6

296 25 4
                                    

Thomas fremeva ben seduto sul bordo del letto della sua camera, sentendo gli occhi pizzicare fra le diverse lacrime che gli rigavano il viso arrossato e spezzando i singhiozzi con una morsa al cuore mentre mille immagini dei suoi genitori ballavano davanti ai suoi occhi, di nuovo spenti in un verde soffocato, cancellato dalle lacrime. Sentì il suo cuore smettere di battere ed il corpo sommergersi di una melma scura, appiccicosa e soffocante che gli stava togliendo il respiro in un soffio, un soffio dannatamente gelido.
Il ragazzino si alzò di scatto ed aprì la grande finestra in un ringhio soffocato, cercando di respirare il più lentamente possibile sotto la voce morbida di sua madre e la chiassosa risata di suo padre, la stessa risata che caratterizzava anche il nostro protagonista. Si sentì soffocare sempre di più ed in uno scatto colmo di rabbia, frustrazione si tolse la maglia, portando le mani sul collo e sulle spalle graffiandonsi in cerca di aria, piangendo e piangendo in qualcosa più grande di lui che pian piano lo stava ingoiando vivo.

«Thomas, è pronto!» esclamò Hanry dal piano sottostante, scolando la pasta.
Thomas sentì quel richiamo come ovattato, togliendosi il tutore e lanciandolo lontano da sé per poi colpire, a cuore spianato, il muro con un pugno abbastanza forte da farlo sanguinare, con lo scopo disperato di un gesto che lo distraesse da quel dannato bisogno di urlare, di piangere chiassosamente. Si accasciò sul pavimento e spinse la schiena contro la parete azzurrina, immaginando le mani di Atlas macchiargli il corpo di un giallo luminoso e focalizzandosi sul dolore pungente alla mano, ricominciando a respirare.

«Tom!» fu richiamato nuovamente il ragazzo che, a fatica, deglutì la saliva e tossì per schiarirsi la voce, rispondendo

«Un attimo!» esclamò alzandosi dal pavimento lentamente, sentendo la testa girare e le gambe tremare fra il respiro pesante.
Quanto avrebbe voluto che Atlas fosse stato lì, pronto a colorare il suo corpo con un sorriso ampio e con le parole giuste.
Thomas posò le mani sul lavandino in ceramica, aprendo, tremante, il rubinetto dell'acqua fredda, portando la mano al suo disotto, per poi sciacquarsi il volto rossastro, osservandone, allo specchio davanti a se, le occhiaie scure, nette, la pelle candida e gli occhi rossi, estremamente rossi.
Non poteva farsi vedere così.

«Thomas!» lo chiamarono nuovamente con voce spazientita, probabilmente accecata dalla fame.
Thomas pensò, pensò a cosa dovesse fare, a come dovesse mentire, ma non ebbe neanche il tempo di muoversi che la figura di Hanry varcò la porta del bagno con irritazione, gelandosi sul posto all'aspetto penoso, spiacevole di suo fratello minore.

«Tom...» sussurrò il suo nome con voce morbida, avvicinandosi a lui con estrema lentezza ed osservandone il corpo tremante, rigido e teso, completamente in difensiva.
Thomas, degrigiò i denti e con un gesto schietto si asciugò le lacrime, ponendosi davanti il corpo di Hanry con un passo indietro e con petto gonfio.
Hanry sentì i suoi occhi pizzicare e le mani tremare, afferrando dolcemente il viso del fratello minore fra i suoi palmi freddi, sudati dall'agitazione

«mi è andato solo il sapone negli occhi» affermò con voce tremante, Thomas, lasciando che Hanry mischiasse i loro colori così simili, in un circuito di vetri rotti.
Hanry non ascoltò minimamente le parole del fratello più piccolo, portando le dita bianche e fredde ad accarezzare la mano bagnata, ferita di Thomas.

«amore mio...» sussurrò con il cuore in gola, portando fra le sue braccia il ragazzino dai folti ricci rossi e singhiozzando fra di essi, mentre con braccia ampie lo stringeva sempre più forte, lasciandosi inghiottire anche lui da un nero deforme, lugubre.
Thomas, stupito da tale reazione, tardò a lasciarsi andare fra quelle braccia, affondando il volto contro la spalla di Hanry e stringendogli a pugni serrati la maglietta scura, scoppiando a piangere fra i singhiozzi sottili di suo fratello maggiore.

«Non volevo.... Non volevo... Non volevo...» continuava a ripetere fra le lacrime, Thomas, riferendosi al sangue caldo sul bordo del lavandino e alle nocche leggermente danneggiate, ma Hanry non lo ascoltò, continuando a sussurrare dei docili "shh" contro i suoi capelli, cercando in tutti i modi di far ritornare quel sottile colore che possedeva il suo cuore, ma a stento riusciva a sentire il suo calore.

FecciaHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin