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Thomas osservò i fratelli scendere le scale dell'istituto con il sedere dolorante e gli occhi lucidi, rossi e gonfi, sentendo dentro di sé i fremiti trattenuti farsi sempre più grandi, insistenti e le lacrime macchiargli la pelle. Si sentiva morire mentre il fiato gli si spezzava fra i denti bianchi e le gambe diventavano gelatina contro il pavimento bianco, lucido.
Thomas si piegò per terra, cominciando a sentire ovattato ogni minimo rumore che lo circondasse, mentre il respiro si spezzava sempre più veloce in un mare di lacrime che pian piano gli stavano tagliando la gola e chiudendo la bocca.

«ragazzo, stai bene?» gli domandò una donna responsabile dell'istituto, che nella sua gonna stretta gli si era avvicinata, piegandosi alla sua altezza e spostandogli i capelli ricci, rossi dal viso.
Thomas sentì quel richiamo come un fischio, come il silenzio dopo un esplosione, lo stesso fischio che sentì dopo lo scontro fra la macchina dei suoi genitori e quella dello sconosciuto che li tamponò facendoli ribaltare più volte su se stessi, togliendo la vita a chi amava di più.
Con un gesto lento alzò il volto pallido, sudato, facendo scontrare il suo verde limpido, ampio contro la figura della donna, facendola bloccare sul posto, stupefatta da quel colore così penetrante, vivido.
Thomas ringhiò nel sentire la testa girare e le mani della donna sul suo corpo, scattando via nel rumore ampio dei bambini fra i corridoi e nei richiami proclamati a gran voce dalla responsabile che provò a seguirlo, ma rinunciò nel vederlo correre con estrema velocità, scontrandosi contro Atlats che lo seguì a sua volta

«Thomas! Aspetta!» lo chiamò il biondo rincorrendolo fino in bagno ed osservandolo ricadere contro il pavimento bianco, spingendo la schiena contro il muro freddo per poter respirare fra i fremiti rigidi, acuti.

«va via!» urlò Thomas in preda ad un attacco di panico, non volendo essere visto dal ragazzo in quelle condizioni. Atlats non ascoltò le parole del ragazzino dagli occhi verdi, inginocchiandosi davanti a lui ed afferrandogli la mano che mise sopra il suo cuore con l'intento di fargli seguire il ritmo schematico dei palpiti.

«segui il battito» gli sossurrò all' orecchio con lentezza, spingendogli la schiena contro il muro freddo che lo fece fremere

«io-... I-io non ci rie-» mozzava le parole il roscio, mentre Atlats cercava di trovare un riscontro fra i loro colori, non sapendo che fare.
Thomas cercò di spingere la schiena contro il muro, ma una fitta al sedere lo fece piegare in avanti tossendo e piangendo mentre il respiro pian piano si incastrava fra le fitte ragnatele di dubbi e paure

«Thomas guardami!» alzò la voce Atlats, afferrandogli il viso fra le mani calde e lasciando che Thomas aprisse gli occhi grandi, verdi per far mischiare quei colori talmente opposti... Ossimoro in un passato vissuto, privo di elementi simili che potesse renderli complementari, che potesse unirli... Eppure in quell'istante, in quel breve attimo in cui i respiri caldi si incrociarono in un mare di petrolio, quei colori così diversi si mischirono creando, pennellata dopo pennellata, un cielo colmo di stelle dorate, collegate da fili morbidi, sottili dove ogni colore si poteva mischiare per sempre, riversandosi su quella tela di pura follia che dipingeva la loro anima.
Atlats scosse il capo e portò fra le sue braccia Thomas, facendogli collocare la schiena martoriata contro il suo petto, respirando fra i ricci rossi, morbidi, mentre, con velocità, gli afferrava la mano e la faceva battere contro il pavimento sporco dando un ritmo da seguire al suo cuore, alle sue paure che avevano colorato di nero ogni suo piccolo lembo di pelle.

«conta con me, Tom» era la prima volta che lo chiamava così e, per la prima volta, Thomas, si sentì di poter volare al di fuori delle onde scure che lo avvolgevano impedendogli anche solo di respirare.

«ti prego...»gli sussurrò occhi foglia contro il collo candido, portando una mano a spingere il torace del ragazzo contro di sé mentre, con cautela, aveva iniziato a contare portando con sé Thomas, ricolorando, anche se in piccola parte, il corpo del nostro protagonista.

FecciaWhere stories live. Discover now