CAPITOLO DUE-PRIMA PARTE

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Helen tornò al laghetto dove Liam l'aveva portata qualche giorno prima. Erano passati tre giorni da quando era entrata nella casa di Neil Horice, ma non era ancora riuscita a togliersi dalla mente l'immagine del suo corpo riverso sulle scale. Ora, aveva bisogno di stare un po' sola.

Ai suoi genitori aveva fatto piacere che si fosse trovata dei nuovi amici e anche suo fratello Michael aveva fatto nuove amicizie e andava a giocare a pallacanestro al parco vicino alla scuola elementare quasi ogni giorno. Il padre aveva riavviato l'attività della vecchia fabbrica di bambole e sembrava andare tutto bene.

Arrivò al lago e sospirò guardando le piccole onde che increspavano la superficie limpida e perfetta. Soffiava un po' di vento, che spingeva nel cielo rade nuvolette bianche, e ben presto lei fu costretta a raccogliersi i capelli in una treccia per evitare che le andassero sul viso.

Si sedette per terra, con i piedi immersi nell'acqua fino alle caviglie e cominciò a cercare qualche sasso dalla superficie piatta per poterlo far rimbalzare sull'acqua. Non era mai stata capace di farlo rimbalzare più di due volte, ma ci provava sempre, quando ne aveva l'occasione. Con suo cugino Jackson andava sempre a pescare e restavano interi pomeriggi seduti su una roccia ad aspettare che qualche pesce abboccasse, ma sempre con scarsi risultati.

Lanciando una pietra nel lago, si domandò se avesse dovuto parlare ai i suoi genitori di quello che aveva visto qualche giorno prima e che ora la tormentava, ma sarebbe sicuramente finita nei guai. Forse avrebbe dovuto scoprire di più sul conto del signor Horice o magari sarebbe stato più opportuno andare a fare le condoglianze al resto della famiglia, ma anche quello non avrebbe avuto molto senso, dato che lei era lì da neanche una settimana.

Decise di chiamare Liam, aveva bisogno di un po' di compagnia e qualcuno con cui consultarsi, e lui era l'unico a sapere la verità, forse.

Lui rispose dopo soli due squilli e le disse che l'avrebbe raggiunta in pochi minuti.

Liam arrivò dopo circa un'ora scusandosi per il ritardo dovuto a un contrattempo. Helen cominciò a parlargli delle sue preoccupazioni e ben presto qualche lacrima cominciò a rigarle il viso, piccole lacrime che lentamente scendevano silenziosamente lungo gli zigomi e poi sulle sue guance, permettendole di scaricare un po' la tensione.

«Non piangere, si sistemerà tutto, te lo prometto.» Disse lui cercando di tranquillizzarla e porgendole un fazzolettino che aveva preso dalla tasca dei jeans. Lei tirò su con il naso e si asciugò le lacrime sorridendo.

«Sì, credo che tu abbia ragione, e poi...cosa potremmo fare, anche se volessimo aiutare la sua famiglia? Io non li conosco nemmeno.»

«Helen, le persone muoiono, e purtroppo succede anche quando non è il momento adatto, anche se non credo ci sia un momento adatto...- aggiunse lui mormorando a bassa voce l'ultima affermazione. - Noi abbiamo visto il corpo, ma non siamo stati noi ad ucciderlo, quindi se nessuno ci ha visti non c'è nulla di cui preoccuparsi.»

«Sì, credo che tu abbia ragione.»

Tuttavia si sbagliavano entrambi.

Due giorni dopo, un'altra notizia comparve sul giornale. Un'altra morte. Un altro funerale. Ancora dolore.

Questa volta fu il turno di Kim Wallen, una donna sulla trentina, sempre dolce e gentile con tutti. Lavorava fuori città e spesso non tornava per settimane. Per una bizzarra coincidenza, Kim era morta proprio mentre era in ferie, che aveva deciso di trascorrere a Kindleck con la sua famiglia, a casa dei suoi genitori.

Il giorno del funerale andò tutto il paese, era amata da tutti. Spesso sono le persone più care ad andarsene, anche se, alla fine, questo è il destino di tutti.

Quella volta né Helen né Liam ebbero l'idea di andare a curiosare nella casa di Kim, tutto aveva un limite.

Quel limite, tuttavia, sparì nell'esatto istante in cui i ragazzi, mentre bighellonavano nei pressi della gelateria, videro arrivare un agente verso di loro. Alto e brizzolato, teneva in mano una valigetta nera e, dal viso stanco e tirato, era probabile che si trovasse alla centrale da molte ore.

«Buongiorno ragazzi. - disse quando passò davanti a loro. - Bella giornata, vero?» Con la mano libera indicò il cielo limpido e intensamente azzurro.

«Buongiorno a lei agente, come procedono le cose in centrale?» Chiese Liam cercando di essere cortese. «Credo che con queste morti voi avrete parecchio da fare, o mi sbaglio?»

«Fai tante domande ragazzino, ma non posso darti torto, stiamo seguendo una pista che potrebbe collegare le due vittime. Ora devo proprio andare, arrivederci ragazzi.» Se ne andò con la sua valigetta, probabilmente verso casa.

Helen, che fino a quel momento non aveva detto nulla, fece un respiro profondo, guardando Liam che, con uno sguardo quasi da cospiratore, le disse: «Indaghiamo? Ti prego Helly, non possiamo restarcene con le mani in mano. E poi sai benissimo che...»

«...che se non ti aiuterò lo farai comunque da solo, sì, lo so.» Concluse per lui Helen.

Decisero che, per cominciare, sarebbero dovuti andare alla centrale della polizia, lì sicuramente avrebbero avuto delle risposte.

Giunti all'esterno, Liam si tolse il cappellino, sbirciò all'interno attraverso una finestra, per poi rimetterselo dopo essersi sistemato i capelli.

«Sembra che in questo momento non ci sia nessuno...»

In effetti, era il momento del cambio di turno e probabilmente gli agenti smontanti e quelli montanti erano temporaneamente negli spogliatoi sul retro. Qualcuno, invece, era già al suo posto, ma in uffici o postazioni più distanti dall'ingresso.

Liam ed Helen entrarono e lui andò verso la prima stanza che trovò, che era anche l'unica senza agenti nelle vicinanze. Nonostante la stanza fosse dotata di due ampie finestre che le donavano una bellissima illuminazione naturale, oltre ad una buona aerazione, Liam notò con disappunto che l'aria non era stata cambiata spesso, lì dentro.

Tra quelle quattro pareti, infatti, aleggiava odore di aria stantia, mentine e lucido da scarpe. Sulla scrivania, un PC mostrava sul monitor, come salvaschermo, lo stemma della polizia di Kindleck. Accanto alla tastiera, si trovavano un paio di fascicoli non troppo voluminosi che in copertina riportavano rispettivamente i nomi delle due vittime. Probabilmente era la scrivania del poliziotto che avevano incrociato poco prima.

Helen prese i fascicoli che Liam le passò velocemente e li mise nello zaino, poi i due se ne andarono cercando di non dare nell'occhio e quando furono fuori dalla centrale emisero un respiro di sollievo e cominciarono a ridere.

«Hai visto? È stato semplice.»

«Hai ragione, ma potremmo sempre finire nei guai quando si accorgeranno che i documenti sono spariti.» Lui annuì, ma poi il viso gli si illuminò per l'idea che gli era appena venuta in mente.

«C'è un posto dove potremmo nascondere i documenti e fare le nostre indagini. Sotto alla scuola, c'è un rifugio anti-tempesta, non è mai stato usato e quindi nessuno andrebbe a guardare lì. - Affermò orgoglioso di se stesso per la brillante idea. - Che ne dici?»

Lei annuì, anche se non molto convinta, ma ormai era dentro a quella storia fino ai capelli e l'unico modo per uscirne era cercare di capirci qualcosa.

The Dolls (vincitrice Wattys 2017)Where stories live. Discover now