Ventiduesimo Capitolo

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La conversazione con mia madre è stata alquanto illuminante. Ho scoperto cose che prima non conoscevo.

Da una parte sono felice di aver conosciuto almeno un pochino le mie madri, dall'altra sono estremamente preoccupata. Sono un esperimento e il Governo mi vuole o almeno mi voleva perché due scienziate mi hanno creata. Se i ricercatori scoprissero che sono ancora viva farebbero degli esperimenti su di me per riuscire a creare una popolazione a loro piacimento. Non posso pensare a tutti quei bambini nati malformati. È orribile.

Cammino per le strade senza una direzione precisa, vorrei vedere il frutteto e l'orto ma da sola non mi va e comunque Raphael mi ha promesso che mi ci avrebbe portato lui.
Pensare a mio fratello fa male. Le comunicazioni radio sono state interrotte appena hanno varcato il territorio del Governo e da allora non abbiamo più notizie.

In effetti, non ho notizie nemmeno di Flip e Leslie. Da quando sono qui, li avrò visti pochissime volte e sempre durante le riunioni. Non so che ruolo abbiano tra i ribelli, ma deve essere importante. Probabilmente sono delle spie.

Sono così assorta nei miei pensieri che non mi rendo conto di essermi avventurata in una zona che non ho mai visto. Ci sono bambini che corrono sull'erba, spensierati e privi dei problemi che al momento affliggono la mia testa.

Vorrei aver potuto vivere un'infanzia come la loro, anche semplicemente correre liberi come stanno facendo loro, però degli anni della mia innocenza non ricordo nulla. Potrei anche aver fatto qualcosa di simile, ma chi mi dà la certezza che ciò fosse reale o solo un ricordo finto impresso da altri nella mia mente?

<<Alexa!>> mi volto verso la voce e altri non è che Dejanira.

<<Non pensavo di trovarti in questa zona?>> le dico sorpresa di vederla qui.

<<In effetti, qui ci abito. Leonida ed io abbiamo deciso che era meglio avere un po' più di pace rispetto al caos dell'altra zona.>> mi dice avvicinandosi. Ha sempre il sorriso sulle labbra, cosa che la rende una persona rassicurante e certamente l'opposto del marito.

<<Lo vuoi un thé?>> è una domanda semplice, ma non so se voglio accettare. Non la conosco così bene e potrei sentirmi a disagio in sua presenza, però ha gli occhi tristi e questo forse è il motivo per cui acconsento.

La seguo lungo la strada osservando le piccole casette che la costeggiano.

<<Le abbiamo costruite appena siamo arrivati qui. Era tutto distrutto dopo l'Evento e non potevamo abitare in abitazioni senza tetto. Quindi abbiamo usato gli scarti della vecchia città per costruire delle abitazioni più confortevoli.>> racconta.

<<Quanti anni fa?>>

<<La generazione dei nostri genitori cominciò a capire che vivere sotto il Governo non era altro che tirannia. Così fuggirono. Molti credevano che fuori dalla città che avevano costruito loro, ci fosse qualcosa di più. Altri preferirono andarsene per creare una nuova società e all'inizio fu così...>>

<<E poi?>>

<<Poi i rifugiati aumentarono. Complici le violenze che i soldati perpetravano sulla popolazione che non voleva seguire le loro direttive. Tra di loro c'era anche mio padre e lui aveva deciso di fuggire per cercare seguaci che lo aiutassero a porre fine al Terrore perpetrato.

Ma è morto prima ancora di poter vedere qualcosa. Aveva riunito intorno a sé qualche persona, il cui obiettivo coincideva con il suo, ma non fecero nulla per tanto tempo.>> arriviamo di fronte ad una casetta semplice ma delicata. Il giardino è curato e vi sono diversi vasi con fiori colorati.

Entro e l'ambiente sembra ancora più piccolo. <<Non sono abitazioni enormi, ma a noi piacciono. >> dice a mo di scusa. Ha ragione, ma nella sua piccolezza è accogliente.

Un divano vecchiotto è posizionato sotto la finestra e al centro della stanza si trova un tavolo in legno con due sedie.

<<Questa stanza funge da salotto e sala da pranzo. La cucina è qui. - dice aprendo la porta - E' ancora più piccola rispetto al resto della casa, però per cucinare va più che bene.>> appoggia una teiera su un fornelletto da campo e dopo aver acceso il fuoco ci accomodiamo intorno al tavolo.

<<Come mai?>>

<<Per paura. Il Governo aveva dato ordine di uccidere chiunque chi scappava. Era bruttissimo...>>

<<E tu dov'eri?>> le chiesi capendo che il padre era scappato senza di lei.

<<Mi ero appena sposata con Leonida ed ero anche rimasta incinta e mio marito non voleva mettersi in viaggio per paura che potesse succedermi qualcosa...>>

La teiera fischia e il rumore interrompe il discorso di Dejanira che si alza e va a preparare le due tazze.

Non ho mai bevuto thè ma questo ha un profumo dolce e delicato. <<E' the nero alla melonberry>> dice notando la mia curiosità. Assaggio e al primo sorso mi scotto la lingua. La donna ride e io mi sento in imbarazzo. Chino la testa per la figuraccia.

<<Non ci avevo pensato, ma non credo tu abbia ancora assaggiato la metà delle cose che produciamo. O mi sbaglio?>> mi chiede con fare da mamma.

<<Sono ancora soggetta ad un'alimentazione povera di grassi. Stanno integrando lentamente i vari alimenti e al momento le uniche cose liquide che ho bevuto sono state acqua e integratori dal pessimo sapore.>> le spiego.

<<E' normale. Hai passato anni e anni rinchiusa in quell'acquario come se fossi un pesce. I nutrienti che ti hanno dato non erano abbastanza.

Quando sei arrivata eri magrissima e bianchissima, ora invece hai messo peso e preso colore. Il che è un bene, vuol dire che anche gli altri ragazzi potranno farcela.>> dice, però il suo sguardo è troppo triste.

<<Tra di loro c'è anche tuo figlio.>> le dico senza esitazione. E' inutile negare l'evidenza.

<<Come lo hai scoperto?>> mi chiede scioccata.

<<I tuoi occhi e la determinazione tua e di Leonida nel riportarli qui.>>

<<E' vero... Mi manca tanto Luke, come so che manca a te e vedo che non sei sconvolta nel sapere che sia lui mio figlio.>>

<<No, è il vostro riflesso...>> dico semplicemente sorseggiando il thè

L'isola Delle CoppieTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang