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«amo il rumore della pioggia» Thomas sorrise ben avvolto dal soffice color di foglia di Atlas, mentre il suo odore dolciastro gli baciava le cicatrici neve, grossolane con la delicatezza di mille petali di rosa. E mentre le dita morbide del ragazzo ricadevano caute sul suo corpo, baciandone ogni imperfezione e suonandolo come tasti di un pianoforte, Thomas, poteva osservare i loro colori giostrare fra le pareti di quella stanza, consumandone ogni brutto ricordo e creando un mondo dalle infinite porte che per trovare sarebbe bastato scorgere l'unicità dei loro colori.

«"unico". È buffo che esista una parola per questo concetto ma che non ci sia alcun modo per comprenderlo» «l'amore»
«"l'amore"?»

Thomas sorrise al ricordo della loro prima volta in quel cielo che ora considerava casa, lasciando che un vortice di emozioni lo facesse fremere sotto il rumore di una pioggia che da sempre lo aveva condotto in mare dai mille colori, baciandogli il volto fin dal suo primo respiro.

«il rumore?» domandò con voce spezzata, persa fra i ricordi scuri e loquaci che, sotto il tocco caldo di Atlas, si persero in un prato di mille lucciole color felicità.

«Sembra quasi una melodia» socchiuse gli occhi il biondo mentre, cauto, ricadde al fianco del roscio, facendosi cullare dallo scrocciare dell'acqua e dal verde del riccio che, vivido, lo faceva volteggiare tra le pagine della loro storia

«ti pregherei di non raccontare a nessuno ciò che hai visto»
«per chi mi hai preso?»
«per una pessima guida!»

Atlas sorrise ed aprì le ciglia bionde fra le schegge verdi di Thomas, scrutandone le iridi spezzate, frammentate che a stento si componevano, cucite con un filo sottile, color oro. Gli accarezzò il viso delicato con la punta delle dita, percorrendo le labbra rossicce, screpolate, per poi salire alle guance piene, alla punta del naso fredda, alle sopracciglia scompigliate e spesse e, mentre contava le lentiggini chiare sparse, si soffermò sugli occhi stanchi, posando le labbra morbide sulle palpebre latte.
Il filo divenne più spesso.

«Non voglio che tu vada» farfugliò occhi foglia, lasciando scivolare le dita calde sul collo di Thomas, mentre i loro cuori palpitavano lenti l'uno nelle mani dell'altro.
Thomas aprì gli occhi scheggiati in un sorriso morbido e si avvicinò ancor di più al corpo del più alto, posando la fronte contro la sua ed intrecciando i piedi freddi fra le gambe calde di Atlas, facendolo sorridere

«torno presto» lo rassicurò con un morbido sorriso, facendo scontrare la punta dei loro nasi in un piccolo saluto, stropicciandoli l'uno sull'altro, mentre le loro labbra si curvavano in un piccolo risolino dai mille colori.

«mi manca la mia famiglia» gli confessò Thomas con il labbro ben stretto fra i denti, mentre Atlas lo scrutava amorevolmente, giocando con i ricci rossi che gli ricadevano contro la mascella infantile.

«oggi incontro mia nonna» borbottò occhi foglia con il cuore in gola, sentendo la pressione incidergli le spalle candide fra quel verde dai mille specchi.

«agitato?» gli chiese, Thomas, affondando il viso contro il suo petto e portando le mani fra i capelli biondi, sottili, facendogli scivolare dal corpo ogni oscura paura, colorandolo con un pastello giallo.

«ho un po' paura di non essere più ciò che lei amava» si confidò, Atlas, posando il capo contro il cuscino morbido, lasciando che delle lacrime sottili gli baciassero il volto di porcellana

«perché io so di non esserlo più ed ho come il terrore che lei possa scoprirlo» farfugliò con un filo di voce occhi foglia, sentendosi spezzare dai dubbi che gli colmavano il cuore fra un battito e l'altro.

«Ats, lei è tua non-» il roscio sobbalzò quando la voce acuta del biondo gli invase le orecchie in un richiamo aguzzo, sovrastando la sua voce come in un grido disperato.

FecciaWhere stories live. Discover now