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Thomas ansimava fra i singhiozzi chiassosi, camminando solo sotto una luna dai mille specchi che, vorace, gli avvolse il corpo soccitto in un velo di luce, mettendo a nudo ogni taglio, cicatrice del ragazzo.
Si sentiva perso, completamente schiacciato dal dolore di un amore mai iniziato, giovanile che lo aveva soffocato fino a farlo cedere, fino a ritrovarsi con un paio di scarpe in mano, a camminare per le strade desolate della sua città con il cuore stretto fra le dita, distrutto e consumato da un paio d'occhi color di foglia, ricolmi di petali d'oro e raggi di sole, di brividi di vita che, Thomas, aveva mischiato ai suoi color smeraldo, di vetro, spezzati da una vita ingiusta e da una strada sbagliata, ruvida sotto la pianta dei piedi.
Chi era lui?
Non si riconosceva più.
Aveva solo 14 anni e temeva di vivere, di trovare la sua strada, camminando sui terreni più frastagliosi con occhi serrati fino a cedere, a cadere, allontanando da sé chiunque cercasse di aiutarlo a rialzarsi. Allora si fermava ed osservava, seduto, il cielo scuro sopra di lui, toccando con la punta delle dita la terra sotto di sé, chiedendosi come, perché si trovasse lì, sotto gli occhi di chi lo ha sempre amato e che, invano, gli porgevano la mano per rialzarsi; la rifiutò ancora, ancora ed ancora, serrando i pugni contro il terreno duro e rialzandosi barcollando sotto il cielo più nero, privo di stelle.
Da lontano osservava il semaforo lampeggiare giallo, spento nel buio del suo sguardo, mentre tutto in torno a se giaceva nel silenzio più chiassoso che avesse mai sentito. Si lasciò cadere sulle ginocchie, sentendo la pressione dei suoi pensieri spingerlo sempre più in profondità, affossarlo. Il respiro pesante gli macchiava il viso paunazzo, mentre gli occhi stanchi, gonfi, ciondolavano morbidi in mezzo a quella strada, piegato con la testa contro il cemento scuro, freddo. Il fiato si spezzò nuovamente ed un pianto acuto venne bloccato fra le labbra scure e screpolate, mangiucchiate da ansia e paure. Rimase li, solo, spezzato per tempo indecifrabile, sentendo il vento fresco di fine estate avvolgerlo e trasportarlo fin sotto le onde più scure di un mare di petrolio e lamette, di insicurezze e lacrime. Si lasciò graffiare ed odiare fino a crollare. Lui si odiava.
Thomas odiava odiare, vedeva del bello in qualsiasi cosa, giostrando con i colori vividi della vita lanciandoli per aria e ri prendendoli al volo, eppure, guardandosi allo specchio, non poteva che destersi, odiare a cuore aperto ciò che era e che stava diventando, non riuscendo a cambiare quello stupido riflesso davanti a se.
Si odiava terribilmente.
Sarebbe voluto scappare e ricominciare da capo fino a dimenticare chi fosse, eppure non lo fece, consapevole che, se mai avesse avuto l'opportunità di ricominciare, avrebbe distrutto nuovamente tutto a palmi spianati, sgretolando ogni piccola cosa bella che il mondo gli avrebbe ceduto.
A stento riusciù ad alzarsi, puntando i piedi scalzi contro il cemento scuro e freddo, mentre a stento riusciva a controllare i tremori ampi. Camminò lentamente, soffermandosi ad osservare i palazzi bui illuminati solamente dai lampioni circostanti, fino ad arrivare nel piccolo giardino della sua casa, sedendosi stanco sui gradini del portico dalla porta cioccolato. Ancora ricordava la prima volta che, dopo la morte dei genitori, ne solcò l'entrata, sentendo le mura candide soffocarlo e gli occhi vividi dei fratelli ricoprirlo di pietà.
Cosa ci faccio ancora qui?
Si sdraiò sugli scalini, non considerando le luci accese nella piccola casa, e posò le scarpe consumate al suo fianco, osservando il cielo scuro ed alzando le mani pur di toccare quelle piccole briciole di luce che le nuvole grigiastre gli permettevano di vedere. Gli sembrò di poterle stringere fra le mani. Ammiccò un sorriso e si lasciò andare, chiedendosi perché non fosse anche lui un punto luminoso nel cielo come i suoi genitori, perché non fosse stato, anche lui, strappato da questa vita che non sembrava volerlo più, e perché fosse ancora lì a sbagliare e sbagliare giorno dopo giorno.
Voleva andarsene una volta per tutte.
Diventare una stella e brillare nel buio del suo dolore.

«Thomas» odiava quando le persone lo chiamavano con il nome intero.
La voce rauca di Hanry ruppe il silenzio della notte, lasciando che il verde dei suoi occhi macchissse furioso la figura di suo fratello minore che, sovrastato dalle emozioni, giaceva sdraiato sugli scalini del portico, fremendo sotto la luce flebile dei lampioni e dei pensieri

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