27. Rette parallele

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Cheyenne
È passato un mese dal Sadie Hawkins. Io e Allen non ci parliamo da quella fatidica notte. La conversazione che avremmo dovuto avere il giorno seguente non è mai avvenuta. All'inizio ho provato a cercarlo, a spiegarmi, a trovare soluzioni, ma dopo un po' mi sono resa conto che non ce n'erano. Io non avevo il coraggio di parlare con mia madre e lui si era stancato di aspettare. È incredibile come la fine di un rapporto possa essere racchiusa in una sola frase. Ci scambiamo ancora qualche parola sporadica quando ci incontriamo nei corridoi, ma non abbiamo più veramente parlato. Lui passa un sacco di tempo con Chantal. All'inizio cercavano di non darlo a vedere, ma poi è diventato evidente. Uscivano da scuola fianco a fianco e se ne andavano insieme, a volte arrivavano anche insieme. Adesso le voci che serpeggiano nei corridoi affermano che la loro relazione è stabile.
Ho trovato ogni scusa possibile nelle ultime quattro settimane per non uscire con Courtney e Chantal, ogni sabato mattina di shopping avevo o mal di stomaco, o febbre, o entrambi. La verità è che mi fa terribilmente male vedere il luccichio negli occhi di Chantal quando attraversa i corridoi. Sono sicura che prima anche io splendevo in quel modo, perché ero felice. Eppure mi sono sabotata da sola. Non ho ancora parlato con mia madre, non le ho detto di Allen, dei miei sogni, della Juillard, di Wendy. La mia vita sembra un conto alla rovescia verso la morte, senza che io abbia ancora effettivamente concluso qualcosa di significativo per me.
Amy non ha mai fatto domande nell'ultimo mese, e la cosa è davvero strana. Più volte sono stata sul punto di chiederle se Allen le avesse detto qualcosa, ma mi sono sempre trattenuta. Orgogliosamente non volevo che gli riferisse che avevo chiesto di lui. E così la situazione è rimasta invariata. Noi abbiamo continuato ad essere amiche come se non fosse successo nulla, e persino mia madre non ha niente da ridire su Amy perché è una cheerleader. Eppure, nonostante questa apparente calma, dentro di me urlo, grido, graffio le pareti di questo corpo, di questa vita che non mi appartiene. Cheyenne Leroy e il personaggio che interpreto hanno smesso di coincidere da quando ho conosciuto Allen, e ormai sono certa che un riallineamento non sia più possibile. Ci ho provato in ogni modo, eppure non riesco a tornare indifferente e passiva come prima.
Da quella fatidica sera neanche Jordan mi ha più cercato, e come biasimarlo. Ha provato più volte a chiedermi di uscire e ho sempre trovato una scusa per rimandare, inoltre sono abbastanza sicura che mi abbia visto andare via con Allen al ballo, e ho vissuto una settimana di panico con il timore che lo avrebbe detto a tutti, quantomeno per giustificare il fatto che lo avevo mollato lì, da solo. Ho tentato più volte di scusarmi, ma quando mi vede, Jordan cambia strada.
Un messaggio in arrivo sul cellulare mi fa sussultare, frantumando le riflessioni martellanti che mi affollano la mente da ormai quattro settimane. È tutto un casino, ed è iniziato quando ho conosciuto Allen James: le bugie, i piani, i segreti, ma anche la mia vita stessa, sono tutti partiti da lui. E adesso ho perso ogni cosa.
Distrattamente, con la coda dell'occhio, vedo Wendy che osserva il suo riflesso nello specchio d'acqua in mezzo a Central Park, mentre estraggo il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans con un sospiro.

A che ora ci vediamo stasera?

Il cuore salta un battito e un timido sorriso si affaccia sul mio volto adombrato da un mese. C'è stata una sola nota positiva in tutto questo: Hans Emelrich Wagner. Quando Allen ha iniziato a frequentare Chantal, ho deciso di accettare quel caffè con Hans, ed è stato talmente piacevole che abbiamo continuato a vederci. Una vocina nella mia testa mi ripete continuamente che è solo un diversivo, un modo per non pensare ad Allen, ma la respingo ogni volta che si affaccia. Hans piace a mia madre, anzi direi che, secondo lei, frequentarlo è la scelta migliore che io abbia mai fatto nella mia vita. E la vocina insiste che è proprio per questo che ho accettato un secondo, un terzo e anche un quarto caffè. E tre cene. Eppure Hans è affascinante, magnetico, rispettoso, sa sempre cosa dire e non è mai inopportuno. Dentro di me qualcosa è cambiato nei suoi confronti, e uscirci adesso non mi sembra così surreale come prima, ma la verità è che ho paura. Quella che mi propone Hans con i suoi modi eleganti e gentili non sembra altro che una gabbia dorata, e io sono terrorizzata all'idea di rimanervi imprigionata, per quanto la cosa renderebbe felice mia madre.
Devi smettere di pensare, Cheyenne, mi suggerisce il mio subconscio, e non ha tutti i torti. Sin da piccola sono sempre stata una persona silenziosa, ma i pensieri mi urlano nella testa come mostri. In genere sono autodistruttivi e mi soffocano, quindi per il resto della giornata seguirò il consiglio del mio subconscio. Non ho fatto altro che pensare, da quella fatidica notte, a tutte le cose che sarebbero potute andare in modo diverso, e inevitabilmente mi incolpo per come è finita.
Un guaito soffocato mi riscuote dallo stato di trance in cui ero caduta, e quando mi rendo conto di ciò che sta succedendo il tempo rallenta fino quasi a fermarsi.
«Wendy!» grido, disperata, tentando di afferrare il guinzaglio, che mi scivola tra le dita gelate. Un'ondata di terrore mi investe mentre osservo impotente Wendy scivolare lungo la sponda del lago e cadere nell'acqua ghiacciata. Il panico mi assale e mi sporgo verso la superficie reprimendo la paura folle di cadere nel tentativo di afferrarla, ma si allontana inesorabilmente verso il centro del lago, lottando per rimanere a galla. Vorrei disperatamente aver imparato a nuotare, così da potermi tuffare, ma la mia negligenza mi ha portato esattamente qui, incapace di fare qualsiasi cosa.
«Aiuto!» urlo, le lacrime che mi offuscano gli occhi, Wendy sempre più lontana e che se non morirà affogando lo farà sicuramente per ipotermia. Affondo le dita nella terra gelida, le lacrime che scorrono copiose sul mio viso. Non mi sono mai sentita così inutile.
«Che succede?» qualcuno finalmente si degna di aiutarmi e io, senza nemmeno la forza di alzare lo sguardo e con la gola secca per le urla, indico Wendy ormai al centro del lago ghiacciato. Sento il tizio levarsi velocemente il giubbotto alle mie spalle, poi, in un secondo, sta nuotando verso il mio cane. Soffoco un gemito con la mano e mi rimetto in piedi con le ginocchia che tremano. Il ragazzo la afferra per il collare, poi le passa un braccio sopra la schiena e nuota verso la sponda più bassa del lago. Scatto istantaneamente in quella direzione dopo aver afferrato il suo giubbotto da terra, ma il profumo che risale fino alle narici mi fa arrestare di botto.
Non può essere.
Lui esce dall'acqua con Wendy tremante stretta al suo fianco, la maglietta nera aderisce come un guanto al fisico modellato dallo sport, i tatuaggi che spuntano dalle maniche e arrivano fino alla punta delle dita. La mette a terra, e Wendy mi raggiunge con passo tremante. Finalmente mi sblocco, inginocchiandomi accanto a lei. Rido con le lacrime agli occhi mentre mi lecca le dita e la stringo a me per scaldarla. Avrei potuto perderla, e non me lo sarei mai perdonato.
«Scusami, ti prometto che imparerò a nuotare» le dico, ricoprendole il muso di baci. È incredibile che sia lei a consolare me, come se volesse dirmi che non è successo niente di grave. Continuo a carezzarla e la sfrego con la sciarpa per asciugare il pelo zuppo d'acqua gelida, finché un paio di familiari anfibi entra nel mio campo visivo. Devo racimolare ogni briciola di coraggio rimasta per sollevare lo sguardo sul suo viso ingiustamente bellissimo. È fradicio dalla testa ai piedi, e quando torno alla sua altezza provo un forte impulso di scappare, che fa a pugni con quello di gettargli le braccia al collo e ricoprirlo di baci, impedendogli di andarsene di nuovo.
«Grazie mille». Non so come, ma la mia voce è incredibilmente salda, dentro invece mi sto sgretolando come un castello di sabbia investito da un'onda. Un'onda che porta il nome di Allen James.
«Devi stare più attenta, Cheyenne». Non ricordo l'ultima volta che siamo stati faccia a faccia. No, è una bugia, la ricordo benissimo, e l'ho supplicato di spogliarmi. Devo fare appello a tutto il mio autocontrollo per non arrossire, scappare, o fare cose di cui mi pentirò. Eppure, per la prima volta in un mese, il mio cuore ha ricominciato a correre ad un ritmo sfrenato. Osservo i suoi occhi scuri e cupi, indecifrabili, il viso teso in un'espressione dura, i lineamenti decisi e taglienti. Sembra più maturo rispetto a un mese fa, e mi chiedo cosa gli sia successo. Mi mordo con forza il labbro per tornare alla realtà e smettere di fissarlo come una pazza.
«Cosa ci fai qui?» gli chiedo.
Allen sospira, guarda da un'altra parte come se non volesse avere a che fare con me, poi torna a guardarmi negli occhi. Ora sembra un bambino indifeso, e il cuore mi esplode in frantumi.
«È il secondo sabato del mese».
«Oh», riesco a dire solo questo.
«Potresti...», con un cenno della testa, Allen indica il suo giubbotto, che stringo tra le braccia come se ne andasse della mia vita. Istantaneamente allento la presa. Mi sento una stupida ragazzina innamorata. Non ho il tempo di analizzare la frase formulata dalla mia mente, perché lo impiego tutto a trovare un modo per parlare con lui ancora una volta, come ai vecchi tempi.
«Il minimo che possa fare è offrirti qualcosa di caldo da bere, non so cosa avrei fatto se non ti fossi tuffato per salvare Wendy», dico di getto quando le sue mani afferrano il giubbotto. Rimaniamo sospesi in questa strana offerta, aggrappati entrambi al tessuto caldo. Io non ho alcuna intenzione di lasciarlo andare. Allen annuisce, riluttante, sembra sulla difensiva, ma ha accettato. Il cuore mi fa una capriola nel petto. Allento la presa sul giubbotto fino a lasciare che se lo riprenda, poi ficco le mani in tasca e gli faccio un debole sorriso. Lui non ricambia, ma fa per seguirmi verso il café all'angolo sull'Upper East Side, finché non mi fermo di botto e quasi mi viene addosso.
«Aspetta, asciugati almeno i capelli e...», mi fermo quando mi rendo conto di ciò che stavo per dire, imbarazzata. Dio, Cheyenne, sei ridicola, datti un contegno!
«E?» chiede Allen, un sopracciglio alzato e l'ombra di un sorriso divertito sulle labbra. Ah, ora sorride.
«Levati la maglietta, è fradicia», dico con nonchalance, guardandolo dritto negli occhi senza il minimo segno di imbarazzo. Lui li sgrana entrambi, sorpreso dalla mia audacia, poi con una bassa risata fa come gli ho detto. Ho a malapena il tempo di gettare un'occhiata ai tatuaggi sul petto che tanto mi piacciono, che Allen ha indossato nuovamente il giubbotto, tirando su la zip fino al collo.
«Per i capelli posso prestarti la sciarpa, anche se... ci ho asciugato Wendy», propongo, ottenendo finalmente una risata piena. Il cuore fa un'altra capriola nel petto, questa volta risalendo pericolosamente in gola.
«Meglio quella della febbre», replica Allen. Gli porgo la sciarpa dopo averla tirata fuori dalla borsa, e lui se la sfrega in testa, gettando i capelli scuri nelle direzioni più disparate. Sento il battito cardiaco nelle orecchie. È bellissimo, e vorrei che ci fossimo spinti oltre quella notte. Le cose sarebbero andate in modo diverso se avessimo oltrepassato quella linea, ne sono sicura. Deglutisco per non pensarci e proseguo verso il café. Quando entriamo, il caldo e il profumo di dolci ci investono immediatamente. Respiro a pieni polmoni l'odore di vaniglia che mi fa brontolare lo stomaco.
«Vedo che i dolci sono ancora la tua passione», commenta Allen, osservandomi con un'espressione enigmatica. È migliorato nel nascondere i propri sentimenti, e ora comprendo come doveva sentirsi quando provava a capire cosa pensavo mentre eravamo insieme. Non era difficile, in realtà: nella maggior parte dei casi aveva a che fare con lui.
«Già, ma fanno anche dei sandwich strepitosi, specialmente il Bodega, quindi ordina pure quello che vuoi, offro io», gli sorrido mentre ci sediamo. Wendy si acciambella accanto ai miei piedi, godendo del tepore del café.
«Non ricordo di aver mai avuto la possibilità di pagare», commenta, sarcastico, ma prima che possa replicare aggiunge: «Non pensavo ti ricordassi che il Bodega è il mio sandwich preferito».
«Mi ricordo tutto di te», vorrei dirgli, «Sei indimenticabile, perché mi sei entrato nella testa come una canzone dal ritmo contagioso».
«Ho una buona memoria», replico invece. La conversazione viene interrotta dal cameriere che prende i nostri ordini, e fatica a ripartire. Io mi torturo le pellicine intorno alle unghie, Allen guarda da tutt'altra parte pur di non incrociare il mio sguardo, e nessuno dei due dice una parola.
«Che ne dici di fare un gioco?» propongo all'improvviso, dopo cinque minuti di silenzio.
«Che tipo di gioco?»
«Vero o falso. Possiamo fare una domanda a testa, e l'altro deve rispondere se ciò che afferma la prima persona è vero o falso».
Allen tamburella con le dita sul tavolo, infine annuisce. «Va bene, comincia tu».
«Tu e Chantal state insieme, vero o falso?» chiedo a bruciapelo. Devo togliermi questo dubbio, o rischio di impazzire.
Allen smette di muovere le dita, come paralizzato, e deglutisce. «Vero».
Una crepa strazia il mio cuore, ma annuisco cercando di soffocare il dolore. «Tocca a te».
«Stai uscendo con Hans, vero o falso?» Mi ripaga con la stessa medicina.
«Chi te l'ha detto?» chiedo, incredula. Nessuno può saperlo, a meno che... «È stata mia madre, non è vero? L'ha detto alle madri di Courtney e Chantal».
«Vero o falso, Cheyenne?» Riprende a tamburellare con le dita, gli occhi profondi e imperscrutabili, ma una nota disperata si insinua nel suo tono apparentemente indifferente. Anche lui vuole togliersi il dubbio.
«Vero».
«Tutto questo è una stronzata», scatta improvvisamente, alzandosi in piedi. La sedia ondeggia pericolosamente alle sue spalle, la gente vicino a noi si gira a guardarci, e anche Wendy scatta in piedi. L'unica immobile sono io, che non so più cosa fare.
«Di cosa stai parlando?» chiedo in un sussurro.
Allen gesticola furiosamente, indicando prima me e poi sé stesso. «Io e te. Seduti a questo tavolo come se non fosse successo niente quando non è così, e l'ultima volta che siamo stati così vicini...» Si ferma improvvisamente, come se il ricordo fosse troppo doloroso per riportarlo a galla. Scuote furiosamente la testa, poi un sorriso amaro si allarga sul suo volto.
«Non ce la faccio, Cheyenne, stava andando tutto bene finché non sei comparsa tu oggi, che gridavi in mezzo a Central Park. Se fosse successo dieci minuti più tardi adesso sarei a casa, perché avevo appena messo piede in macchina, invece le tue urla mi hanno fatto scattare verso il lago. Dannazione, come se il destino avesse orchestrato tutto! Poi la prima cosa che mi chiedi è se io e Chantal stiamo insieme, come se ti importasse di me... stavo cercando di dimenticarti, e fino ad oggi pensavo addirittura di aver fatto un buon lavoro... che ingenuo! Mi è bastato rivederti perché tutto ciò che avevo tentato di soffocare tornasse a galla!» Il tono di voce si alza sempre di più fino all'ultima frase, che mi urla a pochi centimetri dal viso, piegato sul tavolo col respiro affannato e gli occhi iniettati di sangue. Allora, faccio la cosa più stupida che potesse mai venirmi in mente. Lo bacio. Mi sporgo leggermente avanti e faccio incontrare le nostre labbra ancora una volta. All'inizio sembra scioccato, ma poi mi attira a sé come se ne andasse della sua vita. Mi ritrovo tra le sue braccia forti, a cui mi aggrappo per paura che le ginocchia non reggano il peso del corpo. L'urgenza con cui si affida completamente a me fa schizzare il mio cuore alle stelle. Tutte le barriere crollano una dopo l'altra, e il mondo torna a scorrere nel verso giusto. Persino il sole fa capolino dalla finestra, illuminando i nostri volti che si sfiorano in un delicato gioco di contatti. E allora lo capisco, finalmente mi colpisce, chiaro come il giorno: io mi sono innamorata di Allen. E mi do della stupida per non averlo realizzato prima. È così evidente, semplice, sincero. Stringo più forte la presa sul suo collo, impedendogli di andarsene, e il bacio si fa più intenso, più vorace, più disperato. Cerco di premere il mio corpo contro il suo il più possibile, di sentirlo ovunque, di diventare una cosa sola, fregandomene dei suoi jeans gelidi e bagnati contro le mie gambe.
D'improvviso Allen mi spinge indietro, ritraendosi e scuotendo la testa come un animale spaventato. «No, no, no», mormora, finché i sussurri non si trasformano in grida. «No! La devi smettere di giocare coi miei sentimenti, Cheyenne! Stammi lontano», mi respinge, spezzandomi il cuore.
«No, ti prego», mi esce a malapena un rantolo soffocato, perché è così che mi sento mentre annego nel suo rifiuto.
«Basta, non possiamo più vederci», scuote la testa, si rifiuta di guardarmi, accecato dalla paura dei suoi stessi sentimenti.
«Allen...» supplico, allungando le mani verso il suo viso, ma lui si scansa, guardandomi come un cucciolo ferito e con le spalle al muro.
«Questo», mormora, affannato, indicando prima me e poi sé stesso, le labbra gonfie per il nostro bacio. «Non va affatto bene. Chantal e Hans non lo meritano... io lo dirò a Chantal, tu scegli di fare ciò che preferisci con Hans». Con questa ultima sentenza di morte sul mio conto va verso l'uscita. In un altro momento l'avrei lasciato andare via, ma le mie gambe decidono per me, rincorrendolo in strada.
«Allen!» grido, Wendy mi segue allarmata, percependo il mio dolore.
«Che c'è ancora, Cheyenne? Cosa vuoi da me?» grida così forte da costringermi a fermarmi per la sorpresa. Voglio te. Tutto ciò che avevo intenzione di dirgli mi muore in gola, e mi sento una piccola, stupida ragazzina innamorata.
«Puoi chiedere a Chantal di non dirlo a mia madre, per favore? E neanche a Courtney», chiedo, atona.
Allen scuote la testa, poi annuisce, freddo. «Come vuoi».
Mi dà le spalle, esita, sembra combattuto per almeno cinque secondi, poi si allontana con passo rapido e sicuro.
E io crollo a terra, in lacrime, per la prima volta nella mia vita, perché so per certo di aver perso l'unica persona che abbia mai amato.

Ciao fiori di campo! 🙊

L'attesa è stata davvero infinita, più di un anno ormai, eppure è finalmente arrivato il primo di una serie di aggiornamenti che porteranno a conclusione la storia di Allen e Cheyenne. E voi siete ancora qui! 🥰

Vi è piaciuto?

Cosa pensate della situazione attuale dei nostri protagonisti?

Poveri cuccioli, il mainagioia regna più potente che mai 🥺

Allen sta con Chantal, Cheyenne con Hans, ma la passione non sembra affatto essersi spenta tra i nostri protagonisti, eppure vediamo un Allen più deciso che mai: vuole dimenticare la ragazza che gli ha spezzato il cuore.
Ci riuscirà?

Ma attenzione, c'è finalmente stata una confessione importante: Cheyenne ha capito di amare Allen. Questo cambierà le cose? Le farà finalmente trovare il coraggio di affrontare la madre?

Quante cose sono cambiate! 😬

Siete pronti? 🤩

ATTENZIONE: gli AGGIORNAMENTI saranno (per il momento) UNO A SETTIMANA, perché voglio portarmi avanti con i capitoli... è stato difficile ricominciare a scrivere, ci ho provato tantissime volte nell'ultimo mese, ma ogni volta scrivevo cento parole e mi bloccavo. Adesso sembra che io abbia di nuovo trovato la mia vibe... non appena avrò più capitoli da parte aumenterò il numero degli aggiornamenti a settimana.
Ma, ehi, da uno in un anno a uno a settimana è già un miglioramento, no? 😁

Vi voglio bene e vi ringrazio infinitamente per la fiducia che riponete in me... la scrittura spesso non è così facile come sembra!

Al prossimo capitolo! 🔜

-A

Misfits - DisadattatiWhere stories live. Discover now