PROLOGO

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25 Settembre 1948, West Virginia

Jonathan si svegliò di soprassalto a causa delle urla che, provenendo dall'esterno, riecheggiavano nella stanza.

Si sedette sul letto stropicciandosi gli occhi e cercando di farli adattare al buio della camera, poi si alzò facendo cigolare la rete sotto al materasso. Facendo attenzione a non inciampare in uno dei tanti giocattoli di legno costruiti dal nonno qualche anno prima, sparsi per tutto il pavimento.

Andò verso la finestra, dall'altro lato della piccola stanza quadrata dove dormiva insieme a suo fratello James ed alla sua sorellina Linda di due anni.

Scostò la tenda azzurra, ricamata con un motivo a fiori, da un lato e guardò attraverso il vetro da cui, nonostante la sporcizia, filtrava una debole e tremolante luce arancione.

Una coltre di fumo copriva tutto il paese e si riuscivano a scorgere solamente i tetti delle case più vicine e le cime degli alberi del bosco che circondava il villaggio

 In lontananza, la notte era rischiarata da una specie di alba arrivata molto in anticipo.

Nella strada le persone correvano da una parte all'altra, stringendo bambini che piangevano e urlavano. Andavano in ogni direzione, di tanto in tanto piccoli gruppi di persone venivano inghiottiti dal fumo, mentre altri si allontanavano.

C'era qualcosa di insolito in quello che vedeva, ma era difficile capire di cosa si trattasse, considerata la confusione.

Guardò James che dormiva serenamente sul suo letto, i capelli neri che gli coprivano il viso, su cui sembrava esserci un mezzo sorriso: forse stava facendo un bel sogno.

Jonathan e suo fratello non si assomigliavano minimamente, sebbene fossero gemelli. Jonathan aveva i capelli marrone chiaro, gli occhi dello stesso colore ed era abbastanza alto. Suo fratello, invece, era molto più basso di lui ed aveva degli occhi verde acceso: la mamma diceva sempre che avevano il colore del bosco in primavera.

Il bambino decise di andare a vedere di persona ciò che stava accadendo fuori, tanto ormai era sveglio e sapeva che non sarebbe riuscito a riaddormentarsi facilmente.

Scese le scale, facendole scricchiolare sotto il suo peso sebbene cercasse di fare il più piano possibile

 Arrivato davanti alla porta della cucina sentì i suoi genitori che parlavano sommessamente. Abbassò piano la maniglia e poi aprì la porta: loro smisero di parlare e lo guardarono. Lui, quasi imbarazzato di averli colti di sorpresa, voltò lo sguardo verso il nonno che dormiva sulla sedia a dondolo vicino al divano, davanti al camino, gli occhiali storti sul naso e il corpo avvolto in una leggera coperta grigia.

«Che sta succedendo?» chiese.

Loro si scambiarono un'occhiata e poi suo padre prese la parola, parlando nel modo più calmo che gli riuscisse.

«Jonathan, c'è stato un incidente. La fabbrica di bambole in fondo al paese ha preso fuoco. Tu sai bene che alcune famiglie molto povere mandano lì i loro bambini a lavorare per guadagnare qualche soldo. Alcuni di loro non ce l'hanno fatta, mi dispiace.»

A quel punto Jonathan cominciò a preoccuparsi, poiché sapeva bene che alcuni bambini lavoravano nella fabbrica, ma cosa intendeva suo padre con alcuni di loro?

C'era solamente una persona che Jonathan conosceva e che lavorava nella fabbrica: Michael Greenhouse. Il suo migliore amico.

Calzò velocemente le scarpe rosse che aveva comprato la settimana prima, senza perdere tempo ad allacciarsele, e prese dall'attaccapanni la giacca nera di suo fratello dato che la sua l'aveva lasciata in camera la sera prima.

The Dolls (vincitrice Wattys 2017)Where stories live. Discover now