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Thomas osservava dal letto la finestra della sua camera, sdraiato fra le coperte calde di quella mattinata uggiosa e piovosa. Il sole era sorto da poco e Thomas lo aveva visto colorargli la stanza con una luce pallida, insolita dell'estate, mentre un leggero fresco gli segnò la pelle latte, facendolo rinchiudere fra le coperta morbide e calde. Era ancora nudo, segnato dalla cinghia di Hanry e da delle lacrime di una notte di insonnia, comandata da sobbalzi e scossoni fra gli incubi scuri.
Thomas era stanco, talmente stanco da non riuscire neanche a muoversi allora guardava, osservava la pioggia ricadere fresca contro il vetro, sentendo il suo ticchettio rompere il silenzio della casa. Con la punta delle dita andò a toccare la pelle arrossata, macchiata, sobbalzando al bruciore netto che, al sol sfiorare la coperta, lo faceva sussultare.
Si sentiva perso, completamente spezzato ed atono fra i respiri pesanti ed il ticchettio frenetico dell'orologio. Le gambe erano pesanti e gli occhi arrossati, gonfi e stanchi, cerchiati da delle occhiaie scure che macchiavano il volto latte del ragazzo come pennellate scure.
Thomas non si riconosceva più.
A fatica riuscì a muoversi, sentendo la testa leggera fra i respiri pesanti e le gambe molli, traballanti ad ogni passo. Si sentiva stanco, terribilmente stanco e con il cuore pesante, spezzato dalle parole di Atlas e dagli occhi rudi, taglienti di Hanry, dei suoi fratelli. Al sol pensiero, Thomas, sentì la testa girare, leggera, costringendolo ad appoggiarsi al bordo del davanzale della finestra pur di non cedere, cadere fra i fili impicciati, ingombranti dei suoi pensieri. Respirò con affanno, degrignando i denti fra i brividi freddi, impegnati di sudore ed a fatica si mosse, lasciando che una ventata di aria fredda, mattutina gli segnasse il viso pallido e stanco, completamente consumato dai pensieri ciclopici.
La luce del corridoio gli fece socchiudere gli occhi spenti, verdi, lasciandosi condurre, involontariamente, fin alla stanza di suo fratello maggiore Hanry, aprendo la porta socchiusa.
Non sapeva cosa ci facesse lì ed era più che sicuro che Hanry non volesse vederlo, deluso dal verde del nostro protagonista ma lui, ferito e colpevole delle accuse del maggiore, sentiva il bisogno di qualcuno che lo proteggesse e che lo sollevasse da quel dannato peso che a stento lo faceva respirare, macchiando il suo corpo di nero, sofrastandolo fino a farlo cedere.
Thomas, al sol ricordare le parole di Hanry, sentì le lacrime rigargli il viso mentre i singhiozzi pian piano iniziavano a riempire il silenzio nella stanza del più grande. Portò le mani latte a coprire le labbra rubino, cercando invano di tacere, di sovrastare quel peso che gli spingeva sul cuore, stringendolo talmente forte da farlo tremare. Un singhiozzo più forte di tutti lo portò a perdere il controllo, indietreggiando fuori dalla stanza, sovrastato dalle emozioni, pur di non svegliare il più grande, ma, impacciato, non potè che scivolare a causa di una scarpa sparsa per il pavimento buio, cadendo di sedere. Thomas provò a non urlare appena una fitta lancinante gli segnò la caviglia sinistra, portando le mani latte a coprirsi il viso bagnato e le labbra segnate, tagliate dai denti bianchi, ma fu tutto inutile appena la figura di Hanry si ritrovò ad accendere velocemente la luce del comodino, osservando spesato il ragazzino dai folti capelli rossi.

«Tom?» la voce di Hanry risuonò rauca, stanca, mentre la luce fioca della piccola lampada gli illuminava il volto scavato e biancastro, macchiato da due occhiaie petrolio, dannatamente scure.
Thomas esplose.
Sentì tutta la pressione accumulata crollargli addosso, sovrastandolo come un mare in tempesta e lui, solo sulla sua barca, illuminato da una sola candela, si sentì cancellare, essere soffocato dalle onde ampie, grossolane, spegnendo quella piccola luce che ancora lo teneva in vita.
Thomas credeva di aver perso Hanry, di aver perso i suoi fratelli, tutto quello che gli era rimasto... Credeva di essere solo.

«sc-scus-scus-» Thomas era sommerso dai singhiozzi e bloccato dal fiato corto e pesante, mentre i tremori ingombranti lo avevano portando a rinchiudersi fra le sue gambe, sbattendo la schiena contro la libreria e, cercando di tacere, continuava a cercare di far cessare il pianto tappandosi la bocca e stringendosi i capelli rossi.
Hanry sgranò gli occhi e con passo pesante scese dal letto, avvicinandosi con cautela alla figura di suo fratello minore, accendendo la luce della stanza.

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