Capitolo 11

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Clyde's pov

La settimana non è iniziata nei migliori dei modi. Il lunedì ho avuto una crisi di pianto in ufficio, dopo aver sentito la commemorazione dei miei genitori, e non sono come sono finito lì per ore. Mi ha ritrovato Chase alle otto di sera, mi ero addormentato accasciato sulla porta e per aprila mi ha quasi rotto un braccio. Almeno non ha fatto caso alle lacrime secca sulle mie guance, o forse semplicemente non ha detto niente perché sa che non mi va di parlargli di questo.

Però oggi è venerdì e, anche se sono qui per la missione, ho un solo pensiero in testa: football. È il grande giorno della partita e a questo liceo lo prendono tutti molto seriamente. Paris ieri mi ha scritto che veniva presto a scuola per decorarmi l'armadietto, e ho un po' paura di quello che ha combinato. L'ho vista troppo emozionata ed euforica in questi giorni per aspettarmi qualcosa di placato e la solita decorazione da cheerleader. Al mio ultimo anno di liceo la cheerleader che mi era stata assegnata, Cassidy, metteva sempre delle calamite a lettere colorate che formavano la scritta "buona fortuna". Non mi aspetto nulla del genere da Paris.

Sono in ritardo di cinque minuti, per cui i corridoi sono quasi vuoti. Sento il rumore delle mie scarpe riecheggiare, e trattengo uno sbuffo. Non ho per nulla voglia di seguire le lezioni, vorrei solo andare direttamente alla partita di football. Se qualcuno mi avesse detto, da adolescente, che quando avrei iniziato a lavorare sarei dovuto ritornare a scuola anche solo per un breve periodo, allora forse avrei cambiato lavoro. Mi fermo non appena vedo il mio armadietto e poi mi metto a ridere. Tra tutti gli armadietti grigi, è impossibile non notare il mio.

Ha dei festoni luccicanti rossi tutti intorno, al centro c'è il numero della mia maglietta, il 4, in bianco, nello stesso stile dei festoni. Mi viene da sorridere. Nessuno si è mai impegnato così tanto a decorarmi l'armadietto, anche perché quando sono più vicino noto che ci sono anche dei coriandoli attaccati. Lo apro, cercando di non rovinarlo, e parte la canzone di Glee che le avevo detto. Thriller, un mix fatto anche con un'altra che non mi ricordo. Rido di nuovo e prendo il libro che mi serve, notando un biglietto piegato vicino.

Spero ti piaccia l'armadietto. Ho un'altra sorpresa per te
- P

Ultimamente ci mandiamo spesso cuori per sms, ma leggerlo su un bigliettino è tutt'altra storia. Rimetto il biglietto al suo posto, me lo porterò a casa più tardi, e chiudo l'armadietto. Si interrompe anche la musica e mi chiedo come abbia fatto a mettere il sensore senza aprirlo. Beh, suo padre è un criminale, forse lei non lo è, ma sicuramente ce l'ha nel sangue.
«Allora, ti piace?» Paris spunta alle mie spalle, così sobbalzo. Appena mi giro, non riesco a trattenere un sorriso. Ha cambiato acconciatura, oggi. Ha una treccia alta, la frangetta è disordinata sulla sua fronte e le sta molto meglio. Non è quello che mi fa sorridere, però. Sono le guance. Ha le iniziali del mio nome.

Nome finto, però in questo momento è pur sempre il mio nome. «Lo adoro, Paris. È stupendo.» Vorrei aggiungere anche che lei è stupenda, ma qualcosa mi trattiene. Forse è il pensiero che la sto prendendo in giro, anche se questo lo penso sul serio. In genere le ragazze dei giocatori di football si mettono le loro giacche o si segnano le iniziali del nome o il numero sulle guance. Paris non è ancora la mia ragazza, ma per qualche strano motivo si è sentita di fare come se lo fossimo.

Proprio per questo, lei si passa una mano sull'altro braccio, quasi avesse freddo. «Ne sono felice, Blake. Se ti dà fastidio che ho le iniziali sulla faccia, o il numero, o qualunque altra cosa posso-» Non le lascio neanche finire la frase, che poggio le mie labbra sulle sue. Paris è sorpresa e tesa, ma poi si scioglie e appoggia una mano sul mio petto. Mi viene da sorridere ancora di più mentre la bacio e le accarezzo il retro del collo, perché non voglio rovinarle le mie iniziali sulle guance.

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