11: Libertà

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Non ho chiuso occhio tutta la notte. Il profumo acre del suo dopobarba unito al calore emanato dal corpo scolpito di Logan mi hanno inebriato i sensi. E' strano come quell'odore mi sia rimasto impresso nella mente e nell'olfatto. 

Mantengo la calma durante tutta la mattinata. Poco prima di mezzogiorno la nostra amata guardiana mi chiama. Il direttore mi ha convocata nuovamente nel suo ufficio. 

Ricordo la promessa fatta a me stessa, controllare le emozioni e le parole. 

Mi sento tanto un giocatore di calcio che vede la porta sempre più vicina nonostante gli avversari tentino in tutti i modi di bloccarlo.

Spalanco la porta e me lo ritrovo davanti, forse ancora più bello di ieri. La camicia nera è sbottonata e lascia intravedere l'abbronzatura perfetta. Io sono ovviamente pallida come un fantasma essendo reclusa qui da mesi!

Trovo la cartella con i miei documenti in bella mostra. Noto che ha apposto la sua firma su tutte le pagine. 

<Si sieda> 

Un comando imperioso il suo. E' abituato a farlo. 

Mi batterei a spada tratta contro una persona del genere, ma stringo i denti, mordo la lingua ed eseguo il suo ordine.

Si avvicina con un passo lento ed inesorabile, mi porge la sua penna e mi indica dove mettere la firma. 

E' il tanto agognato documento di scarcerazione! Sono libera finalmente. Ho il cuore in gola per l'emozione, qui dentro ho trascorso ore terribili, ma ho conosciuto anche tre persone speciali. 

Penso a loro ed una lacrima tenta di uscire fuori. La ricaccio indietro, non voglio mostrargli la mia debolezza. La dignità umana è qualcosa che niente e nessuno può prendere a calci, neppure Logan Jordan.

La mano mi trema e l'iniziale del mio nome sembra un geroglifico egiziano piuttosto che una semplice lettera. Inspiro lentamente, riprendo concentrazione e calma. 

Poso la penna sulla sua scrivania, lui prende immediatamente il foglio e lo esamina. Sembra il mio maestro delle elementari quando, dopo il dettato, ritirava i quaderni ed iniziava a controllare gli errori. Sono ancora in grado di scrivere il mio nome e cognome non sono mica una mentecatta. 

Mi alzo da quella sedia che sembra un tizzone ardente, in realtà sono io che brucio. La voglia di fuggire al più presto da questo odioso luogo pervade ogni mio muscolo. Sono sempre più tesa.

Lo comprende subito. E' sorprendente la capacità di questo uomo di analizzare le emozioni altrui. Quelle degli altri perché lui è una sfinge.

Meglio così,  mi dico mentalmente, almeno ha capito quanto non riesca a sopportarlo il suo essere al di sopra di noi comuni mortali.

<Bene Grace, è libera> fa una pausa inquietante <per ora> 

Sottolinea quel "per ora" in modo duro. Pensa di rivedermi presto tra queste quattro grigie mura? Sento la rabbia ribollire, ma resisto alla tentazione di mandarlo al diavolo con tutte le mie forze.

<E' bassa la percentuale di coloro che riescono a non mettersi nei guai...dopo la prima volta>

I suoi occhi scintillano di una luce infernale, sembra gongolare. 

Non reggo ulteriormente. Sarà la paura trattenuta, l'ansia di dover scontare una condanna da innocente, il terrore di aver perso il lavoro, la lontananza dalla mia amata città, saranno tutte queste cose insieme o, semplicemente è il suo viso indurito dall'astio a farmi esplodere.

<La rende felice, vero?> 

D'accordo sono caduta nella sua rete, ma non riesco a non dire la mia. 

Sorride sprezzante di aver catturato l'esile uccellino impaurito.

<Direttore Jordan, non siamo animali chiusi in una gabbia. Dietro quelle sbarre ci sono persone, esseri umani, ma lei questo non può saperlo visto che il suo animo è duro come la pietra>

La reazione non è quella che avrei creduto. Mi aspettavo chiamasse, non so un giudice o lo stesso Hank per affibbiarmi qualche capo di imputazione, ma  non è così.

Ha gli occhi gelidi come la neve di dicembre ed il viso contratto. La collera è tangibile, la si potrebbe tagliare con un coltello. Mi si avvicina e sento un brivido freddo lungo la spina dorsale, come se uno spiffero di vento fosse entrato in una calda stanza riscaldata dallo scoppiettante fuoco di un caminetto. Indietreggio, non ho mai visto uno sguardo simile. 

Sta cercando di controllarsi, ma è una maschera di rabbia. La giugulare pulsa e penso che il suo cuore sia a mille, non sa se strozzarmi seduta stanza o buttarmi fuori di qui a calci nel sedere. Mi oltrepassa e, con uno sguardo assassino, mi apre la porta del suo ufficio. 

Esco velocemente prima che ci ripensi e scateni su di me la sua ira distruttrice. 

Forse ho esagerato, ma se lo meritava. 

Pensa di essere l'unico essere perfetto in un mondo di imperfetti?

Ritorno in cella con il cuore che non vuole smettere di battere come un tamburo. Raduno le mie poche cose e mi avvicino a king Kong. 

Mi spetta l'ultimo pasto al Detention Center. sono contenta almeno potrò salutare le mie tre compagne di mensa. 

Ho gli occhi lucidi mentre parlo con loro per l'ultima volta. Non alzo lo sguardo dal tavolo neppure per un secondo. So che mi sta fissando. Sento delle saette attraversarmi il corpo.

Mi asciugo le lacrime e mando a tutte e tre un bacio mimato. Le abbraccerei se potessi, ma la secondina ci spolperebbe come un osso e, per oggi, ho già osato troppo.

Esco dalla prigione senza voltarmi indietro, ho paura che ci ripensino e mi riportino indietro. Lo so è un pensiero sciocco, ma la mia testa ancora non è connessa al cuore. 

Dura pochissimo. Sento gridare il mio nome e, un secondo dopo, quattro braccia mi arpionano come una piovra gigante.

<Baby eravamo in ansia>

Luna sta piangendo e Vic ha gli occhi rossi. 

Le mie sorellone sono venute a prendermi. Lo sapevo, loro non mi avrebbero lasciato sola in un giorno così particolare.

Mi scaravento nella Ford scassata di Vic che parte in quarta, anche lei ha fretta di lasciare la piazzola di sosta della prigione. Nessuno meglio di me può capirla.

<Baby è colpa nostra. Non avremmo dovuto portarti qui e lasciarti sola. Se non avessimo continuato a giocare come delle sceme>

La interrompo. Non hanno colpa, anzi. Mi hanno sempre protetta e sostenuta, mi sono state vicine scrivendomi centinaia di lettere il cui contenuto, ovviamente, è stato passato prima al setaccio da King Kong.

<Voi due piantatela di dire sciocchezze. Devo imparare ad essere meno buona samaritana e più diavolessa>

Mi guardano e scoppiano a ridere. Ricordano ancora quando, durante un picnic, ho trovato una formica sul plaid e l'ho depositata delicatamente sul prato come fosse un cristallo prezioso. 

Abbasso il finestrino per respirare a pieni polmoni l'aria leggera e tiepida. Il viaggio di ritorno è brevissimo, almeno così mi pare. 

Vic parcheggia nel vialetto di fronte casa mia. Le luci di Phoenix mi scaldano il cuore, la mia città mi è mancata da morire. 

Sono libera, finalmente!


Grace è tornata a casa... lo scontro con Logan le porterà delle brutte conseguenze??😧



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