05. Il mio presunto fidanzato

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C'è un momento esatto nella vita in cui capisci di essere nella merda. Ah, scherzo. Questo lo capisci sempre, perché sei consapevole di metterti nei guai, ma lo fai lo stesso, perché il tuo cervello non è come quello delle altre persone. Di solito la ragione delle altre persone, dice: non lo fare, non è giusto.
Poi c'è la mia ragione che dice: non dovresti farlo, ma tu fallo lo stesso.

Perché sono venuta in libreria, se sono consapevole di non saper neanche tornare a casa? Sono stata qui per ore, ho fatto finta di essere indecisa tra i libri da acquistare. In realtà ho sfogliato sempre lo stesso libro, e l'ho letto quasi per metà. Continuando di questo passo domani potrei recarmi qui per finire l'altra metà. Quasi sempre lo faccio, e puntualmente la commessa mi guarda male. Ma io sono innocente, sto solo guardando dei libri. Non è colpa mia se sono indecisa, no?

Nell'ultima mezz'oretta non ha fatto altro che lanciarmi occhiate strane, alle quali io ho risposto con un sorriso strafottente. Ah, dovrebbe chiamare l'FBI per cacciarmi fuori da qui.

Mi pare di aver sentito anche un commento poco carino su di me, ma ho fatto finta di non averlo sentito.  Ora la libreria sta per chiudere, fuori sta diventando buio, indovinate chi non sa come tornare a casa? Io!
Alla fine, proprio per ripicca, non acquisto nessun libro e, prima di andare via, alzo la mano per salutare la commessa.

Esco fuori e tiro un sospiro di sollievo. Quasi quasi mi mancava l'aria fresca, nonostante io esca pazza per l'odore dei libri. Prendo il cellulare dalla tasca e apro Google Maps. Forse in questo momento è la mia unica salvezza.

Non sono molto capace ad usarlo, infatti, dopo aver girato per dieci minuti in tondo, decido di chiamare mio fratello, che risponde soltanto dopo il quarto squillo.

« Che vuoi? » chiede, sempre con la sua solita e immensa dolcezza.

« Vieni a prendermi » dico, appoggiandomi con la schiena ad un palo.

« Dove sei? » chiede.

« In Africa, da qualche parte tra il Zimbabwe e Botswana. » rispondo, abbozzando un sorriso tirato.

« E io sto parlando con Trump in questo momento » ribatte in tono sarcastico.

Alzo gli occhi al cielo. « Perché? Trump ha deciso di innalzare un muro di fronte alla tua stupidità? » chiedo, ridacchiando.

« Fottiti, Hayra. Davvero, non posso venire a prenderti. Prendi un autobus. » emette uno sbuffo.

« Non so nemmeno dov'è la fermata. Avanti, Ethan, non farmi incazzare. » ribatto, infastidita.

« Cazzo, sto perdendo la partita! Aspetta venti minuti »

« Dove cazzo sei? » grido, attirando l'attenzione di alcune persone. Mi faccio piccola e mi giro di spalle alla velocità della luce. Ormai le figuracce sono all'ordine del giorno.

« A casa di un amico. Aspetta, Hunter sta andando a casa, può darti uno strappo. » dice, poi mi chiude la chiamata in faccia.

Hunter. Ma neanche morta.

Inizio a camminare per i fatti miei, camminando sempre dritta. Sto pure morendo di fame. Sarà davvero un piacere tornare a casa e non trovare niente da mangiare, se non la pentola vuota e incrostata dall'era di Gesù Cristo, perché mia madre ha bruciato il cibo una volta.

Dovrei imparare a cucinare, perché di questo passo morirò di fame. Io mi baso su mia madre, mio fratello si basa su di me, il cane si basa su tutti noi. Probabilmente è l'unico a mangiare decentemente in quella casa.

Mentre cammino e mi faccio i cazzi miei, sento una macchina suonare accanto a me. Ora, la me antipatica, continuerebbe a camminare e se ne fregherebbe, ma la me razionale, mi dice di fermarmi e accettare il passaggio, perché non voglio tornare a casa a mezzanotte, visto che domani ho pure scuola.

Fade To GreyWhere stories live. Discover now