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Thomas affondò il viso contro le coperte scure del letto, sentendo il rumore costante di Liverpool scomparire fra i suoi stessi respiri, mentre la luce pallida del sole si celava, impaurita, sotto le dita candide, color neve. Le osservò muoversi caute e giostrare con quella luce pallida, morbida di fine estate, perdendosi nella musica chiassosa al piano sottostante.
Si domandava il perché si sentisse risucchiare, inerme, fra le mura della sua stanza mentre, a cuore aperto, la sua famiglia lo pregava di volteggiare felice fra le loro mani, perdendosi in un futuro prospero ed in un presente limpido, dimenticando il passato logoro e ruvido, tagliente sotto i suoi occhi scheggiati, rovinati dalle mani di un Dio a cui Thomas non aveva mai creduto, che non aveva mai ascoltato.
Chi era lui?
A stento si riconosceva.
Ancora troppo bambino osservava l'orizzonte con il cuore in gola, immaginando di poter toccare quei colori vispi, caldi una volta per tutte e di poter volare fin lì, fin dai suoi genitori; lì dove tutto finiva.
Thomas sentì il respiro mozzarsi vivido fra le sue stesse lacrime, mentre il corpo soccitto, sempre più debole, magro iniziò a fremere vorace di dolore.
Chi era lui?
Il roscio affondò il viso contro i cuscino spesso, mentre tutto in torno a se gli sembro girare come una trottola dai mille colori.
Ringhiò di dolore fra i suoi stessi pensieri, scacciando da sotto gli occhi le figure statiche dei suoi genitori che lo scrutavano rigide fra i respiri pesanti.
Non lo riconobbero.
Il verde dei suoi occhi si spezzarono nuovamente, facendo sì il corpo rigido, asettico si spiegasse al peso del mondo stesso sotto il volere dei suoi pensieri, dei ricordi che liberi volavano fra le mura di quella stanza.
Thomas non sapeva volare.

«Thomas» a chiamarlo fu la voce rauca di Samuel che, rigido, lo osservava inveire contro i suoi stessi fremiti, nudo di un orrore che mai osò provare.
Vide, vide con i suoi occhi l'odio di un ingiustizia, le ferite di un Dio in cui aveva sempre creduto e che, adesso, a stento riconosceva, a stento osservava, ripudiandolo giorno dopo giuro. Samuel vide ciò che mai volle vedere.

«ho bisogno di aiuto, Sam.» sussurrò rigido il più piccolo, dando le spalle nude all'azzurro torbido del più grande.

«d-d'accordo» balbettò il più grande.
Samuel non balbettava.
Thomas sussultò all'incertezza del più grande, girandosi lentamente verso la figura rigida, tremante del ragazzo.
Chi era lui?
Thomas si accorse, si accorse per la prima volta del vero volto di suo fratello. Lo vide cadere fra le sue stesse mani.

«Samuel» lo chiamò con un filo di voce, il roscio, affondando il volto contro la spalla ruvida del più grande.
Provò a sostenerlo, provò a non spezzarsi, ma Samuel non glielo permise, lasciando che i loro corpi si amalgamarono flessibili l'uno fra le mani dell'altro, non cedendo..

«scendi giù con noi?» gli accarezzò i capelli rossicci il più grande, sorridendogli vivace in un mondo dai colori sbiaditi.
Thomas annuì.

«andrà bene, te lo prometto» ammiccò un sorriso il più grande, stringendogli le guance rossastre fra i palmi ruvidi e baciandogli la fronte latte.
Thomas rimase rigido, come bloccato sotto quel colore che mai vide così spento, spezzato sotto i suoi tocchi.

«te lo prometto» ripetè con un filo di voce il più piccolo, bagnando le labbra rossicce fra i respiri pesanti, fragili di Samuel che lo guardava perso, rigido fra il verde del più piccolo.
Non lo riconosceva più.
Fra le mani cingeva il corpo di un estraneo.

«andiamo» gli sorrise, il roscio, curvando le labbra morbide ed afferrando la mano del più grande nel rumore chiassoso dei loro cuori.
Samuel, rigido, si mosse a pari passo con il più piccolo, lasciando che il colore della sua famiglia coprisse il nero dei suoi dubbi fino a farlo affogare fra la musica chiassosa dei CD della madre che, ormai consumati, avevano cresciuto quei piccoli uomini che ballavano soli, ricolmi di incertezze, l'uno nelle mani dell'altro.
Chi erano loro?
A questo Thomas non interessava, si lasciava guidare dalla corrente come un corpo assente, sentendosi fremere vivido di una melodia che palpò a mani nude, volteggiando sotto il ghiaccio di suo fratello maggiore James che, in un gesto morbido, lo condusse in un mondo dai toni vivaci e dagli occhi più spensierati.
Thomas tornò bambino.
Il verde dei suoi occhi divenne luce fra mille ombre, vedendo i corpi dei suoi genitori ballare vivaci fra di loro, volteggiando felici nel salone di quella casa. Li vide ballare, perdersi fra il colore dei suoi fratelli, seguendo li a ruota in un mondo assai lontano.
Thomas sorrise candido ed afferrò la mano di Hanry, lasciando che i loro colori, affini, si sfiorassero fra le note di un insulsa canzone dai ricordi di vetro, talmente fragili fra le loro mani, eppure, Thomas, non temeva di spezzarli: li cingeva forti fra le dita latte mentre vokteggiava frenetico sotto gli sguardi lucidi, brillanti di chi lo ha sempre amato.

FecciaWhere stories live. Discover now