32. Non puoi uccidere ciò che è nella tua testa

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Ho scritto anche io tante cose nei quadernetti, nei diari, su fogli sparsi che poi ho bruciato o sulle pagine dei libri; ho sottolineato frasi preferite, citazioni e pensieri che non mi appartengono, ma nei quali mi rispecchio. Ho raccolto anche io parole su parole, ma non le ho mai condivise con nessuno. Non come fa Hunter, adesso.
In un pomeriggio un po' nuvoloso, con dicembre quasi alle spalle, guardo Hunter, seduto sulla coperta che ha steso per terra, mentre rovista tra la miriade di fogli che ha portato con sé. Fogli riempiti di parole che sono state dettate dal suo cuore e altre che sono frasi di poeti che lui stima.

Lo guardo, è felice. Vedo la sua bocca che si apre e si chiude, un fiume di parole esce tra le sue labbra; quelle labbra che ho avuto il piacere di baciare un paio di volte. Guardo le sue palpebre che si abbassano e si chiudono lentamente. Osservo il modo in cui strizza gli occhi quando sorride e l'amore con il quale mi spiega cos'è l'arte per lui.
E non sa che mi perdo tra le sue parole, perché mi viene difficile stare a passo con le sue frasi. Mi perdo nel suono della sua risata e ogni tanto sorrido per fargli capire che ci sono e che continuo ad ascoltarlo.

Apre una piccola agenda, tira fuori un foglietto e me lo mette sotto gli occhi. Leggo un'altra frase scritta da Sylvia Plath: se non pensassi, sarei molto più felice.

La rileggo e sorrido, perché Hunter ha sempre la risposta pronta. Mi passa la sua agenda e mi invita a dare un'occhiata alle frasi che ha deciso di annotare.

Mi sembra di invadere un po' la sua privacy, ma il modo in cui vuole condividere la sua passione con me, mi fa stare così bene, che non so cosa dire.
Mi sento anche un po' in colpa. Mi piacerebbe parlare anche io così, con lo stesso amore. Ma la verità è che le cose che ho annotato, le ho lasciate chiuse in un cassetto. E non sono citazioni, non sono poesie, ma sono pensieri miei, che ho paura di confidare alla gente e quindi li confido ad un foglio.

Hunter mi parla della volta in cui è stato in Olanda e ha  visitato i quadri di Van Gogh. E mi parla della poesia. Vorrei chiedergli se sia possibile baciarci tra le rime, ma rimango in silenzio.

«“Parlo a Dio ma il cielo è vuoto”, questa è una tra le frasi preferite di mio fratello.» dice, indicando con il dito la frase scritta sulla sua agenda.
Mi mordo il labbro e tra i piccoli foglietti sparsi sulla coperta, leggo una citazione di Virginia Woolf. Mi soffermo con lo sguardo forse più del dovuto. Hunter colpisce il mio ginocchio con il suo e solleva le sopracciglia, come se volesse dirmi “Tutto bene?”.

Allungo la mano e afferro il biglietto, piegandolo e infilandolo poi nella tasca dei jeans.
«Fammi vedere.» dice Hunter, ma scuoto la testa.

«Ti dispiace che l'abbia presa?» gli chiedo, ma lui alza gli occhi al cielo e mi sorride.

«Può essere mai? Sono felice se ti ritrovi tra le frasi in cui mi ritrovo io a volte.» anche se Virginia Woolf ha voglia di dissolversi nel cielo? Vorrei chiedergli.

«Mio fratello si è un po' riavvicinato a me, e di conseguenza è a contatto con ciò che mi piace. Spesso fruga tra le mie poesie preferite e se le segna da qualche parte.» il sorriso sparisce dal suo volto.
Ora penso al biglietto che mi lasciò Kayden quando disse al fratello di darmi la collana. Quelle parole appartenevano a Sylvia Plath, quindi deduco che ci sia lo zampino di Hunter.

«Sylvia Plath ti piace molto, eh...» la butto lì, facendolo sorridere un po'.

«Anche io ho avuto bisogno di parlare, Masy. Ma ho trovato me stesso tra le parole, nell'arte, in tutto ciò che gli altri non comprendono.»

Un sorriso triste si fa spazio sul mio viso. «Hai mai detto a qualcuno ciò che ti piace?» gli domando.

Lui scuote la testa, iniziando a rimettere a posto i fogli dentro la cartella. «Sei la prima.» ammette.

Fade To GreyUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum