0.6 Tour Eiffel

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Le strade di Parigi sono bellissime, specialmente di sera, quando sono tutte illuminate e le persone sono insieme, fuori dai bar con gli amici e sorridono, lasciandosi una giornata faticosa alle spalle .
Un semaforo rosso blocca la nostra corsa ed io posso ammirare la luna grazie alla Senna.
«Vuoi andare da qualche parte in particolare?»
Chiede Xavier. Mi aveva portata via veramente. Fisso lo specchio d'acqua e sospiro, prima di girarmi e trovarlo a fissarmi, attendendo una risposta.
«Voglio fidarmi di te. Portami dove vai quando sei triste».
Dico, appoggiando la testa allo schienale e chiudendo gli occhi.
«Va bene, c'è poco da aspettare allora».
Mormora. Lo osservo con discrezione: quando guida ed è concentrato, ha un'espressione seria ad adornargli il volto e mi verrebbe da attribuirgli cinque anni in più di quelli effettivi. È un controsenso. Le lentiggini sul volto gli danno un'aria tenerissima. Entra in un parcheggio sotterraneo ed una volta parcheggiato, tira fuori il telefono ed effettua una chiamata.
«Ciao Antoine, siete tanto indaffarati? Ottimo...sì siamo in due...no, non per molto... ti ringrazio».
Chiude la chiamata e mi guarda. Sospira e sposta dal mio viso una ciocca di capelli, scappata alla presa della penna che avevo trovato nel portaoggetti della vettura e che avevo successivamente utilizzato come fermaglio.
«Vedrai che riuscirai a sfogarti».
Mormora, poi si slaccia la cintura ed io lo imito.
Scendiamo dalla macchina e ci incamminiamo verso la Tour Eiffel.
«Dove stiamo andando?»
Domando, camminando al suo fianco.
Lui guarda la Torre, illuminata e maestosa.
«Proprio là in cima».
Risponde, mettendo una mano sul mio fianco, passando vicino alla sicurezza che lo saluta come se fosse un amico di vecchia data. L'ascensore impiega poco tempo e ci ritroviamo sulla cima della Tour Eiffel, isolati dal mondo.
È la quarta volta che salgo qui sopra ed ogni volta mi perdo nella bellezza di Parigi e nella dolcezza che la avvolge.
La città è completamente illuminata e il rumore della strada è affievolito dall'altezza dell'edificio. La prima volta che ci ero salita, mi era sembrato di realizzare il sogno di tutta una vita. Avevo sedici anni ed ero un'inguaribile romantica. Nella mia testa, mentre ammiravo Parigi dall'alto, mi era sembrato di sentire Edith Piaf cantare "La vie en rose". Avevo ascoltato quella canzone per mesi, fino allo sfinimento, ma ancora adesso, dopo anni, continuavo ad amarla.
Ammiro la notte e sospiro, rilassata.
Guardo Xavier al mio fianco: ammira il panorama anche lui come se fosse la prima volta, era come assorto, avvolto nelle braccia della notte. Era una presenza rassicurante, specialmente dopo oggi, con lui mi sentivo sicura.
Prendo un respiro profondo prima di iniziare a sfogarmi.
«Prima di Riccardo c'è stato solo un ragazzo, in prima superiore. Non era niente di serio, non siamo mai andati oltre il bacio. Ricky è stato il mio primo vero amore».
Sospiro, passandomi una mano nei capelli. Xavier mi guarda, attento.
«Ho un fratello più grande, si chiama Giacomo ed è un nuotatore molto bravo. Riccardo gareggiava con lui e sono diventati amici. Grazie a lui ci siamo conosciuti. All'inizio eravamo solo due semplici amici, ma con il tempo ho capito di provare qualcosa di più forte che del comune affetto che si può provare per un amico. Per lui era lo stesso. È stato il primo amore della mia vita. L'anno scorso mio fratello è stato preso nella nazionale, sono mesi che non lo vedo».
Sospiro e mi inumidisco le labbra.
«Riccardo ha mollato e si è iscritto a ingegneria robotica un anno fa, è sempre stato bravo con le macchine e i numeri».
Ridacchio.
«Pochi mesi fa ho deciso di fargli una sorpresa. Io studio qui e lui a Milano, così era difficile vedersi, quindi ero tornata in Italia senza dirglielo. L'ho trovato a letto con una sua compagna di corso».
Finisco, passandomi una mano sul viso.
«Sai cosa mi ha fatto più male?»
Chiedo, guardandolo negli occhi.
«No, che cosa?»
Sussurra.
«Oltre al tradimento, ciò che mi ha fatto più male è stato il fatto che prima di essere il mio ragazzo, mi era amico. Se una persona ti è amica non ti farà mai del male volontariamente, solo per il gusto di farlo. Lui lo ha fatto. Aveva un'altra relazione già da mesi, cazzo».
Mormoro, fissando le luci della città.
«Avrei dovuto picchiarlo più forte».
Sgrano gli occhi e mi giro di scatto nella sua direzione.
«Cosa?»
Esclamo. Mi guarda sconvolto.
«Dopo che te ne sei andata ti ha dato della stronza, non potevo starmene con le mani in mano. Gli ho tirato un pugno».
Confessa, incrociando le braccia. Scuoto la testa , ma poi sorrido e lo abbraccio.
All'inizio è teso ed io sono sul punto di staccarmi, ma poi avvolge le sue braccia intorno al mio corpo e mi bacia la testa.
«Voglio potermi fidare di te, Xavier. Preferisco litigare piuttosto che credere ad una bugia, qualunque essa sia. Ora sono io a chiederti di mantenere una promessa: prometti di essere sempre sincero con me? Sia nel bene che nel male?»
Chiedo, fissando i suoi occhi cerulei. Li trovavo così rassicuranti adesso. Mi regala un caloroso sorriso.
«Prometto di essere sincero con te, Giulia».
Promette, poi mi abbraccia forte e mi permette di piangere e sfogarmi sul suo petto forte.
Restiamo lì ancora per una decina di minuti, poi Xavier mi riaccompagna a casa.
«Ti ringrazio, mi ha fatto bene stare con te».
Ammetto, una volta slacciata la cintura e pronta a salire a casa.
«Grazie a te per esserti fidata».
Sorride. Prendo il suo cellulare dal porta oggetti e compongo il mio numero. Faccio fare uno squillo e lo riposo nel porta oggetti.
«Così è più semplice parlare, buonanotte Xavier».
Annuncio, prima di salutarlo con un bacio sulla guancia, calda e morbida.
«Buonanotte a te, Giulia».
Sorrido ed esco dalla sua macchina.

Quella notte ero riuscita a dormire senza preoccupazioni e con un amico in più.

Parigi, amori e bugie. Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin