornerò ad Amsterdam dai miei e penso che per Capodanno sarò in Germania dai miei zii, non vedo i miei cugini da una vita. Ma passiamo a cose serie: ti ho vista in giro con Lefèvre ultimamente. Cosa c'è fra voi?»
Afferma, tagliando un pezzo di filetto e infilandoselo in bocca. E per poco non mi strozzo con il salmone che sto masticando. Lo aveva chiamato per cognome, e quando Mathis chiama le persone per cognome o non le conosce di persona, o le odia. Butto giù a fatica il boccone e mi sciacquo la bocca con una lunga sorsata d'acqua.
«È il mio migliore amico, penso.»
Sussurro l'ultima parola, tagliando un pezzo di salmone. Mathis sospira, guardando fuori dalla vetrata. Piovigginava.
«È un bravo ragazzo, ma stai attenta.»
Dice, prendendo una forchettata di patate al forno.
Lo guardo, confusa.
«Attenta a cosa, precisamente?»
Ingoia e beve un po' d'acqua.
«Ascoltami, Giulia, io ti voglio bene, davvero, ed è proprio per questo che ti chiedo di fare attenzione. Xavier è come la luce: tutte le falene ne sono attratte; tutte le ragazze ne sono attratte ed è una presenza non irrilevante, qui.  Semplicemente, stai attenta, non so se il tuo cuore riuscirà a reggere un altro colpo basso.»
Conclude, finendo il suo contorno. Mi si chiude lo stomaco.
«Siamo solo amici. Perché nessuno di voi vuole capirlo!?»
Esclamo a denti stretti, esasperata . Il rosso mi guarda, con aria colpevole.
«Non ti rendi conto della situazione. Non voglio spacciarmi per psicologo o simili, ma posso assicurarti che i tuoi sentimenti nei suoi confronti cambieranno, e sei a tanto così.»
Dice, mostrandomi un piccolissimo spazio tra il suo pollice e indice.
«Può essere chiunque tu voglia, ma fai attenzione: quelli come lui sono ambiti, hai potuto vederlo con i tuoi occhi.»
Mormora, finendo la sua carne. Io ho consumato metà del mio pasto.
«Mathis, frequentiamo una scuola privata ambitissima, veniamo tutti da buone famiglie e siamo tutti bravi nello studio. Anche la matricola appena arrivata può essere ambita.»
Sibilo, buttando in malo modo il tovagliolo sul tavolo. Sospira, accasciandosi sulla sedia.
«Non ho niente contro di lui, finché non ti farà del male. Sei la primissima amica che mi sono fatto qui, sei come una specie di sorellina, capisci? Nessuno può maltrattare la mia sorellina e mi pento di non essere venuto a quella festa a Ottobre, avrei avuto l'onore di menare quel bastardo.»
Confessa, guardandomi negli occhi. Ero toccata dal suo bisogno istintivo di proteggermi, ma la decisione per quanto riguardava le amicizie, spettava soltanto a me.
«Ti ringrazio, Mati, ma so cavarmela da sola.»
Annuisce, perdendosi poi nei suoi pensieri.
Ci scambiamo i regali nel parcheggio, prima di salutarci definitivamente. Ci saremmo rivisti a Gennaio. Le parole di Mathis mi avevano scombussolata, avevo bisogno di vedere il moro, di accertarmi che andasse tutto bene e che io non fossi diventata pazza.

Parigi, amori e bugie. Where stories live. Discover now