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Capitolo otto

Megan

"Meg!Meg!? Aiutoo, salvami ti prego"  sento una voce che urla, mi guardo intorno ma non vedo nessuno.
Un senso di ansia mi invade.
"Ehi aspetta, chi sei? Perché continui a chiedermi aiuto?! Cosa posso fare?" chiedo allarmata
"Non abbandonarmi Meg, trovami e salvami, ho bisogno di te!" lui continua a parlare.
"Ma dove? Non te ne andare, ti prego, non anche tu!" gli urlo rendendogli una mano, mentre si dissolve nell'aria.

Balzo giù dal letto, cerco di respirare ma la paura mi blocca l'aria. Guardo la finestra é spalancata, mi sembrava di averla chiusa ieri sera.
C'è un freddo polare qui dentro.
Mi muovo verso la finestra e mi appoggio al davanzale, lascio che il freddo mi entri nelle ossa.

Non posso fare a meno di fissare la luna, la sua bellezza mi attira come una calamita.
Guardo il cielo pieno di stelle.
Appoggio una mano alla fronte, cosa mi sta succedendo! Non capisco.

Rabbrividendo, chiudo la finestra.
Guardo la sveglia.
Sono solo le tre!
Sbuffo; ancora una volta mi ritrovo in piedi nel cuore della notte per colpa di questa misteriosa voce, perché mai ha bisogno di me? Come posso aiutarlo, se anche io ho bisogno d'aiuto? Forse è tutto un sogno... chi può chiedere aiuto proprio a me?

Mi raggomitolo nel letto e guardo il soffitto.
Rimango così per tanto tempo.
Ascolto il silenzio della notte.

Non riesco ad addormentarmi.
Chissà come sarà il nuovo compagno di classe, sicuramente uno schianto come si dice in giro.
Perciò, ha ragione Cassandra: sarà come con gli altri, non dovrò preoccuparmi, non si accorgerà neanche di me, sono la ragazza invisibile.
Questa è una delle poche cosa di cui vado fiera.
Mi piace entrare in classe e non essere vista. L'unica cosa che mi dà fastidio è l'essere cercata solo per copiare i compiti o le verifiche.
Ma tanto ci ho fatto l'abitudine.

Dal momento che il mio sonno si è andato a far benedire, penso a quanto deve essere figo aver la patente, sentirsi invincibili e indipendenti.

Ora capisco lo stress provato dalla povera Molly Bloom, moglie del protagonista del celebre romanzo di Joyce: il mio cervello lavora senza sosta, tanto da non farmi dormire.

E se esistesse una realtà in cui le persone vanno in giro con dei sacchetti -di carta- in faccia?

Io per prima: mi hanno detto che metto in soggezione quando parlano con me, creo un senso di "paura". Sarebbe perciò molto più facile avere un sacchetto, così la gente prediligerebbe le idee, il pensieri, la persona più che l'aspetto.

Non nego il fatto che non ci possano essere delle persone che, pur di ferire, criticherebbero persino il sacchetto, però sarebbe molto più facile.

Che sciocchezze.

Scuoto la testa, con l'intento di scacciare questi pensieri idioti.
Mi alzo e vado in cucina a prendere un bicchiere d'acqua, questo mi aiuterà schiarirmi le idee.
Mi siedo sullo sgabello e appoggio il gomito al bancone di granito.
Non posso fare a meno di ripensare al sogno.

Le mani diventano improvvisamente sudaticce: ho sempre avuto paura dei sogni.

La mamma dice che alcuni sono premonitori... un po' ci credo, anche se non capisco ancora in che senso.
Mi sono documentata e ho letto per esempio che, se dormo sul lato sinistro, ho più possibilità di fare degli incubi -io chiaramente mi addormento sempre su quel lato. Ma questi sono dettagli...-

Ma continua a ronzarmi in testa il perché, tra tutte le persone della terra, questo povero ragazzo ha proprio bisogno di me!

Io non sono nessuno.
Magari è un messaggio divino, magari qualcuno in cielo vuole che io faccia qualcosa a favore del prossimo...

Mi alzo e mi incammino verso la camera e un brivido mi attraversa la schiena.
Ho la sensazione che qualcuno mi osservi, ho paura.
Se la voce cerca il mio aiuto, non può farmi paura e tanto meno del male. Questo mi fa sentire meglio.
Come faccio a trovarlo, se non so neanche come è fatto?

Potrebbe essere chiunque: il ragazzo che mi porta la pizza, un mio compagno di classe o addirittura uno sconosciuto.

Sento un rumore venire dalla finestra.
Il cuore mi batte a mille, sto morendo di paura.
Mi fiondo sotto la coperta, afferro Pablo e lo stringo tra le braccia.

Sento la porta della mia camera aprirsi.
O
Mio
Dio.
C'è veramente qualcuno in casa.

"Meg Meg? Dormi?" La voce di mio fratello mi fa rizzare i capelli e cacciare un urlo
"Cosa urli? Vuoi svegliare tutto il vicinato?" Mi sgrida mio fratello Chris.
"Scusa Chris... Non pensavo fossi tu. Cosa ci fai a quest'ora qui?" Dico portando una mano  al petto, tranquillizzandomi.
"Non riesco a dormire, ho fatto un incubo..."mi spiega stropicciando gli occhi.

Allora non è solo un problema mio, è una difetto di famiglia.

"Vuoi venire qui con me?" Chiedo alzando le coperte e facendogli spazio.
Mi guarda titubante, sembra nervoso.
"No...Uff! In realtà si." Ammette
"Dai vieni, ma non darmi tanti calci. L'ultima volta mi sono rimasti i lividi per dieci giorni." Ridacchio abbracciandolo.
"Va bene, promesso." Sorride chiudendo gli occhi.
"Bene, buona notte." Dico.
"Buona notte sorellona, grazie." Mi risponde.
Per fortuna domani è sabato e non vado a scuola.

Mi sveglio è già mattina, devo andare in bagno.
Tra l'altro mi sono appena ricordata di Chris...
Mi dispiace svegliarlo, però devo proprio a andare in bagno.

Lo sposto.
Per fortuna ha il sonno talmente pesante che non si è neanche accorto del mio gesto.

Esco dal bagno e mi fiondo in cucina, mi sento come un cane randagio in cerca di cibo, ho una fame boia.

Vedo la mamma intenta a leggere una rivista e il papà al computer.
Mia madre e mio padre lavorano insieme in una libreria: grazie al loro lavoro riesco a procurarmi tutti i libri che voglio.

Purtroppo anche se amo quello che fanno, questo lavoro non ci rende ricchi.
Ho sempre passato molto tempo in libreria tanto che quando ero più piccola avevo creato, nel soppalco del negozio, un nascondiglio segreto: avevo chiesto a mia nonna di prestarmi il vecchio materasso di sua madre, e lei, visto che non lo usava più, me lo aveva regalato.
Così, con l'aiuto di mio padre, lo mettemmo in questa soffitta che faceva da magazzino e creammo con delle mensole, un muro di libri per me.
Spettacolare! Lo adoravo passavo lì dentro ore e ore anche a studiare.

"Ciao tesoro, buon giorno." mi saluta la mamma.
"Ciao"  rispondo sbadigliando.
"Ti ho preparato il succo e dei biscotti, li ho fatti ieri, sono molto buoni" mi dice fiera di se.
"Ok, grazie mamma". le dico cercando di nascondere il mio disgusto.

I biscotti di mia madre sono proprio un disastro.
Mica una volta che non sembrino sassi.
È una donna davvero brava in tutto, tranne che in cucina, un esempio?
Per il mio undicesimo compleanno, ha insistito a preparare lei la torta, io ero stracontenta, avevo invitato tutti i miei compagni.
Arrivato il momento di portare la torta in tavola, si presentò mia madre con una bellissima torta.
Non appena l'appoggiò, si squagliò diventando poltiglia.
Non solo era orrendo l'aspetto, ma anche il gusto.
Tutti i miei amici si erano messi a ridere.
Corsi in camera piangendo; così mio padre e mia madre andarono a comprarne una "vera" in pasticceria e me la portarono, rianimando la festa per me ormai conclusa.
Ora, sono davanti ai suoi biscotti ma voglio troppo bene a mia madre per darle questo dispiacere... in più ho una fame assurda.
Butto giù con un pó di succo.
Disgustosi.

"Mamma posso andare a fare un giro in bici?" chiedo con gli occhioni da cucciolo.
"Si, però torna per l'una, oggi abbiamo ospiti" dice continuando a leggere la sua rivista.
"Va bene. Ciao a dopo" saluto tutti, apro la porta e inspiro la libertà.

Shut up and Kiss me! [Completo]Where stories live. Discover now