1.5 Prossimo appello

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Esco dall'aula, salutando educatamente la commissione. La professoressa Smirnova non ha potuto fare altro che complimentarsi, vista la mia ottima preparazione. Era meravigliata, i suoi occhi azzurri erano stupiti e le labbra marcate di rosso si arricciavano ogni volta che rispondevo correttamente alle sue domande. I suoi capelli biondi erano raccolti in uno chignon basso e con i palmi delle mani lisciava la gonna nera del tailleur ogni volta che finivo di rispondere.
Ero sicura di aver preso il massimo a quell'esame.
Cammino per il corridoio, dando a volte qualche occhiata ai poster attaccati ai muri. Feste di corsi, annunci di ripetizioni, attività extra scolastiche. Arrivo all'entrata della facoltà, con l'intenzione di salire in macchina e arrivare a casa da Giacomo, che, molto probabilmente, sta dormendo. Erano le undici del mattino e la sera prima avevamo fatto tardi, uscendo a divertirci con Jane. Sfortunatamente, a differenza sua, io non ero ancora in vacanza, ma sotto esami quindi, che io lo volessi o no, all'università dovevo comunque andarci.
In realtà, uscire la sera prima degli esami mi faceva bene. Con il tempo avevo imparato che ripassare come una pazza la sera prima del fatidico giorno non serviva a niente, se non ad aumentare la mia ansia, quindi semplicemente non ci pensavo e, credetemi, le cose andavano sempre meglio di quanto mi aspettassi.
«Eccola di ritorno la mia piccola secchiona!»
Esclama Jack, sorprendendomi. Mi carica in spalla e lancio un gridolino, poi inizio a ridacchiare, divertita.
«Mettimi giù!»
Trillo, mentre il biondo mi trasporta nel salone, adagiandomi poi sul divano.
«Allora? Hai sconfitto la regina di ghiaccio? Come intendi festeggiare?»
Chiede, una volta seduto al mio fianco. Avevo ancora addosso il cappotto grigio, quindi decido di toglierlo, rimanendo con il tailleur nero.
«Penso che potremmo farci un giro in città, poi devo tornare a ripassare per l'esame di cinese.»
Confesso, sfilandomi i tacchi a spillo, neri e lucidi.
«Come desidera, capitano.»
Accetta, stiracchiandosi, appoggiando la testa allo schienale del lungo divano a penisola. Aveva una tuta bianca addosso formata da pantalone e felpa con cappuccio.
«Venerdì a che ora hai l'esame?»
Chiede, stendendosi sul divano, appoggiando la testa sulle mie gambe. I suoi occhi grigi mi sorridevano, erano il riflesso dei miei. Sorrido, accarezzando la chioma morbida e dorata.
«La mattina. Ti accompagno all'aeroporto.»
Affermo e lui sorride. Pranziamo in un ristorante nel quartiere latino, poi visitiamo il Sacro Cuore e torniamo a casa, dove mi rinchiudo in camera a ripassare il programma di tre mesi e mezzo di corso. Verso le otto ceno, chiacchierando tutto il tempo con Giacomo, ma quando mi chiede di guardare un film crollo dopo un quarto d'ora dall'inizio ed è costretto a portarmi a letto. Il giorno dopo è la stessa cosa: studio fino alle sei di pomeriggio, poi faccio una doccia rilassante e mi preparo: è l'ultima sera che Giacomo è qui, quindi usciamo a divertirci, per poi tornare a casa all'una di notte, esausti ma contenti.
Cammino decisa fino all'aula magna, dove la professoressa Yun Zhao dovrebbe accogliere gli studenti iscritti a questo appello. Dovrebbe. La verità è che l'appello è stato spostato alla settimana prossima e io lo vengo a sapere solo ora, dopo che ho passato quattro giorni a fare monologhi in cinese guardandomi allo specchio. Dopo che ho dormito soltanto sei ore. Ma non sono l'unica, c'è un terzo dei miei colleghi qui con me, Claire compresa.
«Ma avvertire faceva tanto schifo?»
Chiede ironicamente Mathis Visser, un mio compagno di corso. È alto nella media, ha i capelli rossi scarmigliati e gli occhi blu, la pelle chiarissima, il volto tempestato da graziose lentiggini. È mezzo olandese e fa morire dal ridere con il suo sarcasmo. Eravamo amici, anche se negli ultimi tempi non ci vedevamo spesso.
«Sappiamo almeno quando c'è il prossimo appello prima delle vacanze di Natale?»
Chiede Claire, visibilmente scocciata dalla spiacevole scoperta. Mathis caccia le mani nelle tasche del cardigan blu, facendo spallucce.
«Non lo so, so solo che per quel che mi riguarda non verrò mai più a fare esami di cinese al mattino. Ha fatto così anche l'anno scorso.»
Confessa, cercando sulla bacheca a fianco a lui la lista degli appelli.
«Martedì prossimo a partire dalle dieci del mattino. Tò, che fortuna: donzelle, siamo i primi a iscriverci.»
Mathis scansiona il QR code esposto in bacheca, segna il suo nome, poi ci porge gentilmente il telefono. Ci iscriviamo poi lui ci saluta e torna a casa, mentre io e Claire decidiamo di passare in caffetteria per scambiare quattro chiacchiere.
«Tuo fratello parte oggi?»
Chiede la bionda davanti a me, sorseggiando una tazza fumante di the al limone. Indossava uno skinny jeans nero e una camicia bianca.
«Sì, lo accompagno oggi pomeriggio all'aeroporto.»
Affermo, bevendo il mio cappuccino. Faceva freddissimo a Parigi.
«Strano, perché penso che sia quel ragazzo laggiù che sta venendo verso di noi.»
La guardo crucciata mentre lei è tutta sorridente. Mi giro e sono sorpresa nel vedere mio fratello camminare verso di me ,chiacchierando allegramente con Lucas e Xavier. Indossavano tutti e tre dei blue jeans e dei Woolrich. Assurdi.
«Hey ragazze.»
Saluta Lucas, prima di lasciare un bacio sulla testa di Claire, sedendosi poi vicino a lei.
«Ciao.»
Saluta il moro baciando la guancia di entrambe, sedendosi tra Lucas e me.
«Ciao Claire, che bello rivederti.»
Dice il biondo, abbracciandola. Quando l'anno prima era venuto a trovarmi gli avevo presentato Claire, Lucas e Mathis e si era subito fatto voler bene. Claire lo abbraccia a sua volta, contenta di rivederlo.
«Principessa.»
Mi saluta poi, lasciando un bacio sulla mia testa. Si siede vicino a me, appoggiando il cappotto sullo schienale della sedia rossa.
«Sei davvero qui?»
Chiedo, stupita. Non che non fossi contenta del fatto che fosse venuto a trovarmi all'università, ma era strano vederlo in piedi prima delle undici del mattino, quando per lui era festa. Giacomo ride, cogliendo il senso della mia domanda.
«Devo ringraziare l'Oki che mi infili sempre nel portafoglio.»
Confessa, facendomi ridere. Poi continua.
«Ho incontrato Lucas nel parcheggio e ci siamo messi a chiacchierare, poi è arrivato anche Xavier, quindi abbiamo deciso di aspettarvi qui. A proposito, non avevate un esame da dare?»
Chiede, prima di ordinare un caffellatte. Sbuffo, scocciata.
« Hanno rimandato l'appello senza avvisarci.»
Proclamo, prendendo un altro sorso della mia bevanda. Lucas scoppia a ridere e Claire lo guarda male.
«Sei stata tutta la giornata a girare per casa, parlando in cinese dalla mattina alla sera, quando potevi benissimo guardare quella serie tv con me. Te lo avevo detto che non c'era bisogno di spaccarsi il cervello.»
Spiega il bruno, alzando le mani in segno di resa.
«Disse colui che inventa le canzoncine per ricordarsi le lezioni di macroeconomia.»
Lo canzona la bionda, bevendo un po' di the. Il bruno sgrana gli occhi, scioccato.
«Funziona davvero!»
Si difende, prima di bere tutto di un sorso il caffè che gli era stato portato. Ridacchio: si punzecchiavano sempre, ma un minuto dopo si abbracciavano.
«Quindi ti sei svegliata alle sette stamattina per niente?»
Chiede Jack, bevendo dal bicchiere di vetro. Annuisco, imbronciata.
«Quando vi tocca farlo?»
Chiede il moro, bevendo il caffè macchiato tutto in un sorso. Sbuffo, incrociando le braccia sotto al seno. Odiavo dovermi ripresentare agli appelli.
«Martedì prossimo.»
Dico, finendo il poco cappuccino rimasto nella tazza bianca.
«Tanto mercoledì torni a casa.»
Mi ricorda Giacomo, avvolgendo con un braccio le mie spalle. Sorrido ed annuisco. Chiacchieriamo per un po', poi Lucas e Claire vanno a casa e Xavier si congeda, fermandosi a parlare con il professor Jacques Picard, economia aziendale, da anni insegnante all'università. Il migliore nel suo campo. Sorrido: sicuramente stanno parlando della tesi. Il bel moro aveva molto su cui discutere.
«Fai la brava.»
Mi raccomanda Jack, stringendomi forte a sé. Sorrido, abbracciandolo.
«E tu camuffati, sei famoso anche qui.»
Confesso, guardando male una biondina che fissa Giacomo come se volesse saltargli addosso. Aveva vinto gli europei, come biasimarlo. In risposta una risata giocosa esce dalla sua bocca, facendo vibrare il suo petto tonico.
«Poi sono io quello iperprotettivo.»
Mi prende in giro, baciandomi la fronte.
«Ti voglio tanto bene. Non dimenticarlo mai.»
Mormora, guardandomi negli occhi. Sorrido felice, abbracciandolo e depositandogli un bacio sulla guancia, prima che possa imbarcarsi e tornare a casa prima di me.
Lui il mio principe, io la sua principessa.
Sabato mattina mi dedico alla casa, spolverando un po', lavando in tutta casa e facendo lavatrici.
Coccolo Blacatz finché non si fa ora di pranzo. Decido di preparare il risotto con burro e asparagi, aggiungendo anche del prosciutto cotto a cubetti, poi, una volta messa a posto la cucina, faccio un giro in città, finendo di fare gli ultimi regali di Natale per la mia famiglia. Sorrido mentre passeggio per le vie di Parigi: non vedevo l'ora di riabbracciare i miei genitori, ma soprattutto di spupazzare Bucks, il nostro Golden Retriver e Athos, il nostro Canelupo Cecoslovacco. Erano vivaci e, soprattutto, andavano d'accordo con Blacatz.
Controllo l'ora sul telefono, rendendomi conto che mancano pochi minuti alle sette e la festa a casa di Xavier inizia alle otto e mezza. Sorrido: sono contenta di poter staccare un po' la spina, anche se solo per due giorni.
Chiamo Jane, per avvertirla che entro un'ora sarei stata da casa sua, una bellissima villetta dai muri rosa pesca nel centro di Montmartre; XVIII arrondissement. Non abitava molto lontana da me.
Avvicino il telefono all'orecchio e aspetto che la mora dall'altro capo del telefono risponda.
«Pronto?»
Sorrido, felice.
«Hey donna! Dove sei? Stasera abbiamo un impegno, ricordi? Fatti trovare pronta perché se alle otto non sei fuori dalla porta di casa ti vengo a prendere dentro e non mi importa se sarai in accappatoio, non voglio ritardare di un solo minuto!»
Esclamo, ormai troppo gasata. Volevo divertirmi con i miei amici, quella sera. Purtroppo Lucas e Claire non ci sarebbero stati a causa di un compleanno, ma ci saremmo sicuramente rifatti.
«Guarda, lasciamo stare i ritardi! Oggi ne ho già avuto abbastanza e come se non bastasse devo recuperare la macchina dal carrozziere in centro con tanto di multa!»
Esclama, esasperata. Qualcosa mi dice che c'entra la sua vicina combina guai, Amélie.
Fortunatamente, Claire possiede la più grande carrozzeria di Parigi, non a caso, la più efficiente e professionale.
Rido.
«Alla macchina ci penso io, la figlia del carrozziere segue con me il corso di lingue orientali, stai tranquilla.»
Lo avrei chiesto a Claire non appena arrivata a casa. Sento Jane sorridere.
«Sei piena di sorprese, cavolo! Ci vediamo stasera , ora vado altrimenti perdo la metro, bacini.»
Sorrido.
«Baci.»
Poi attacco e mi affretto a tornare a casa.
Cambio cibo e acqua alla mia piccola palla di pelo, poi mi fiondo al bagno di sopra, facendo la doccia e lavando i capelli. Mentre aspetto che si asciughino naturalmente, per quanto possano asciugarsi nel bel mezzo del mese di Dicembre, apro l'armadio a muro, prendendo dopo pochi secondi un vestito di pizzo nero con le maniche lunghe, aderente e lungo fino a metà coscia; il tutto abbinato a dei collant neri da venti denari e delle décolleté nere e lucide.
Pettino la mia chioma scura e la asciugo con cura, prima di truccarmi con un po' di mascara, dell'ombretto sui toni della sabbia dorata e una passata di lucida labbra rosa scuro sulle labbra, prendo il solito trench nero, la borsa con le Adidas di ricambio da mettere in macchina, cellulare, portafoglio e chiavi.
Passo dalla cucina, prendendo il regalo per Xavier.
I miei genitori mi avevano insegnato che era buona educazione presentarsi con un pensiero per il padrone di casa quando si veniva invitati nelle abitazioni altrui, quindi avevo incartato con della carta color crema una bottiglia di Crystal, attaccando poi un fiocco blu cobalto all'altezza del tappo.
Era un ottimo champagne e io e Federica ne compravamo una bottiglia ciascuna ogni anno per la festa del papà. Ai nostri piaceva tantissimo e loro se ne intendevano, quindi avevo optato per lui ancora una volta.
Accosto davanti al cancello di Jane e suono il clacson, mentre canticchio una canzone di Ariana Grande che passa alla radio.
Vedo una chioma liscia e setosa sbucare dal lato passeggero, invadendo l'abitacolo con il suo profumo alla vaniglia.
«Ciao bella ragazza! Pronta per il party!?»
Esclamo, agitando le mani in aria, come se fossi ad un concerto.
Jane ride e annuisce, aveva indossato un vestito rosso lungo fino alle caviglie e con le maniche a pipistrello, ai piedi delle ballerine nere. Era alta quasi un metro e ottanta e a causa di ciò era sempre molto restia nell'indossare scarpe con il tacco alto.
Metto in moto e seguo le istruzioni del navigatore.
«La tua macchina è al sicuro e non dovrai nemmeno pagare la multa, siamo state fortunate, quando ho chiamato Claire la tua macchina era appena arrivata in carrozzeria, potrai prenderla lunedì mattina appena aprono.»
La informo, Claire era stata un tesoro, bloccando la procedura per Jane.
«Devo fare una statua a questa Claire, mi ha evitato un grosso casino.»
Dice la mora al mio fianco e io rido, buttando la testa all'indietro.
«È una ragazza amabile se devo dirla tutta, te la farò conoscere, è molto simpatica.»
Confesso, Claire era un tesoro. Lei annuisce e cambia stazione radio, iniziando a cantare IDGF di Dua Lipa, ballando come se fosse ad un concerto, finché non arriviamo a destinazione. La villa è illuminata dalle lucine natalizie che la addobbano, iniziando dal portico e finendo sulla terrazza dell'ultimo piano. Parcheggio lungo il viale sterrato, fiancheggiato dal prato verde e ci incamminiamo verso l'entrata.
«Di chi è questa casa?»
Domanda la mora, stringendosi nel cappotto nero. Era stata talmente tanto presa dagli esami che ogni volta che la chiamavo al telefono coglieva la metà di quello che le dicevo. Sospiro e scuoto la testa, comprensiva, facendole il riassunto della situazione.
«Xavier Lefèvre, il ragazzo che studia economia aziendale all'ultimo anno, quello che mi ha chiesto ripetizioni di italiano, ci ha invitate per la festa di fine sessione invernale.»
Annuisce di colpo, come se le avessi appena ricordato qualcosa di importante, poi mi sorride, sorniona.
«Quello che ti fa il filo?»
Ammicca alzando e abbassando le sopracciglia con tanto di sorrisino.
«Ahh no! Smettila! Possiamo essere solo ottimi amici e su questo non ci piove.»
Esclamo esasperata per poi sorriderle. Ricambia, guardando poi il castello di pietra.
«Allora? entriamo?»
«Entriamo!»
Esclamo, oltrepassando il porticato di colonne avvolte da lucine dorate. Ci saremmo divertite.



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Parigi, amori e bugie. Where stories live. Discover now