Capitolo 1

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Clyde's pov

«Blake Moore.» Ripete il signor Gonzalez. Teoricamente si chiama Steven, ma qui lo chiamiamo tutti per cognome. Immagino che abbiamo tutti una paura matta delle sue occhiatacce, o del fatto che potrebbe licenziarci in due nano secondi. E, detto tra noi, essere licenziati dal dipartimento dell'FBI non è esattamente una bella nota sul curriculum. «Un bel nome finto, Clyde. Ripeti pure la tua storia.»

Mi schiarisco la voce, faccio un respiro profondo e poi dico la vita che devo fingere di avere. L'ho imparata a memoria, perché devo ricordarmi ogni singolo particolare per fare in modo che la mia copertura non salti. È da giorni che me mi ripeto questa storia come un mantra: mentre faccio la doccia, colazione, mentre parlo con il mio migliore amico. Nessuno dovrà avere neanche il minimo sospetto di chi io sia veramente. «Sono Blake Moore, vengo dal Michigan e mi sono trasferito una settimana fa qui con i miei genitori che partono spesso per lavoro. Sono figlio unico, allergico alle mandorle e dopo il liceo voglio fare il medico.» È da circa due anni che lavoro all'FBI. È da quando ho sei anni che desidero essere un poliziotto, ma durante la specializzazione mi sono accorto che fare l'agente segreto è molto più soddisfacente. Così, eccomi qui: un ventiduenne che si fingerà un senior ad un liceo per farsi amico i figli di uno dei più grandi spacciatori degli Stati Uniti d'America.

«Non sarà facile, agente Evans.» Non capisco mai perché prima mi chiama per nome, come se fossimo amici, e poi agente Evans, ma evito di chiedere perché non voglio finire tre metri sotto terra. Steven Gonzalez è l'uomo più temerario che abbia mai visto in vita mai: spalle larghe e muscoli che si vedono anche da vestito, occhi azzurri e grandi, mascella pronunciata e braccia che potrebbero spezzarti in due. Io sono più forte di molti uomini della mia età, ma questo non significa che non abbia una paura matta di lui. Non lo ammiro neanche: non mi piace che usi il terrore per essere un buon capo, con noi agenti. «Ma non è il tuo primo caso sotto copertura. É la terza volta, questa?»

«La quarta.» Lo correggo, con un'alzata di spalle. Dovrò farmi amico William e Paris Collins. Rispettivamente fratello e sorella, lui ha un anno in più di lei ed è all'ultimo anno di superiori, mentre lei è al terzo. Dovrò avvicinarmi per avere informazioni sulla loro vita, su quello che sanno e soprattutto per arrivare a loro padre. Se riuscirò nell'intento, riusciremo ad arrestarlo entro la fine dell'estate. Considerando che siamo a fine marzo, ho abbastanza tempo per avvicinarmi ai due e riuscire a prendere il signor Collins.

Steven Gonzalez annuisce. «Sì, beh, fa lo stesso.» Forse fa lo stesso per la nocciola che ti ritrovi come cervello, ma non per me. Fingo un sorriso. «Questa missione sarà importante per te. Devi raggiungere Adam Collins, non importa come o cosa. Diventa il migliore amico di William, fidanzati con Paris o non so... vedi tu. Adam Collins deve essere arrestato, ci siamo intesi?»

«Sí.» È letteralmente da mesi che mi preparo per questa missione. Se Steven mi ha scelto è perché sono uno dei migliori agenti su questo campo: le altre tre missioni sono andate in modo perfetto, senza neanche un imprevisto. Il lato positivo è che prima ero a New York, mentre questa missione si terrà qui a Los Angeles. Nessuno mi conosce se si escludono le persone dell'FBI. Questa sotto copertura andrà liscia come l'olio, me lo sento. Tra l'altro è molto più facile ingannare dei ragazzini come William e Paris: benestanti e, quindi, al 90% superficiali. Probabilmente lui parla solo di calcio e cheerleader e lei delle scarpe nuove comprate il giorno prima da Gucci.
Non che i miei compagni delle superiori fossero diversi, sia chiaro. Parlo per esperienza, ma ovviamente non voglio fare di ogni erba un fascio. So che ci sono delle eccezioni, ma William e Paris non mi sembrano quel caso.

Steven annuisce e fa un piccolo sorriso, quasi di compassione. «So che per te è un periodo complicato, Clyde, non è facile tornare al lavoro dopo quello che è successo, ma spero che non ti intralci con il lavoro.» Se solo sapesse che la notizia non mi fa né caldo né freddo forse si renderebbe conto che non siamo poi così diversi. E la cosa dovrebbe spaventarmi, invece non lo fa.

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