4. Il secondo sabato del mese

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Allen
Scendo le scale stando attento a non fare il minimo rumore. Amy è ancora addormentata, nella sua stanza, mentre mia madre rientrerà tra circa un'ora. A volte lo faccio: mi sveglio alle cinque per prepararle una tisana e farle trovare qualcosa da mangiare. Cerco di aiutarla in ogni modo possibile, tengo davvero alla mia famiglia, forse in riflesso al menefreghismo di mio padre. Solo a pensare a lui mi si contorce lo stomaco. Oggi è sabato, il secondo sabato del mese, per la precisione, il che significa pranzo nel suo super attico insieme alla sua – ennesima – nuova ragazza mia coetanea. Mi passo una mano sul volto e mi obbligo a non pensarci. Trovo davvero stupido portare il mio culo e quello di Amy ogni sacrosanto mese nella casa stratosferica di un padre che è tale solo di nome, specialmente perché mia sorella è ancora convinta che lui ci voglia bene. Purtroppo è l'unica richiesta di mia madre, e cerco in ogni modo di realizzarla e forzarmi ad andare lì senza buttare giù i suoi preziosi vasi di cristallo e distruggere i preziosi soprammobili con un martello.
Entro in cucina e punto subito la dispensa, dalla quale tiro fuori una scatola di tè nero e i biscotti che ho cucinato con Amy qualche giorno fa. Accendo il gas e verso dell'acqua nella teiera, poi aspetto che bolla.
«Allen.» Sobbalzo alla voce assonata di Amy. Mi volto a guardarla, sulla soglia della cucina che si stropiccia gli occhi. Sbadiglia. «Che ci fai sveglio a quest'ora?»
«Che ci fai tu sveglia a quest'ora?» le giro la domanda, osservandola contrariato.
«Ti ho sentito che frugavi fra le pentole e mi hai svegliata» si giustifica passandosi le mani fra i capelli biondi.
«Mi dispiace, paperella, vieni qua» allungo un braccio per stringerla contro il fianco. Lei sbuffa contrariata.
«È il soprannome che mi avevi affibbiato a sette anni, e ne è passato di tempo!»
«Sarai sempre la mia paperella» scuoto la testa e le do un buffetto sulla guancia. Amy alza gli occhi al cielo ma sorride.
«Oggi dobbiamo andare a pranzo da papà» constata, rovinando l'atmosfera del momento.
«Lo so» dico stringendo la mascella.
«Non penso che ci odi» aggiunge, quasi in un sussurro, probabilmente temendo la mia reazione. Faccio un profondo respiro ed evito di risponderle come ha fatto la mamma quella fatidica sera.
«Di sicuro non ci vuole bene, Amy, devi capire che mandare soldi alla propria famiglia solo perché obbligati dalla legge e invitare forzatamente i propri figli a pranzo una volta al mese sbattendogli in faccia i propri agi non è amore paterno.»
Mi dispiace doverla costringere a crescere così in fretta, è crudele, ma questa è la vita che ci è stata data, e spetta a noi imparare a conviverci.
Lei tira su col naso, ma non sta piangendo. È raro che lo faccia, non so se sia un bene o un male, in ogni caso sa che per lei ci sono sempre, e questo basta.
«Ti ho visto, sai» sussurra, aggrotto le sopracciglia confuso. «A scuola, intendo. Sei così diverso, così rigido, hai un'aria quasi cattiva, come se l'interno universo ti avesse fatto un torto.»
Mi sento proprio come se fosse così, Amy. Ma come spiegarglielo? Come metterla così piccola di fronte alla cruda verità che nessuno fa niente per niente, che l'unico modo per essere rispettati è essere temuti?
«Fa un po' parte del personaggio, no? Le ragazze amano i cattivi ragazzi» dico malizioso, lei arriccia il naso disgustata, ma preferisco che pensi che sono uno stronzo piuttosto che il mondo possa spezzarle le ali.
«Sei disgustoso» commenta dandomi un colpetto sul fianco. «Ho visto troppe ragazze uscire da questa casa con il cuore spezzato... e se un giorno dovesse capitare a me?»
Stringo i denti fino quasi a farli scricchiolare. «Non ti succederà mai una cosa simile, Amy, perché hai una dignità» rispondo a brutto muso.
«Magari anche quelle ragazze la avevano, forse si erano soltanto innamorate di te!»
«Ma perché ti interessa?» le chiedo confuso, non si era mai preoccupata delle ragazze che porto a casa prima d'ora.
Lei esita per qualche secondo, indecisa su cosa dire di preciso. «È che mi piacerebbe che trovassi una ragazza che ti possa rendere felice e-» Scoppio a ridere impedendole di finire la frase.
«È così impossibile?» allarga le braccia e, quando mi rendo conto che è seria, smetto di ridere.
«Non credo nell'amore» le spiego scrollando le spalle. Non più.
«Io sì, invece» afferma Amy con le braccia incrociate e l'espressione decisa.
«Fai bene» sorrido carezzandole i capelli, lei allarga le palpebre, confusa. «Spero che tu non smetta mai di farlo.»
L'acqua che bolle mi distrae dalla nostra conversazione. Mi giro verso i fornelli e li spengo, poi apro una bustina di tè e la metto dentro una tazza.
«Non mi hai ancora detto che ci fai sveglio a quest'ora, Allen» mi richiama Amy.
«Preparo qualcosa di caldo per la mamma, stasera aveva il turno lungo» rispondo.
«C'è un po' di tè anche per me?»
«A te non piace il tè caldo» le ricordo.
«Voglio fare colazione con voi.»
La osservo e mi rendo conto di quanto sia solo una bambina. Gli occhi sognanti, innocenti, il viso dai lineamenti morbidi e intatti... vuole solo la sua famiglia unita, vuole far parte del mondo dei grandi.
«Va bene, paperella, ma poi te ne torni a letto, sarà una lunga giornata» acconsento, lascio da parte il tè e le preparo una cioccolata calda.
Una ventina di minuti dopo arriva anche nostra madre, che ci osserva stupita, non tanto me quanto Amy. La divisa del lavoro è macchiata in più punti e ad accompagnarla è l'odore di fritto. Lo sguardo è spento come sempre, afflitto, finché i suoi occhi non incrociano me con la tazza in mano e Amy seduta sull'isola della cucina che sorseggia la cioccolata calda. Un sorriso amorevole le stira le labbra.
«Sono quasi le sei di mattina ed è sabato, non è un po' presto per fare colazione?» Si leva il grembiule e si avvicina a noi. Le porgo la tazza e lei sospira, stanca.
«Grazie, tesoro.» Le sorrido. Amy si intromette porgendole i biscotti.
«Una giornata impegnativa richiede una colazione sostanziosa e di mattina presto, molto presto» commenta Amy. La mamma prende i biscotti e le passa un braccio attorno alla vita, poi le dà un bacio sulla guancia. Il mio sorriso si allarga di fronte a questa scena. Non c'è cosa più bella di rendere i propri cari felici.

Misfits - DisadattatiWhere stories live. Discover now