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Thomas si sdraiò sul telo chiaro e portò un braccio al di sopra degli occhi per proteggersi dal sole che ampio gli abbrustoliva il corpo, mentre con le dita asciutte, dell'altra mano, andò a giocare con la sabbia calda, godendosi quel poco di tempo che gli era rimasto con i suoi fratelli, assaporando quell'aria di normalità come fosse l'ora libera di un carcerato, con il ferro fra i denti.

«Tommy, la crema» Thomas annuì a quel richiamo proclamato da Samuel e con indecisione si sfilò la maglia, per poi afferrare la crema solare nella borsa da mare, cercando di non pensare al tempo che, infame, lo stava portando via come granelli di sabbia.

«mi dai una mano?» chiese il ragazzo verso la figura morbida di James, sapendo di riuscirci perfettamente da solo, ma voleva, anzi aveva bisogno di un contatto fisico che gli facesse colorare quel nero che lo avvolgeva. Aveva il dannato bisogno di saltare in delle pozzanghere di luce, di tuffarsi in un mare di stelle o in un precipizio di sogni, cercando di vivere quel giallo che ancora possedeva dentro di sé, ma che stentava a farsi vedere, nascondendosi fra i rovi più pungenti e sotto i tappeti più polverosi; doveva solo imparare a seguire le tracce.
James gli sorrise e pian piano gli spalmò la crema lungo la schiena bianca, stando attento a ricoprire pienamente ogni piccola lentiggine ed ogni neo che il ragazzino possedeva sulla sua pelle candida, delicata, osservando impietosito le innumerevoli cicatrici che gli segnavano il corpo.
Non riusciva neanche a guardarlo.

«posso tenere la maglia?» i quattro fratelli maggiori si osservarono confusi, spostando gli sguardi sul volto ruvido di Thomas e scontrandosi con quel verde sbiadito, rotto in mille spezzi di luce.

«tesoro, non devi vergognarti del tuo corpo» a prendere iniziativa fu la voce morbida di Samuel che gli si parò davanti a se con un sorriso raggiante, stringendogli le spalle bianche

«Non mi vergogno del mio corpo» scandì il più piccolo dei Black, alzando lo sguardo per poter osservare attentamente le svariate persone che gli passavano davanti gli occhi, notando come lo scrutassero chi incuriosito, chi spaventato e chi, in un invano tentativo, cercava di compatirlo con un sorriso morbido.

«Non voglio che la gente parli» ringhiò infastidito all'ennesimo sguardo di un passante, decidendo di infilarsi la maglietta e di camminare velocemente verso la riva, toccando con la punta delle dita l'acqua salata, terribilmente fredda.

«Non puoi sempre basarti su quello che dicono le persone» una voce calda gli arrivò alle spalle come un fischio che gli fece rizzare la schiena

«tu non sai che significa ricevere costantemente sguardi di compassione. Non sai cosa si prova nell'essere guardato in quel modo tutte le volte.
Non ho bisogno di essere compatito, Hanry.» Thomas sentiva prendere vita dentro di sé un mostro grande come il sole e scuro come la cenere, che lo costringeva a gonfiare il petto sempre più, spezzando ogni colore di luce, di felicità che ancora macchiava il suo corpo, la sua anima.

«pensi realmente che non lo sappia?
Guardami Tom: ho 34 anni e nonostante io sia un adulto ho bisogno di qualcuno che mi compatisca.
Tutti ne abbiamo bisogno» Thomas non seppe rispondere a tale affermazione, sentendo dentro di sé solo un inefrenabile voglia di scappare

«lo so che ti da fastidio, soprattutto se a farlo è qualcuno che non ti conosce, ma sta a te fargli capire se possono farlo o no.
Sei tu a decidere, Thomas e se non vuoi ricevere quegli sguardi devi fargli capire quanta voglia di vivere tu abbia, perché adesso come adesso, io, ti guardo e vedo solo un bambino che finge di essere un adulto, che finge che vada tutto bene quando non riesce neanche più a dormire o mangiare.
Devi reagire, Tommy» il piccolo si accovacciò sulla sabbia bagnata, toccando con la punta delle dita le conchiglie portate a riva, mentre dentro di sé continuava a ripetersi cosa stesse facendo della sua vita, di come si fosse ridotto in quella maniera

FecciaWhere stories live. Discover now