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Dire che ho dormito questa notte è quasi un paradosso.
Tra 10 giorni inizio la magistrale e Federica mi ha detto che stanno aspettando di esaurire le graduatorie, ma per ottobre mi richiameranno a scuola.
Quindi al momento non sto facendo niente, metto a posto tutto, come per fare spazio ai pensieri.

Sono le 7 di mattina e sono qui a rigirarmi nel letto, mentre sento mio padre che si prepara per andare al lavoro.
"LUDOVICA" urla. Che se non fossi già sveglia così lo sarei di sicuro.
"Cosa?" Rispondo.
"Vieni giù, di corsa".
Nella mia testa passa tutto quello che ho fatto negli ultimi giorni, cercando di capire cosa possa avere sbagliato che lo abbia irritato così tanto.
Prendo una felpa, lo sbalzo di temperatura qui in Brianza a settembre è assurdo: di giorno si muore di caldo, la sera e la mattina sembra di stare al polo nord.
Se i guru della moda potessero vedermi si metterebbero le mani nei capelli: un pantaloncino blu, una maglietta oversize nera e una felpa rosa.
Tra l'altro una felpa non mia, ma di Lando. Non sono riuscita a restituirgliela, mi piace troppo.

Corro giù dalle scale e, mentre mi stropiccia gli occhi, noto che mio padre è davanti alla porta di casa che fissa il cancello.
"Si può sapere per cosa urli?" Insisto.
"C'è posta per te" mormora.

Sarà che la mattina non brillo di intelligenza, ma non riesco proprio a capire.
Mi giro confusa a cercare una lettera o un pacco e infine guardo fuori: c'è una persona al cancello.
Sì nasconde, il cappuccio gli copre gli occhi che sono rivolti verso il basso. Una sensazione strana invade il mio corpo, come se capisse meglio lui cosa sta succedendo.

Sono pietrificata, non so cosa fare.
Mio padre apre il cancello, ma la figura rimane ferma, come se fosse timida.
Le mie gambe si muovono sul vialetto e a piccoli passi arrivo al cancello.

Ho una sola speranza e quella sagoma mi è troppo famigliare. Chiaramente so cosa sta succedendo, ma non riesco a realizzarlo.

"Non sapevo se andassi al lavoro, non sapevo se avessi piani, non sapevo se trovarti qui" mi dice.
"Sono qui" rispondo.
"Mi va bene che porti fortuna alla Ferrari, mi va bene che abbracci Carlos, che mangi il gelato con qualcuno che non sia io, mi va bene che ti ubriachi con Luca, che viaggi per il mondo senza venire a cercarmi. Ma ti prego, non dirmi che stai bene senza di me. Hai sentito anche tu quello che ho sentito io quando ieri ci siamo ritrovati tra le braccia di Sainz? Ludi, non voglio trovare nessun'altra, possiamo tornare almeno amici? Ho bisogno di te che mi tranquillizzi quando ho la vista annebbiata, che tu sia sotto il podio per poterti dedicare tutte le mie vittorie. Non chiedo di mettere a repentaglio la tua vita, ti chiedo solo di rimanere al mio fianco".

Come detto prima, non sono particolarmente intelligente di mattina, soprattutto se non ho dormito tutta notte. Quindi prendo l'unica decisione che riesco a pensare.

Lo bacio. Fregandomene del fatto che sia vestita come un clown, che siano le 7 di mattina, che dietro di noi ci sia mio padre che ci guarda, dei vicini che stanno uscendo per andare al lavoro.

Lo bacio perché questi 6 mesi sono passati, ma non c'è stato un solo giorno in cui io non abbia pensato a lui.
E allora forse ne vale la pena? Ne vale la pena stare separati se tanto si soffre comunque? Credo di no.

"Vieni dentro" gli dico.
"Ma non dovresti essere a casa? Charlotte lo sa?" Aggiungo.
"Charlotte tifa per noi due da mesi, non mi sopporta più e ieri sera mi ha suggerito di prendere una decisione. Così stamattina ho rubato la macchina a Jon e sono venuto qui"
"Tu cosa?" Rido.
"Ormai la strada per venire da te la so".
"Vuoi un caffè?" Chiedo.
"Non devi andare?"
"No, sono a casa oggi".

Mio papà ci saluta, dando una forte pacca al ragazzo a cui suggerisce di "fare il bravo". Poi guarda me e fa un occhiolino.

Si crea un po' di imbarazzo ora che siamo soli. Ora che dobbiamo razionalizzare ciò che è successo.

Mi guardo e realizzo di essere in pigiama, poi cerco il suo sguardo: sorride perché mi sono resa conto che indosso una sua felpa davanti lui, dopo tutto quello che è successo.

"Quindi ti mancavo anche io?" Si rivolge con tono sarcastico facendo riferimento all'indumento.
"No è che... Avevo freddo" rispondo seccata.
"Va be' dai ti credo" replica ridendo.

Mi verso una seconda tazza di caffè, forse per noia o per ansia.
Lui mi scruta e io arrossisco. Ci sarebbero milioni di cose da dirsi, eppure questo silenzio sembra già abbastanza.

Ludo però guarda come hai trattato questo ragazzo e guarda cosa sta facendo lui per te. Non è una motivazione sufficiente per tornare insieme? Le soluzioni si trovano se si vuole e lui te lo sta dimostrando.
È chiaro che faccia paura, ma questi mesi sono stati sufficienti per dimostrare il tutto.
Non è più il ragazzo di sei mesi fa, bisogna anche capirlo: era all'inizio della nuova stagione ed è partito bene, probabilmente si è sentito completamente coinvolto e non è riuscito ad equilibrare il tutto. Ha imparato la lezione.

"Vorrei sapere a cosa pensi" mormoro.
"E perché?"
"Non so, siamo qui a guardarci, ma vorrei entrare nei tuoi pensieri" ammetto.
"Non credo tu lo voglia davvero. Sai perchè ti guardo? Perché non ho potuto farlo per mesi e ora cerco di recuperare"
"Sei proprio un lecchino".
"Però è vero".
"Mi spiace davvero per quello che è successo" cambio discorso.
"Lo so. Spiace anche a me, eppure non mi sono arreso".
"Infatti quasi non ti sopporto, come fai ad essere così persistente?"
"Perché so che ti farai perdonare".
"E come?"
"Questa volta vieni in Russia?"
Mi coglie alla sprovvista.

I miei occhi sono fissi su di lui, ma non riesco a proferire parola.
Una vibrazione spezza il silenzio e tutti e due puntiamo gli occhi sullo schermo: è Zak Brown.

Spazio autrice

OLEEEEEEEEEEE
Non ne potevo più neanche io di farli rimanere separati. Ma si sa, per le cose belle bisogna soffrire.

Siamo agli sgoccioli. Credo che presto saluterò Lando e Ludi che mi hanno permesso di esorcizzare un po' delle mie paure e dei miei dolori.

A piccoli passiWhere stories live. Discover now