AMANDA BROWNS (revisionato)

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Amanda si guardò intorno meravigliata dal bellissimo locale che aveva davanti agli occhi. Il Black White Horse, con la sua facciata di pietra e il maneggio dietro al vasto cortile, era un posto perfetto per godersi un pasto o rilassarsi sorseggiando un bicchiere di vino con un sottofondo di musica country.

Entrò sorridente dirigendosi verso il bancone e si sedette su uno degli sgabelli di legno.

Un uomo dai capelli corti e la barba lunga e grigia, con alcune striature di bianco e nero, si avvicinò sorridente.

«Buongiorno signorina, cosa prende?»

«Una Bud, grazie.»

Prese con la mano destra la bottiglia ghiacciata e andò a sedersi su uno dei tanti divanetti patchwork sui toni del marrone, con davanti un tavolino di legno.

Prese dalla borsa il suo quaderno di appunti e impugnò nella mano sinistra una penna nera. Tolse il tappo di plastica e lo appoggiò accanto alla bottiglia, che prese successivamente per bere un sorso di birra.

Gustò il leggero sapore del luppolo insieme ad una nota d'alcool, che compensavano la poca frizzantezza della bevanda.

Cominciò a scrivere l'incipit del suo nuovo romanzo. Doveva ancora decidere il titolo e lo svolgimento dei fatti era sconosciuto anche a lei.

Voleva scoprire pagina dopo pagina ciò che sarebbe successo nel libro a cui stava pensando da qualche settimana.

Aveva in mente un thriller, anche se non sapeva come cominciare.

Bevve un altro sorso di birra e guardò il foglio bianco davanti a lei.

Ogni volta che trovava l'ispirazione, scriveva quello a cui aveva pensato e subito dopo buttava via le sue idee come se fossero state spazzatura: era alla disperata ricerca della perfezione, anche se sapeva che il libro perfetto non esisteva.

Decise di andare in bagno per rinfrescarsi il viso e magari anche le idee.

Raccolse i ricci capelli scuri in una coda di cavallo e si diresse verso la scala a chiocciola che l'avrebbe portata nel bagno delle signore.

Arrivò davanti alla porta dopo varie imprecazioni rivolte al corrimano scivoloso della scala e spinse con forza la maniglia, che era rotta da quando ne aveva memoria.

Si guardò allo specchio e aprì l'acqua fredda, lasciando che scorresse sulle sue mani curate fino ad intorpidirle.

Abbassò il viso e si sciacquò la fronte e le guance.

Sentì un rumore dietro di lei e si raddrizzò di colpo, chiudendo l'acqua con un solo movimento della mano.

Si guardò intorno cercando di capire da dove provenisse quel rumore. Quando abbassò gli occhi incontrò lo sguardo di un bambino pallidissimo.

Ma non era un bambino, era una bambola.

Gli occhi grandi ed inespressivi della bambola la mettevano a disagio ed i capelli neri come la pece di quell'essere le facevano pensare al fatto che avesse delle cattive intenzioni.

«Chi sei?» Chiese la donna cercando di guadagnare tempo.

«Chi sei?» Ripeté la bambola facendole il verso, con una voce metallica che metteva ancor più i brividi.

«Dai Amanda, chi sono? Davvero sei così cieca?» Disse ridendo amaramente «Questi capelli castani? Gli occhi grandi e azzurri? Sul serio non ti ricordi di me? L'amico del tuo fratellino, proveniente da una famiglia troppo benestante per mandare i suoi figli a lavorare in fabbrica.»

«Andrew... Sei davvero tu?»

«No! Sono il suo gemello cattivo! Chi altro potrei essere?»

«Oh, vieni qui piccolo diavoletto» Disse lei con dolcezza aprendo le braccia. Stregata da quella apparizione, non si rese conto che il bambino, se mai fosse sopravvissuto all'incendio della fabbrica, adesso avrebbe avuto almeno la sua età.

Lui la raggiunse sorridendo e l'abbracciò.

Quando il bambino si allontanò dalla donna, il suo sorriso si allargò ed una luce sinistra brillò in quegli occhi vitrei ma allo stesso tempo vivi.

«Potrei dire che mi dispiace, ma sai... non è così.» Estrasse un coltello dalla tasca posteriore dei pantaloni blu scuro e lo piantò al centro dell'addome di Amanda: dal basso verso l'alto. Lo spinse fino all'impugnatura e poi lo rigirò nella carne, sentì qualche schiocco mentre il sangue rosso scuro della donna si riversava sulle sue mani.

«Andrew... perché?»

«La vostra famiglia è troppo felice per vivere con un peso simile sulla coscienza.»

«Non capisco.»

«Ti direi di chiedere a tuo padre, ma lo sai bene anche tu che da sottoterra le persone non riescono a farsi sentire abbastanza. Tu non puoi sapere cosa si prova! Andare a visitare la propria tomba dove non c'è nemmeno il corpo! Sapere che i tuoi genitori e i tuoi fratelli hanno sofferto per colpa tua. Sapere che sei morto troppo presto. Tu sai quanti anni dovrei avere adesso? Sessantuno! Sono morto a nove anni quando avrei potuto avere una famiglia! Ed è tutta colpa vostra!»

Si allontanò con le lacrime agli occhi mentre guardava la donna che ansimava con il volto trasformato in una maschera di dolore che era davanti a lui.

«Ciao Amanda.»

Si arrampicò sopra il lavandino e si appese con le mani alla finestrella che si trovava in alto sul muro, grande abbastanza da farlo entrare.

Sentì dei passi fuori dalla porta e si affrettò ad uscire, ma rimase impigliato con la maglietta su un gancio che spuntava dal muro.

Sentì la porta aprirsi e si buttò a terra sentendo il tessuto rosso fiammante strapparsi.

Cadde a terra con un tonfo e si rimise in piedi cominciando a correre più forte che poteva.

Attraversò uno dei recinti del maneggio guardando i cavalli che brucavano l'erba guardarlo con occhi inespressivi e malinconici.

Cose a perdifiato fino a quando non fu costretto a fermarsi a causa del bruciore alle gambe. Si sdraiò a terra e iniziò a ridere. Rise di gusto come non faceva da tempo, aveva portato a termine la sua missione ed era pronto ad andare dovunque lo avrebbero portato le braccia della morte. Quella che è per sempre.

FINE


Siamo arrivati alla fine! Mi sono impegnata al massimo in questo capitolo, come nel resto della storia, e spero vi piaccia. Che dire, vi ringrazio incredibilmente e finalmente posso dire, seppur a malincuore, che questa storia è finita.

The Dolls (vincitrice Wattys 2017)Where stories live. Discover now