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Resto immobile, in piedi

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Resto immobile, in piedi.
La foresta si erge imponente attorno a me. Le centinaia, se non migliaia di tronchi circondano la mia figura, si trovano ovunque lascio sorvolare lo sguardo.

Il bisogno di cercare, confrontarmi con la bambina dei boschi ha preso il controllo di corpo e mente, qualsiasi altra azione avessi mai potuto intraprendere.

Non ho concesso neanche a mio fratello il tempo di concludere la riunione col notaio, osservarne la testa castana uscire dallo studio e tempestarlo di domande per poter esaudire alcune mie curiosità, riguardanti l'esito emerso attraverso la lettura del testamento.

Chissà se mi starà cercando, se si chiede che fine abbia fatto io e dove possa essere andato.

Almeno, adesso, di positivo c'è che siamo pari. Dopo tutte le volte che a sparire è stato lui, lasciandomi giorni interi senza avere sue notizie.

«Sophia» urlo il nome suo, della bambina, a pieni polmoni.
«Sophia, dove sei?» continuo a chiamarla, sperare si faccia viva, venga da me il prima possibile.

Niente. Non succede proprio un bel niente.

Io continuo a rimanere da sola, immersa nella quiete dello scrosciare di foglie mosse dal vento, del tacito suono di acqua che scorre nelle vicinanze, presso una fonte che l' occhio ancora non ha scorto.

Non posso arrendermi. Ci deve essere una ragione dietro la visione, una spiegazione se è venuta a cercarmi, delle risposte al quale non voglio sottrarmi.

«Sophia. Ti prego, io sono qui. Ti sto aspettando» continuo, esasperata eppure mai pronta a rassegnarmi.
Un' ondata di energia mi investe, mi carica e si scarica, concentrandosi nella mia voce.

Lei è qui, riesco a percepirla anche se non la vedo.

La vista si appanna, avverto le guance inumidirsi, avvampare dal caldo improvviso che mi pervade. D'istinto, porto una mano per asciugarle, scansare via le lacrime che con estrema fatica posso continuare a trattenere.

Non posso piangere, non devo. Non adesso, perlomeno.

«Sophia...» insisto, determinata, ostinata nel seguire questa strada. Adesso non urlo più nel vuoto, al vuoto. «Ti supplico».

«Sophia ti supplico» sogghigna la ragazza russa, ripetendo il suono uscito disperato dalle mie labbra, avanzando in mia direzione, muovendosi attraverso gli alberi con la stessa disinvoltura di quanto si calca una passerella, sfilando tra rami caduti, tappeto di foglie e radici rialzate con i suoi vertiginosi tacchi. La ragazzina dei capelli viola sempre al suo seguito.

«Non ho intenzione di avere problemi, adesso» le intimo, arretrando di un passo per evitare che, al pari della volta scorsa, questa ragazza rischia di tornare a farmi perdere il controllo di me. Sembra avere un particolare talento, in questo.

«Non sono io a urlare nel bel mezzo di un bosco» marca lei, divertita, quelle parole.
«Sophia. Ma chi cavolo è Sophia? Ti stai rendendo ridicola, non che tu non lo sia già abbastanza» per poi scrollare dietro la schiena le lunghe onde castano miele, lanciandomi addosso un ghigno di sfida e prepararsi ad andare via.

LIGHT DEMON - Il Rumore Della Rinascita Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora