3. Violino

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Cheyenne
Chiudo la portiera dell'auto con un sospiro di sollievo e mi stringo nella giacca quando la fredda aria newyorchese colpisce le gambe nude. Le prove con le cheerleader sono appena finite ed è tardo pomeriggio, che a dicembre significa che il sole sta sprofondando dietro i grattacieli, mentre invece la malinconia scivola come un'ombra a coprire la città.
Alzo lo sguardo verso il negozio che vende qualsiasi componente per qualunque strumento musicale. I crini del mio archetto hanno deciso di rompersi mentre provavo oggi, e mi sono accorta di non averne altri di ricambio, e tra un paio d'ore ho lezione. Ovviamente mia madre non si è preoccupata affatto di risolvere il problema, così ho dovuto fare una deviazione sulla via di ritorno e allungare fino da Figaro, il suddetto emporio musicale. Spingo la pesante porta a vetri ed entro. Adoro Figaro, c'è davvero di tutto, ma il proprietario è un pazzo, nel senso buono del termine. Ha sempre la testa fra le nuvole, o meglio, fra gli spartiti e il negozio è sempre preda di un disordine inconcepibile. Certo, quando gli chiedi di trovarti qualcosa – non si sa come – riesce sempre ad accontentarti, ma è proprio spiacevole alla vista un luogo così tanto disordinato.
«Oh! La mia violinista preferita, Cheyenne! Come stai?» Figaro spunta da dietro un mucchio di piatti per la batteria e mi fa un sorriso enorme. Ha la erre leggermente moscia, un grosso paio di occhiali dalla montatura rosso acceso sempre storti sul naso e un'esplosione di capelli mori e ricci in testa. Ovviamente il suo è uno pseudonimo, ma nessuno conosce il suo vero nome.
«Sto benone, tu?»
«Diciamo che me la cavo, ho molto lavoro in questo periodo! Tantissimi ragazzi si sono avvicinati alla musica in questi ultimi mesi, e non posso che esserne felice... comunque, cosa ti porta da me? Qualche problema con il tuo strumento?» Quando Figaro inizia a parlare è davvero difficile farlo smettere.
«Mi servono dei crini per l'archetto.»
Figaro si carezza il pizzetto poi mi fa segno di aspettare e si tuffa in una pila di custodie per chitarra. Mi avvicino alla parete sulla quale sono appesi tutti i violini e carezzo il legno delicato con la punta delle dita. Un sorriso nostalgico mi si dipinge sul viso quando noto il Forenza F1151A. Ho cominciato con questo violino, un modello discreto, eccellente per i principianti. Ho dovuto faticare per convincere i miei, quando ho cominciato a diventare bravina, a comprarmene uno migliore. Alla fine è stato mio padre a vincere le resistenze di mia madre, e mi ha regalato il Cremona SV-150 a Natale, l'anno scorso. Non credo di essere mai stata così felice in tutta la mia vita, avevo le lacrime agli occhi. Istintivamente porto le mani alla custodia sulla mia schiena. Non è un modello dal valore inestimabile, ma permette di suonare a livelli intermedi, ed è composto al fondo e ai lati in abete e acero lavorati a mano, il che è importantissimo per il suono.
Di fianco al Forenza c'è un violino elettrico, precisamente lo Yamaha SV150S-BLS, un altro dei miei desideri più grandi. So che è impossibile che i miei me lo comprino, specialmente perché il prezzo oscilla attorno ai duemila dollari. Una cifra che non sarebbe esorbitante se venisse spesa in cene galanti, brunch o stupide partite a golf, il problema è appunto il suo fine, perché il mio sogno non è quello che mia madre ha previsto per me. Detesto tutto questo, e non so come fare per combatterlo. Attualmente la mia tattica è evitare di pensarci e ripetermi che ho ancora tempo, ma il fantasma dell'università incombe su di me, attaccato alle calcagna.
«Li ho trovati!» Figaro mi riporta alla realtà porgendomi una busta con dentro un mazzo di crini. «Te li sostituisco.»
Prendo la custodia e la apro, estraendo il violino e l'archetto. Figaro lo prende con delicatezza fra le dita e rimuove i crini spezzati. È l'unico di cui mi fido a parte il mio insegnate e che è bravo a svolgere questa procedura. Sostituire i crini è davvero complicato, ci ho provato da sola una volta e ho rischiato di rompere l'archetto, Figaro avrebbe voluto uccidermi quando mi sono precipitata da lui quasi in lacrime. Da quel momento mi ha detto che qualsiasi problema avessi avuto con il violino sarei dovuta venire da lui.
Mi metto seduta di fronte a lui mentre svolge la lunga procedura.
«Com'è andata a scuola?» mi chiede mentre taglia i crini.
«Come sempre, nulla di speciale» a parte Allen James. Ho accettato di andare a una festa con lui. Sono pazza. Cosa racconterò a mia madre?
«Io lo dico sempre che sei troppo intelligente per loro» commenta Figaro. Mi apro spesso con lui riguardo alla mia situazione scolastica e qualche volta anche familiare, forse perché è l'unica persona al mondo con cui ho un minimo di affinità, e sa sempre darmi buoni consigli e convincermi a credere nelle mie capacità, che lui reputa superiori a quelle dei miei coetanei.
«O forse sono io a non essere alla loro altezza» Nonostante sia molto sicura di me, è un dubbio che mi tormenta da sempre. Non ho mai trovato un luogo adatto a me nel mondo, e non può essere sempre colpa degli altri.
«Non credo, Cheyenne, tu hai una sensibilità straordinaria e dentro di te c'è qualcosa di magnifico. Sei solo capitata nel posto sbagliato, con persone che cercano di sopprimere il tuo bellissimo io interiore» mi dice serio. Sono rare le occasioni in cui Figaro non scherza o fa battute. Il cuore inizia a battermi più forte. Nel posto sbagliato.
«Apprezzo davvero che tu abbia quest'alta considerazione di me, ma non è così, Figaro.»
«Perché ti sminuisci? Sei una ragazza bellissima, intelligente e molto sensibile, inoltre hai carattere e non ti lasci fermare dagli ostacoli. Non permettere alla tua famiglia o a chiunque altro di portarti via i tuoi sogni, perché hai tutto ciò che ti serve per realizzarli.» Detto questo mi restituisce l'archetto con i crini perfettamente tesi. Sorrido involontariamente di fronte a tutti quei complimenti.
«Sei fantastico, Figaro.»
«Lo so, cherie» commenta. Oh, Figaro adora il francese, forse è per questo che gli sono stata simpatica sin da subito. «Aspetta, ti prendo la colofonia, così lo provi subito.» La colofonia, detta comunemente "pece greca", è un misto di varie resine che viene passata sui crini per ottenere l'attrito necessario a mettere in vibrazione le corde del violino.
«Merci, Figaro» dico con accento francese quando me la porge dopo aver cercato in vari cassetti, e lui sorride.
«De rien, ma cherie
Passo la colofonia sui crini e poi suono una scala di Sol maggiore.
«È un po' scordato» constata Figaro. Io ci sto ancora lavorando sull'orecchio musicale, non noto quando è di pochissimo scordato, come adesso.
«Alla faccia della sensibilità artistica» commento sconsolata.
«Questo si impara col tempo, Cheyenne. Da' qua.» Gli passo il violino e lui lo accorda ruotando i piroli nel cavigliere. «Se ancora non riesci a capire bene quando è accordato a orecchio, usa il diapason.»
«Lo farò» borbotto, poi riprendo il violino e lo ripongo nella custodia insieme all'archetto. «Ti ringrazio davvero, Figaro, quanto ti devo?»
Lui scuote la testa violentemente facendo ondeggiare i ricci color caramello. «Proprio niente.»
«Per favore, basta con questa storia delle manutenzioni gratuite!» replico all'istante mettendo mano al portafoglio.
«Non li prendo, Cheyenne. Ciao, passa una buona serata!» dice con un sorrisetto lasciandomi con la mano che stringe un pezzo da cinquanta a mezz'aria.
«Andiamo, Figaro, qui si tratta di lavoro» provo a dire, ma non c'è verso.
«Lo faccio con piacere.»
«Ti detesto.»
Veniamo interrotti dalla porta che si apre. Una ragazza con lunghi capelli biondi entra cauta nel negozio, guardandosi intorno con gli occhi sgranati. Prima volta da Figaro, probabilmente.
«Buonasera bella donzella, come posso esserti utile?» Figaro le rivolge un sorriso accogliente, che lei ricambia.
«Dovrei comprare un violino per principianti, sa, per un corso per la scuola» dice. Non so perché ma ha qualcosa di familiare. I tratti del viso, il taglio degli occhi... mi sembra di averla già vista da qualche parte. Lei mi guarda stranita, probabilmente perché la sto osservando con le sopracciglia aggrottate e un'espressione pensierosa in volto, quindi la smetto all'istante.
«Che scuola frequenti, cara?» le domanda Figaro prendendo il Forenza F1151A.
«La Silverhood High.» Drizzo le orecchie a quel nome e mi irrigidisco, mentre la maschera che indosso dentro quel posto mi si cuce immediatamente sul viso. Non l'ho mai vista in questi quattro anni, e bene o male conosco tutti, quindi deve essere per forza una freshman, anche se dimostra molto più di quattordici anni. Tuttavia c'è questa somiglianza che continua a turbarmi...
«Oh! Non è la scuola che frequenti anche tu, Cheyenne?» mi chiede sorpreso Figaro. Se prima ero completamente esclusa dalla conversazione sia a livello verbale che fisico, ora mi sembra di essere magicamente comparsa fra loro due. Deglutisco. Non mi piace che persone che mi conoscono come Cheyenne la popolare, riccona viziata frequentino gli spazi in cui sono me stessa.
«Già» rispondo secca.
La ragazza mi guarda incuriosita, riesco a distinguere il colore azzurro dei suoi occhi per quanto è vicina. E c'è qualcosa in quelle iridi che ho già visto da qualche altra parte. Stringo la custodia fra le mani.
«Cheyenne Leroy, giusto?» mi chiede, ma nel suo sguardo vedo solo curiosità, nessun tipo di pregiudizio. Annuisco. «Ti ho vista a mensa con la squadra di football e le cheerleader.» Non suona come un giudizio, ma semplicemente come una constatazione.
«Sono nelle cheerleader» dico semplicemente, la voce ferma e sicura. È incredibile come ci lamentiamo delle etichette che ci affibbiano, quando poi non facciamo altro che fare la stessa cosa con noi stessi.
«Mi piacerebbe tanto entrare in squadra!» esclama estasiata lei. Faccio scattare le sopracciglia verso l'alto. Questo sì che è strano, anzi no. Non dovrebbe sorprendermi: nel gruppo dei popolari o si vuole assolutamente evitare di entrarci, oppure lanciarcisi dentro ad ogni costo.
«Devi parlare con Courtney Dean, è lei il capitano, ti farà fare un provino per entrare nelle cheerleader» le spiego.
«Aspetta: mi piacerebbe tanto entrare in squadra, ma mio fratello non è d'accordo. Dice che quel mondo non fa per me. Vai a capire cosa significa!» esclama lei ruotando gli occhi al cielo con le braccia incrociate al petto. Fratello? Questo potrebbe essere un indizio.
«Chi è tuo fratello?»
«Allen James, lo conosci?»
Quasi mi viene un infarto. Allen ha una sorella? Ma certo! Il taglio degli occhi, i lineamenti del viso, la parlata... sono uguali. Vorrei prendermi a schiaffi per non esserci arrivata prima. Non mi manca solo la sensibilità artistica e l'orecchio musicale, a quanto pare, ma anche la memoria fisionomista e un po' di logica.
Non so perché ma sapere che questa ragazza è sua sorella mi fa abbassare un po' la guardia.
«Sì, ci conosciamo di vista, insomma» nonostante tutto sono molto cauta, perché se la mia "amicizia" con Allen venisse fuori, e quindi arrivasse a mia madre, potrei dire addio al fragile futuro che sto costruendo parallelamente a quello che lei vuole per me. E non posso permetterlo. So che la soluzione più facile sarebbe fingere che gli incontri con Allen non siano mai avvenuti, ma se c'è una cosa che mi è mancata durante tutta la mia vita, quella è il calore umano. Il calore umano di un mio coetaneo, soprattutto. Perché ho un bel rapporto con Figaro, Lauren e il mio insegnante di violino, ma non ho mai avuto un vero e proprio amico, e Allen è ciò che più vi si avvicina, anche se non sento di voler etichettare ciò che c'è tra noi. È vero, e non ha bisogno di essere etichettato. Ciò che è falso viene etichettato. Il "gruppo dei popolari", le cheerleader, i giocatori di football, i nerd... tutte stronzate. È facile suddividere le persone in gruppi ed escluderle a prescindere.
«Ah» commenta lei con una strana espressione. «Comunque io mi chiamo Amy.»
Stringo la mano che mi porge. «Piacere di conoscerti.»
«E io sono Figaro.» Quasi sobbalzo quando la sua voce fa scoppiare la bolla in cui eravamo io e Amy. Mi ero dimenticata che fosse qui.
«Piacere, Figaro» sorride lei. È davvero molto carina, beh, è la sorella di Allen. Rimango colpita da questo pensiero, ma in fondo non è nulla di falso, Allen è oggettivamente un gran bel ragazzo.
Figaro le spiega tutto ciò che c'è da sapere sul violino: i materiali, i componenti e anche qualcosa sulle note e gli spartiti. Io sono con la testa da tutt'altra parte, e mi chiedo perché ancora non sono in macchina diretta verso casa. Finalmente mi riscuoto e interrompo il monologo di Figaro su quanto sia importante avere un liutaio di fiducia per qualsiasi evenienza. «Io vado a casa, ho lezione, ci vediamo Figaro. Ciao, Amy, è stato un piacere.»
«Ciao, cherie, mi raccomando tieni sempre a mente quello che ti ho detto. Buona serata.» Figaro si sistema gli occhiali, poi mi sorride. Ricambio il suo sorriso.
«Ciao, Cheyenne, spero di rivederti a scuola!» Amy mi rivolge un sorriso radioso che le illumina tutto il volto. È molto più che "carina", mi correggo. Il suo sorriso mi lascia stranamente di buonumore e salgo in macchina felice, ma solo a pensare all'imminente cena con la mia famiglia, un'ombra scura si manifesta inghiottendomi completamente.

Misfits - DisadattatiWhere stories live. Discover now