Sedici.

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Sequestro.

Trascino i piedi lungo il pavimento fresco della casa, con ancora il borsone sulla spalla destra e le scarpe tra le mani. Le adagio vicino all'armadio, in camera, lasciando il borsone ai piedi del letto. Mi dondolo sui talloni, interrogandomi su come avrei parlato con Gianmarco, senza esplodere in un pianto nervoso.

Odio, da sempre, il mio essere così emotiva, il mio non saper affrontare e prendere le situazioni di petto, senza farmi trasportare dai sentimenti. Affondo le mani tra i capelli, prendendo un respiro profondo e cercando di calmarmi.

Il rumore della porta della stanza che si chiude mi fa spaventare, costringendomi a voltarmi di scatto verso di essa. Socchiudo gli occhi per qualche secondo quando incrocio i suoi occhi, nella speranza che una volta aperti lui svanisca. Ma ciò non succede.

Gianmarco rimane in piedi davanti alla porta, con le mani dietro la schiena e il corpo appoggiato all'entrata. Indossa una canottiera bianca e dei pantaloni neri della tuta, probabilmente anche lui tornato da poco dalla sua lezione.

"Ti prego, Arianna, parliamo. Sono stanco di rincorrerti, di aspettarti"
Pronuncia, supplicandomi con i suoi occhi sinceri. Il cuore accelera, martellandomi nel petto.

"Allora smettila di aspettarmi, Gianmarco. Non ti ho mai chiesto di farlo, anzi ti ho chiesto proprio il contrario"
Ribatto, con tono velenoso. Mi siedo sul letto, aprendo il borsone e tirando fuori da esso i vestiti da mettere a lavare. Li getto sul pavimento, osservando con la coda dell'occhio ogni suo movimento.

"Smettila di fare la stronza, non ti riesce bene"
Commenta, sbuffando una risata. Chiude la porta a chiave alle sue spalle, potendosi finalmente allontanarsi da essa, e fa cadere la chiave nella tasca dei suoi pantaloni. Si avvicina alla seconda, ed ultima, entrata, facendo la stessa cosa, per essere sicuro che io non potessi uscire da lì — almeno finché non ha ottenuto ciò che desidera.

"Si chiama sequestro di persona, e non è legale"
Pronuncio, sollevando il viso nella sua direzione. Alza gli angoli della bocca e si avvicina a passo leggero a me, chinandosi subito dopo alla mia altezza.

Appoggia le mani sulle mie ginocchia, per poter rimanere in equilibrio. I suoi occhi si incatenano ai miei e faccio fatica a distogliere lo sguardo. Le sue mani calde a contatto con la mia palle mi fanno venire la pelle d'oca, che cerco di nascondere con scarsi risultati ai suoi occhi.

Gianmarco.
I capelli le ricadono lungo il viso, mentre tra i denti morde, imbarazzata e nervosa, il labbro inferiore. Agitata gioca con l'elastico che ha al polso, leggermente rovinato da questa sua abitudine. Le gambe magre di muovono leggermente sotto le mie mani, e cerco di tenerle ferme facendola rilassare sotto il mio tocco. Ma dai suoi lunghi e pesanti respiri capisco di star peggiorando solamente la situazione. Quindi, mi allontano da lei, mettendomi seduto per terra.

"Io non ho nulla da dirti"
Mente lei in un sussurro, dando voce ai suoi pensieri.

"Ma io sì, io ho diverse cose da dirti"
Ammetto sicuro, pronto a voler mettere un punto a questa situazione. Devo tirare fuori tutte le mie emozioni, glielo devo.

"Non hai il diritto di fare così, Gianmarco. Non puoi rinchiudermi in una stanza e pretendere di essere ascoltato"
Continua lei sulla difensiva, alzando leggermente il tono della voce.

"Lo so, Arianna, lo so. E credimi, non volevo di certo arrivare a questo per poter parlare con te. Ti ho chiesto più volte la possibilità di chiarire certi miei atteggiamenti, ho fatto mille sceneggiate nella speranza che tu potessi venire da me, ho cercato di attirare la tua attenzione, ma evidentemente questo è l'unico modo per poter parlare finalmente da soli. E sono disposto a sentirmi urlare addosso le peggio cose, quelle che ti tieni dentro da mesi, pur di avere la possibilità di potermi spiegare"
Pronuncio serio, interrompendola. Il cuore mi scoppia nel petto, mentre si forma un nodo stretto in gola.

Smettila di aspettarmi | Gianmarco PetrelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora