𝐧𝐢𝐧𝐞𝐭𝐞𝐞𝐧

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Capitolo
19

Come creta nelle sue mani

Come creta nelle sue mani

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La mente mi è nemica.
Tutto mi fa immaginare
purché la realtà.
Non ricordo più,
la linea sottile
tra il vero e l'utopia.
La confusione è prigionia.
O forse è tutta fantasia?

- Ashygirl

🥀

Una docile brezza solleticava la pelle scoperta, direi all'altezza della zona lombo-sacrale, al termine della colonna vertebrale. Nel dormiveglia, avevo allungato la mia mano che, alla ceca, tentava - invano - di afferrare una parte della coperta per tirarla di nuovo su. Avevo dei leggeri brividi di freddo e volevo ricoprirmi del tutto. Un lamento di dissenso, venne tirato fuori potentemente seccato. Un occhio ciclope analizzava la zona circostante, mandando fotogrammi al mio cervello che riportava le informazioni.

Rimembrai vari aspetti della sera precedente e non ci volle tanto impegno per distinguere i vari oggetti sconosciuti della camera. Il peso corporeo opponeva resistenza, sentivo quanto fosse appesantito, forse anche per la posizione che avevo assunto durante la dormita. Portai una mano sulla nuca, lì dove la contrazione muscolare, faceva più male. Le palpebre si richiusero per qualche istante, mi sembrava di aver dormito per due minuti a stento. Due minuti, pochi per ricaricare le energie ma fin troppo intensi; come se si fossero accalcate le ore senza che potessi accorgermene. Le tempie sbattevano e mi stringevano il cranio, lo opprimevano. Mi sentivo come se avessi sbattuto la testa contro il muro un infinità di volte.

Ad occhi serrati, tastai la parte opposta del materasso dov'ero steso. La lampada dell'intelletto azionò i suoi marchingegni.

Rosie. La mia mente elaborò lettera dopo lettera, realizzando che, al mio fianco, lei non ci fosse.

Ricordavo di come ci fossimo accarezzati prima e durante. Di come fossimo stretti, come circondati da tentacoli. Dei baci furtivi che mi impegnavo a stampare in ogni dove. Delle frasi importanti, pronunciate nel silenzio dell'oscurità. Mi ricordo ancora di quelle labbra da baciare e quanto amore volevo donarle.

Incontrai il freddo gelido della realizzazione e il vuoto che avevo vicino. Non c'era, lei non era stesa al mio fianco ad abbracciarmi. Mi svegliai con la medesima sensazione di ogni giorno: solo, e con un sapore metallico impregnato nella saliva, in costante reiterazione della realtà. Un promemoria.

Permisi, ad entrambi i miei occhi, di aprirsi controvoglia ma, la preoccupazione, batteva ogni forma di pigrizia e stanchezza.

Rotolai nella posizione supina, per poi sporgere le cosce oltre il bordo del materasso. Perlustrai, con attenzione, ogni porzione di quella stanza. Non c'era niente di diverso, nulla fuori posto o che potesse aiutarmi. Le coperte si erano rovesciate oltre il materasso, ricoprendo un pezzo del pavimento, ma rimanendo attaccate grazie al materasso che le manteneva.
Mi sporsi per riportarle sul letto.

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