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Capitolo due

Megan

In casa regna il silenzio più assordante.

Chiudo delicatamente la porta e appoggio le chiavi sul mobile in legno vicino all'ingresso. Sto molto attenta a non fare rumore, non ho intenzione di svegliare nessuno. Purtroppo, però, a causa della mia goffaggine, prendo contro al mobiletto, che si mette subito a traballare, come se ci fosse stata una scossa di terremoto. Alzo gli occhi al cielo.
Menomale tutte le luci sono spente.

Tolgo le scarpe, appoggiandole delicatamente per terra e rimango in calzini. Mettendo prima un piede poi l'altro, sorpasso la camera dei miei fratelli, il bagno e finalmente arrivo davanti alla porta del mio regno. La apro molto delicatamente e me la richiudono alle spalle.

In un battito di ciglia mi ritrovo in pigiama, distesa nel mio sofficissimo letto.
Rilasso tutto il corpo, assaporando questo momento magico, poi mi volto e guardo la sveglia.
Cavoli... sono già le 2.30.
Provo a chiudere gli occhi, sforzandomi di dormire ma la voglia di leggere prende il sopravvento, devo assolutamente concludere il libro. Sono troppo curiosa di sapere se Bella, riuscirà a stare lontana da Edward e se scapperà dalle grinfie dei Volturi. Per fortuna mi mancano solo poche pagine.

Direi che questo è uno dei miei libri preferiti: Edward Cullen protegge Bella come se fosse la cosa più preziosa e inestimabile, preferisce allontanarsi da lei, sacrificando i suoi sentimenti piuttosto che metterla in pericolo. Mi ripeto tra me e me che non esistono ragazzi così, per questo che credo che la lettura sia meglio della realtà.

Sento gli occhi appesantirsi, mi sa che non riuscirò a finire nemmeno questa sera.
A malincuore, sono costretta a riporre il libro sul comodino e a chiudere la luce. Come al solito, mi giro sul fianco sinistro, afferro Pablo (il mio bellissimo pinguino di peluche), lo stringo tra le braccia e mi lascio cullare dal silenzio della camera.

«Meg...Meg... SALVAMI! Ho bisogno di te, perché mi lasci solo? Meg ti prego, non ce la faccio!» avvolta in una nube scura, vedo l'ombra di un ragazzo che mi si avvicina e mi parla. Lo sento singhiozzare. La sua figura però non è nitida, è contorniata da una nube grigia e la sua voce mi mette i brividi. Cerco di rispondergli e allungo le mani nel tentativo di afferrarlo, ma precipito giù per un dirupo.

«AAAAAA» urlo a pieni polmoni. Il mio petto si alza e si abbassa, ho la fronte madida di sudore e le lacrime agli occhi.

Mi guardo intorno, cercando di capire se sono viva o morta. Vedo la mia scrivania, il computer, la libreria; sono viva e sono nella mia camera. No... non può essere successo di nuovo! È quasi un mese che questo tizio "senza volto", mi appare in sogno. Non riesco a capire chi sia.  È un incubo che sembra realtà.

Comincio a respirare a fondo, nella speranza di tranquillizzarmi. E' sicuramente colpa della lettura e della mia mente "bacata". Mi asciugo le lacrime e guardo preoccupata la sveglia. Sono le 5.30, mi conviene riprovare a dormire altrimenti dormirò in classe.

Qualche minuto dopo, qualcosa o meglio qualcuno, interrompe il mio prezioso sonno.
Basta! Da domani camomilla prima di dormire.
Sento da lontano una voce che strilla «Megan, ti conviene tirarti su da quel letto, altrimenti apro le finestre!»
Che palle... credo sia passato più di qualche minuto.

Mia madre entra nella stanza con la delicatezza di un elefante che si muove in mezzo ad una cristalleria. Mi dà qualche colpetto con la mano sul sedere per svegliarmi e se ne va ciabattando di qua e di là. Sa che starei volentieri a letto invece che andare a scuola... chi non lo farebbe?!
Mi giro a pancia in su e apro gli occhi, tentando di fare mente locale sul giorno e sull'ora. Mi stiracchio e mi alzo dal letto. Mi conviene muovermi, prima che la signorina McGranitt ritorni.
Faccio una doccia veloce, mi trucco (la mia faccia è davvero orrenda stamattina) e mi vesto.

Sono pronta per la scuola. Preparo e mangio velocemente la colazione e, dopo aver salutato tutti, monto in sella alla mia bicicletta antica e comincio a pedalare verso la scuola. Quando vado in bici mi estranio dalla realtà a tal punto che rischio di fare qualche incidente. Non so, mi sembra di essere a cavallo, con i capelli sciolti che si muovono al vento, senza preoccupazioni, in mezzo alle colline erbose della Scozia. 

È il cancello vecchio di metallo della scuola a farmi tornare alla realtà; respiro i miei ultimi attimi di libertà e varco l'imponente soglia, pronta ad affrontare la giornata. Chiudo la bici, litigando come al solito con il lucchetto.

Comincio a camminare con lo sguardo rivolto al terreno, cercando il più possibile di essere invisibile. Sotto le scarpe sento lo scricchiolio delle prime foglie autunnali. Fortunatamente gli studenti che sono sparpagliati per il cortile, sono tutti presi nelle loro cose e nessuno mi nota. Ci sono gli studenti del gruppo di teatro, che vanno a caccia di matricole per cercare di farli partecipare al Musical di quest'anno, ci sono poi i giocatori di football che si tirano la palla e ridono per battute sconce e diversi studenti che camminano per i fatti loro, verso l'entrata. La mia scuola è il tipico stereotipo di scuola americana che si vede nei film, ma mentre lì la protagonista da "ragazzetta inutile" diventa "la popolare", amata da tutti e con il badboy ai suoi piedi, qui è fortemente improbabile che possa succedere una cosa del genere. Ci sono tantissime ragazze che, come me, sono invisibili e tali resteranno. Questa è la realtà.

Come volevasi dimostrare, nessuno si accorge di me. Scorgo qualche mio compagno di classe fingere di non vedermi e io faccio lo stesso con loro. In fin dei conti, non è mai stato mio interesse intrattenere delle relazioni umane al di fuori di quelle che già ho; ritengo tutti un po' ipocriti, che ti cercano solo al momento del bisogno ed è per questo che preferisco non avere nulla a che fare con loro.
Nonostante però cerchi di non avere contatti con "questa gente", il più delle volte, mi ritrovo ad uscire con Jill e Chloe e a sopportare i loro discorsi, solo per evitare di sentirmi dire che sono isolata e poco socievole. Sono un po' ipocrita anche io forse.

I miei monologhi mi hanno portata all'ingresso della classe. Sospirando, guardo lo schermo graffiato del mio cellulare, sono le 7.45.

Prima ora, matematica.

Shut up and Kiss me! [Completo]Where stories live. Discover now