Capitolo 33

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Clyde's pov

È passata una settimana da quando Dylan ha denunciato Adam con quelle foto e lui è stato arrestato. Sei giorni in cui non vedo Paris, cinque giorni William. Il signor Collins ha un processo tra una settimana e mezzo, dove probabilmente verrà condannato per anni. I suoi figli non lo sono mai venuti a trovare un prigione adesso che ci è, e non sono sicuro che verranno al processo.

Forse sono impazzito e le mie ore di sonno perse hanno mandato in fumo i miei ultimi neuroni funzionanti, altrimenti non mi spiego perché sono venuto qui. Steven mi ha dato un giorno libero quando ha visto le mie occhiaie, i capelli dritti e gli occhi rossi perché non riesco a dormire più di due ore a notte. Ma questo non giustifica perché sono davanti casa di Paris, probabilmente non uscirà neanche. Non ho idea se Darren e Bethany abbiano scoperto la verità, ma credo proprio di sì. Non faccio altro che chiudere gli occhi e ripetermi che non è reale, ma, quando ritorno nel mio vero e vecchio appartamento, dove Paris non è mai entrata e dove non c'è il suo odore sul cuscino destro del letto, mi rendo conto che è successo davvero. Non è un incubo, l'ho persa e non c'è niente che io possa fare per riavere la sua fiducia. Però so che io devo iniziare a sentirmi meglio, perché avrò fatto anche lo stronzo, ma almeno adesso non devo più mentire.

È per questo che decido di andare a bussare a casa sua e dirle esattamente tutta la verità. Ho fatto una lista di tutte le cose su cui non sono stato onesto. L'ultima volta che l'ho vista mi ha fatto qualche domanda, ma poi si è concentrata su suo padre. Il cuore mi martella forte nel petto quando mi decido a premere il campanello. È proprio lei ad aprirmi la porta.

Quando mi vede inarca un sopracciglio, poi fa per chiudere di nuovo porta, ma riesco a mettere un piede davanti e a bloccarla. «Devi arrestare qualcun altro?» Nella sua voce c'è un tono stranamente sarcastico che le ho sentito poche volte. Ha i capelli legati in una coda, un po' sporchi, e gli occhi rossi di pianto.

«Sono qui per parlare.» In realtà confessare, ma già sembra volermi sputare in un occhio, figuriamoci se le dico che sto per ammettere tutte le cose che ho omesso su me stesso. «Cinque minuti e poi me ne vado.» Spero con tutto me stesso che mi dica di restare, ma so che è impossibile. Già è tanto se mi sta dando la possibilità di rivolgerle la parola.

Paris ha dei pantaloni della tuta e una felpa più grande di lei. Probabilmente è di William o Darren. «Hai due minuti e mezzo e, se dopo non te ne vai, Liam sarà felice di farsi arrestare per aggressione ad un poliziotto.» Non lo arresterei mai, piuttosto lo spronerei a picchiarmi perché me lo merito.

Annuisco e prendo dalla tasca dei jeans il foglio spiegazzato con tutte le bugie che le ho detto. «Quando eri all'interrogatorio non ti ho potuto dire tutto, perché eravamo controllati. Quindi voglio farlo adesso perché hai ragione, ti ho privato di ogni prima volta e ti meriti che io sia onesto con te adesso.» Paris si appoggia allo stipite della porta con le braccia incrociate. Sembra ancora più piccola, ricurva in se stessa e con il viso stanco. Mi chiedo come sarebbe risentire il calore delle sue labbra sulle mie o le mie braccia che la avvicinano a me. Lei non parla, mi fissa e basta tra un miscuglio di dolore e rabbia stampato in faccia, e mi schiarisco la voce prima di parlare. «Ho mentito sul luogo in cui provengo, non sono del Michigan. Sono nato e cresciuto qui a Los Angeles. Non ti mentito sul fatto che sono tornato da poco qui, perché prima sono stato mezzo anno a New York per un'altra missione.» Non ho neanche il coraggio di guardarla. «Ti ho mentito sui miei genitori. Non partono spesso per lavoro, sono morti qualche mese fa, ma erano anche loro dell'FBI. Non ti ho mentito su zia Abbie e zio Ross o sul fatto che ho vissuto con loro fino ai miei sedici anni. Davvero i miei mi hanno abbandonato da loro, mi hanno cercato solo perché serviva un ragazzo come agente.»

«Ti ho mentito su Chase e Chloe, lui non è mio cugino e lei non è la sua ragazza. Chloe era mia amica, ma negli ultimi mesi non andiamo molto d'accordo. Non ti ho mentito sul fatto che prima di te avessi avuto altre ragazze. Sei stata davvero la prima con cui sono stato insieme. Ho mentito sulla mia età. Non ho diciannove anni come Liam, ma ventidue. Ho finito il liceo quattro anni fa. Non ho mentito su ciò che provo per te. Mai.» Finalmente ritrovo il coraggio per alzare lo sguardo e guardarla. Si sta mordendo forte il labbro mente posa gli occhi su tutto tranne che me. «Puoi dire qualcosa?»

UndercoverWhere stories live. Discover now