1

933 32 3
                                    

Thomas Black scrutava la luce morbida che oltrepassava le tende bianche della camera che gli era stata data in casa-famiglia, rimanendo bloccato, inerme nei suoi pensieri taglienti, scuri, che pian piano gli stavano ricoprendo ogni centimetro del suo corpo fino a renderlo solo una macchia scura in un mare di petrolio, lasciando che lottasse nell'odore forte, tossico e nella pressione che lo portava giù, sempre più giù. Il ragazzino dai folti capelli rossi, ricci, scostò leggermente lo sguardo verso gli altri ragazzi che dormivano nel letti vicino al suo, sedendosi sul bordo del materasso con lentezza, tentato dal rimanere ben fermo al suo posto, troppo stanco solo per muovere un dito. Ma stanco di cosa? Non lo sapeva neanche lui... Ma ad ogni passo sentiva i piedi incollati alle mattonelle fredde, bianche e le gambe cedere pesanti come macigni, rendendo, anche solo un passo, un ostacolo alto mille metri.
A passo lento si lasciò condurre dalla luce morbida della mattinata, portando le mani a sorreggersi ai mobili in legno che lo conducevano fino alla finestra aperta che dava sulla tettoia della casa-famiglia. Portò una mano a toccare il calore della luce, sfiorandone il colore vivace con la punta delle dita per poi fare un passo avanti, sporgendosi il più possibile per toccare il calore ampio sulle tegole rosse del tetto. Si sporse... E si sporse ancora di più, ritrovandosi inpiedi sul tetto dell'istituto, sentendo il calore piacevole su tutto il suo corpo martoriato, ancora provato dall'incidente avuto poche settimane prima che aveva tolto la vita ai suoi genitori in uno schiocco di dita, ma salvando il ragazzo, anche se con un braccio ingessato, dur dita rotte, dei punti dietro la nuca e svariate abrasioni e tagli sul corpo.
Thomas prese un grande respiro e con lentezza si avvicinò alla sporgenza per il puro gusto di crogiolarsi nel calore del sole, chiudendo gli occhi verdi e lasciandosi andare ad un pianto leggero, al ricordo del calore di un abbraccio, di un loro abbraccio che ormai non potrà più ricevere.

«Dio mio! Thomas stai farmo lì! Non ti muovere!» urlò a gran voce Samuel, il secondo genito della famiglia Black, scendendo dall'auto scura con velocità susseguito da Hanry, il primo fratello, Charles, il terzo genito, e James, il quarto. Intanto,Thomas, spaventato dalla voce ampia di suo fratello, scivolò su di una tegola, finendo a pochi centimetri dal cornicione della tettoia.

«Thomas non ti muovere! Arrivo!» urlò Hanry, il più grande fra i cinque fratelli Black, raggiungendo la camera del quinto fratello, il più piccolo, Thomas, a gran rumore, facendosi strada fra i diversi bambini e ragazzi.

«Tommy, vieni qui» lo chiamò a con voce traballante Hanry, sentendo dietro di sé i suoi fratelli mimori con il fiatone. Con occhi lucidi, verdi, si sporse verso il fratello minore ed aprì le braccia per portarlo al sicuro.
Thomas girò il capo verso gli occhi verdi del maggiore, osservandone i filamenti d'oro che li contenevano per poi soffermarsi sulle mani tremanti ed il labbro incastonato fra i denti bianchi.
Cosa stava facendo?

«Thomas!» lo richiamò Charles, osservando con la coda nell'occhio Samuel in lacrime con il fiato corto, fintroppo veloce e James bloccato, completamente paralizzato che osservava il corpo di Hanry scavalcare la piccola ringhiera in ferro.
Il più piccolo dei fratelli Black scosse il capo e con schiettezza provò a salire verso la finestra, ma scivolò nuovamente tagliandosi la pianta del piede sinistro

«ah!» urlò in un ringhio, mordendosi il labbro ed usando il gesso bianco per sollevarsi ed afferrare la mano di suo fratello maggiore, lasciandosi sollevare di peso con facilità, netta facilità che sorprese perfino Hanry.

«piccolo mio» esclamò Samuel stringendolo a se con occhi colmi di lacrime, blu.
Thomas non osò dire niente, affondando il viso contro la spalla di uno dei suoi fratelli maggiori ed evitando di appoggiare il piede contro il pavimento chiaro, freddo, sentendo le gocce di sangue scorrergli lungo le dita del piede.

«ma che ti è venuto in mente?!» quasì urlò Hanry, avvicinandosi sempre di più alla figura di Thomas, facendolo indietreggiare con dei saltelli frettolosi che lo fecero cadere di sedere sul pavimento bianco.

FecciaWhere stories live. Discover now