9. Ti piace il football?

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Cheyenne
Oggi ho sbagliato tutto. Letteralmente. È forse la giornata più fredda da quando è finita l'estate, la temperatura sfiora i venti gradi sotto lo zero e io indosso soltanto un paio di boyfriend jeans che mi lasciano inesorabilmente le caviglie e buona parte del polpaccio scoperti, un maglione scollato e delle scarpe da ginnastica, con dei calzini così bassi da non superare nemmeno la caviglia. Entro a scuola in modo così veloce da sorprendermene io stessa, e mi appresto a raggiungere il termosifone nel corridoio, quello vicino agli armadietti. Mi spalmo sopra di esso nel tentativo di scaldarmi, mentre sento letteralmente la mia pelle scongelarsi davanti al fioco tepore. Sono quasi in pace con il mondo, quando Courtney decide di rovinare l'idillio semi-paradisiaco.
«Ciao, Chey, come va? Siccome questo sabato non siamo andate a fare shopping, non sono riuscita a ricordarti che a breve, subito dopo le vacanze di Natale, ci sarà la partita dei ragazzi... dobbiamo ancora lavorare molto sulla nuova coreografia, così ho deciso di raddoppiare le ore di prova ed estenderle anche al venerdì pomeriggio... dunque ci vediamo oggi!» Spara questa serie infinita di informazioni con un sorriso cordiale stampato in volto, mentre io mi sento morire dentro.
«Proprio il venerdì?» Anche il signor Meyer, il mio insegnante di violino, purtroppo ha deciso di fare del venerdì – prima giorno sporadico – appuntamento fisso per le nostre lezioni.
«Sì, il resto dei giorni le altre ragazze sono impegnate con progetti scolastici, mi dispiace» sorride ancora, e a me viene il voltastomaco. Perché sono così sfortunata? Chi lo dirà a Meyer? E a mia madre? Detesto queste situazioni, quando le cose smettono di filare lisce e si increspano su loro stesse. Sbuffo tra me e me, salutando Courtney che raggiunge quello scimmione di Brad ridendo come una gallina. Forse Courtney è l'unica che reputo vagamente intelligente, solo che si rifiuta di esprimere le sue doti a favore della figura della bella senza cervello. Alzo gli occhi al cielo e decido finalmente di spogliarmi della giacca, che lascio all'interno del mio armadietto con non poca fatica. Prove il venerdì pomeriggio... e così sia, di sicuro non posso tirarmi indietro, è più facile trovare un accordo con Meyer, ed è quello che mia madre preferirebbe, dunque...
Sono passate due settimane dalla festa con Allen, e tutto è stranamente filato liscio. Durante tutta la prima settimana la tachicardia non mi ha mai abbandonata, continuavo ad immaginarmi il momento in cui mia madre avrebbe fatto irruzione in camera mia urlandomi contro che sapeva tutto e che non avrei più messo piede fuori casa né frequentato Allen. Invece niente di tutto ciò è successo, e la mia ansia è diminuita. Oso quasi pensare di averla scampata liscia, il che sarebbe davvero comico per il fatto che mia madre afferma di avere orecchie dovunque. Dopotutto le sue orecchie sono la signora Rousseaux, e se lei non sa nulla lo stesso vale per mia madre.
Prendo dall'armadietto i libri della prima lezione e vado verso le scale. Mentre attraverso la folla di studenti che corre su e giù, la solita maschera mi cala sul volto senza che possa farci niente. È un atteggiamento così naturale che non ci faccio più caso. 
Le vacanze di Natale sono vicinissime, dovrebbero cominciare questo venerdì, e già vedo sui volti dei miei coetanei sguardi sognanti per il pensiero della famiglia, dei regali, del calore e del relax delle feste... io invece odio il Natale, davvero con tutta me stessa. Non ho mai trascorso uno di quei famosi "Natali in famiglia", i miei si sono sempre trovati da qualche parte nel mondo, io e mia sorella da piccole rimanevamo con il personale che continuava a occuparsi di Villa Leroy, tranne nei giorni di festa, come per esempio il giorno di Natale, che passavamo a volte dai nostri nonni, in Francia, oppure con qualche babysitter pagata fior di quattrini. Il punto è che non siamo mai stati tutti insieme, e la cosa non mi sorprende. Poi, da quando Amélie ha conosciuto Lionel e io sono diventata abbastanza grande da sopravvivere in modo autonomo, rimango sempre da sola a casa, mentre tutti se ne vanno in giro per il mondo. In ogni caso odio il Natale, mi mette tristezza e solitudine, e non vedo l'ora che finisca.
Quando entro in aula c'è già qualcuno seduto, ma il solito posto di fianco all'ultima finestra è libero, e mi sbrigo a occuparlo. Ho lezione di scrittura creativa, un corso facoltativo che purtroppo sono stata obbligata a scegliere per una questione di crediti, ma non mi piace per niente. Non sono mai stata un'accanita lettrice, e la scrittura non è di sicuro il mio forte. Invece Allen adora questo corso, ed è strano che non sia già qui. Purtroppo devo stare molto attenta a dove mi siedo, altrimenti rischierei di far trapelare qualcosa sul nostro rapporto, anche se le voci corrono comunque rapide e inarrestabili. Tuttavia ancora non ho sentito nessuno parlare esplicitamente del nostro presunto avvicinamento, dunque posso stare tranquilla, anche se cerco di evitare di sedermi accanto a lui durante i corsi che frequentano anche gli altri membri del gruppo dei popolari, perché le voci posso smentirle, ma quello che vedono con i loro occhi no.
La campanella suona e anche gli ultimi ritardatari si apprestano a raggiungere l'aula, seguiti immediatamente dalla professoressa, che chiude la porta e va verso la cattedra, cominciando poi a fare l'appello.
Sbuffo e osservo il posto vuoto di fianco a me. Strano. Mi aspetta un'ora lunga e dolorosa.

Misfits - DisadattatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora