Capitolo 37

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Clyde's pov

Chase arriverà a casa mia tra una mezz'ora perché si doveva occupare ancora di Dorothy, io invece ho finito prima e ho preso la palla al balzo per tornare a casa dei miei zii. William sta riposando in camera nella camera degli ospiti, mentre zia Abbie cerca disperatamente di insegnare a Paris come fare l'impasto di una torta. «No, tesoro, devi girare dall'altro lato e con più forza. Ecco, adesso va meglio.» Le sta dicendo mia zia. Mi appoggio allo stipite della porta e le osservo finché non si accorgono di me. Paris si fa tutta rossa non appena i nostri occhi si incontrano e si toglie un po' di pasta cruda della torta dalle mani. «Eccolo il mio bambino.» Zia Abbie mi sciocca un bacio sulla guancia. «Vuoi aiutarci a finire la torta? Quando eri piccolo mi aiutavi sempre, poi hai smesso per qualche strana ragione.»

Strana ragione, cioè non mi piace cucinare. Se lo dicessi a mia zia, però, le verrebbe un colpo. «Grazie, ma sto bene così.» Continuo a guardare Paris. «Possiamo parlare un attimo?» Lei annuisce e si sciacqua le mani prima di seguirmi in corridoio. Zia Abbie mi fa un occhiolino, probabilmente pensando che le voglio parlare di chissà che cosa, quando invece ho intenzione di dirle di sua madre.

La conduco in camera mia, perché mi sembra il posto con più privacy per parlare di un argomento così delicato. Paris si stringe le mani al petto e riguarda un attimo la mia camera prima di girarsi verso di me. Io intanto chiudo la porta. «Di cosa vuoi parlarmi?»

Non c'è un modo gentile e indolore per dirglielo. «Ho visto tua madre, oggi. È venuta ad aggiungere alcune cose su tuo padre.» Paris fa una faccia confusa, così penso che forse non stiamo pensando alla stessa persona. «Non Amanda, piccola, intendo tua madre biologica. Dorothy.»

La faccia che fa mi ricorda quando ha scoperto chi sono davvero, quando quell'idiota di poliziotto mi ha chiamato agente Evans davanti a lei. Poi sembra di riprendersi e scuote lentamente la testa. «Perché me lo stai dicendo?»

Aggrotto la fronte. «Perché? È tua madre, pensavo che volessi saperlo.» Mi schiarisco la voce. «Mi ha anche detto di salutarti, se ti avessi rivista.» La risata gutturale e finta di Paris mi fa capire di aver sbagliato completamente. Forse non a dirglielo, non voglio che ci siano altre bugie tra di noi, ma sicuramente non mi sono espresso al meglio.

«Devi farti gli affari tuoi, va bene? Quella non è mia madre, non hai il diritto di chiamarla così e neanche di parlarle di me. Ci ha abbandonato, per l'amor del cielo, e per quanto mio padre possa essere un criminale e tu lo odi ha abbandonato anche lui. Perciò vaffanculo, Clyde, per tutto. Quando questa cosa sarà finita non voglio più vederti davvero, credi di starci aiutando ma non hai fatto altro che rovinarci la vita.» Paris è tutta rossa in faccia per la rabbia, ma non ho neanche il tempo di dire niente che è fuori dalla mia stanza. Rimango fermo per qualche secondo e mi avvio in corridoio, quando vedo Liam uscire. Ha lo sguardo stanco e tutti i capelli scompigliati, segno che si è appena svegliato; forse proprio per la sorella che ha alzato la voce.

Inarca un sopracciglio nella mia direzione, quasi a chiedermi cosa è successo. «È venuta vostra madre dall'FBI, oggi. Non l'ha presa benissimo.» Sospiro, sentendo poi chiudersi la porta dell'ingresso. Spero che sia solo uscita in giardino per prendere un po' d'aria.

«Le passerà, non le piace pensare che nostra madre potrebbe tornare da un momento all'altro.» Si cerca di aggiustare i capelli mentre parliamo, ma invano. «Comunque, se pensi che nonostante questo io abbia smesso di volerti spaccare la faccia ti sbagli di grosso.»

Non ci ho neanche sperato, è evidente che Liam mi detesti. «Sì, lo so.» Ho un peso al petto che non riesco a levare, nonostante io deglutisca un paio di volte nel tentativo di calmarmi. Non mi piace aver perso la loro fiducia, né che un probabile assassino li sta cercando, per non parlare di quello che mi ha appena detto Paris. Non hai fatto altro che rovinarci la vita. So che è vero, lo sapevo dal primo momento in cui ho accettato la missione, per cui perché diavolo mi fa così male sentirglielo dire? Chase aveva ragione: non mi perdoneranno mai. «Oggi tocca a te, vieni. Ti insegno a sparare.»

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