Capitolo 14 -Mi ami, Cristel?

983 41 0
                                    

Knoc konc.... konc.... le nocche di Marc si scontrarono per la settima volta sull'ebano duro della porta.
-Ti prego aprimi-
Knoc....knoc.... batteva sempre più lentamente.
-Alec!- la sua vice vibrava.
Lei sentiva da venti minuti quel rimbombo che attraversava la coperta che aveva usato per avvolgersi fino alle orecchie. Lasciò passare altri venti minuti e si alzò, avviandosi all'uscio. Apprezzò che il ragazzo non fosse entrato, nonostante la porta fosse già aperta.
Marc aveva il pugno alzato e stava per sbatterlo violentemente contro la porta quando quest'ultima si aprì, e si ritrovò a sussurrare quell'"Alec" che poco prima avrebbe urlato. Il pugno in alto spaventò Alec, che si spostò sulla destra, lasciandogli spazio per entrare. Chiusosi la porta alle spalle si incamminò verso il letto.
-Forse avrei dovuto dirtelo diversamente, o forse avrei fatto meglio a nasconderti tutto. Ma sei una psicologa acuta, e avresti saputo analizzarmi bene. Faccio schifo anche a me, non preoccuparti. Non mi piace il mio "mestiere", ma ci sono dentro.- si portò le mani al volto- Nostro padre è un uomo potente e pieno di odio per chi non gli porta il rispetto che crede di meritare, e deve difendersi da tutti i suoi nemici. E noi lo aiutiamo.-
-Non me ne fotte un cazzo!-
-Alec!- le urlò contro il ragazzo, un po' irritato.
-Oh senti non trattarmi come una ragazzina da rimproverare. E tu non mi fai schifo, mi fai pena. E sappi che non crederò ad una sola parola delle tue stupide scuse, che riguardi tuo padre, tuo fratello o la tua sorellastra.-
-E tu cosa ne sai di Rafaela?- più che una domanda sembrava un ringhio.
-Ho avuto il tempo di guardare nel tuo borsone, stanotte....sai, dormire è superfluo quando scopri di essere solo una stupida pedina di un ricattatore!- esclamò decisa Alec.
Marc, che era sempre più vicino a lei, le regalò uno schiaffo (quella casa aveva udito solo suoni di ceffoni); era uno schiaffo delicato, non voleva farle male, era chiaro. Poteva sembrare un rimprovero, dato che le parole stavano perdendo significato. Alec cominciò a piangere, senza un vero motivo. Non c'era più trucco da sciogliere sui suoi occhi. Marc l'abbracciò subito, stringendole le braccia al petto che si muoveva ritmicamente ai singhiozzi di lei.
-Scusami, non volevo arrabbiarmi e non volevo colpirti. Scusami, scusami, scusami- continuava a sussurrarle -Tu sei troppo importante per me, perdonami. Dovevo dirti chi sono. Ti prego dimmi che mi ami ancora, che mi vuoi bene, che sono sempre il tuo Marc!-
Lei non riusciva a guardarlo negli occhi, più per paura di scoppiare a piangere ancora una volta che per vero disprezzo. Certo che l'amava, e al tempo stesso odiava le sue azioni. E odiava il fatto che lo stesse odiando.
-Io...io...io... Marc- ormai piangeva- che stupida, piango- riuscì a liberare il suo braccio da quell'abbraccio protettivo e ad asciugarsi gli occhi -Marc, promettimi che cambieranno alcune cose, promettimelo.-
-Tesoro, mio piccolo angelo, da quando ti ho vista ho capito che c'è qualcosa di meglio del denaro, del potere. Piacerti è tutto ciò che conta ora, soddisfarti, essere il tuo piccolo Marc, come dicevi durante il viaggio mentre mio fratello e Cristel dormivano. Io voglio essere l'uomo perfetto per te. Sono stato quaranta minuti ad aspettarti, sbattendo la testa sul muro con la certezza di averti perso...-
-Non mi hai perso- lo interruppe Alec -e non mi perderai. Scusami, ero solo delusa. Io mi fido di te. E forse avresti bisogno di un massaggio, ti ho fatto dormire sul divano!- le era spuntato un lieve sorriso sulle labbra.
-Scusa- le baciò la guancia colpita poco prima, sorridendo a sua volta -Vieni- e la portò mano nella mano verso il letto matrimoniale, cacciando con la mano il gattino che aveva assistito a tutta la scena.

Neymar, a differenza del fratellastro, salì di corsa le scale ed entrò senza preavviso nella camera dove si era nascosta Cristel.
-Vattene!- urlò lei tra le lacrime, mentre stringeva le ginocchia al petto.
-Posso spiegare-
-Vaffanculo! Sei un fottuto delinquente! È finita tra noi!-
-Finita? Ma se non è mai iniziata! Non sparare cazzate!-
-Come.. come non è mai iniziata? E stanotte? Cosa ha significato per te?- Cristel si sentiva umiliata, il ragazzo che amava l'aveva usata solo per divertimento.
-Stanotte non è successo nulla e non parlarne più- disse cercando di controllare il tono di voce.
-Ma come puoi dirlo- le lacrime smisero di rigarle il volto lasciando spazio alla delusione.
-E tutto quello che mi hai detto stamattina?-
-Cosa?- Neymar arrossì, si avvicinò alla ragazza e la prese per la manica della maglia alzandola da terra -hai sentito tutto?-
Cristel annuì con lo sguardo basso.
-Mi hai delusa, Neymar. È la seconda volta che mi prometti che saresti cambiato nei miei confronti, ma ogni volta peggiori sempre di più-
-Non...non dirmi questo-
-Cosa dovrei dire?! Vuoi che ti dica che va tutto bene? No, non va tutto bene, Neymar! Sei un criminale, stanotte hai abusato di me, e mi tratti male dal primo secondo che mi hai vista!-
Neymar la baciò mordendole il labbro. Quel bacio, per lui, aveva un solo significato. Aveva bisogno di una sola certezza, che lei fosse lì, presente, e che l'amasse. Aveva bisogno di sentire le sue labbra morbide, che accarezzavano le sue. Ma per lei non era lo stesso.
Si staccò violentemente, e lo colpì con un altro ceffone in pieno volto. La guancia, già rossa per lo schiaffo di qualche minuto prima, si arrossò ancora di più.
Alcune lacrime di dolore rigarono il volto di Neymar. Non era un dolore fisico, ma un dolore del cuore.
Sconfitto, il ragazzo se ne andò in lacrime dalla stanza, e si abbandonò ai suoi pensieri stendendosi sul divano, in sala, mentre il gattino di Alec lo osservava con curiosità.
Neymar lo chiamò più volte prima che il gatto si avvicinasse e si mettesse accanto a lui sul divano.
Continuò a piangere silenziosamente con qualche singhiozzo. Non riusciva a capire come farsi perdonare, aveva bisogno di lei.

Cristel intanto fu assalita dai sensi di colpa, e dopo essersi rinfrescata il viso con acqua gelata, scese giù. Si fermò sulle scale ad osservare il ragazzo che tanto l'aveva fatta soffrire in quei giorni: piangeva, piangeva come un bambino. Si avvicinò lentamente e con un tocco leggero gli accarezzò la nuca.
-Mi... mi dispiace- sussurrò continuando ad accarezzargli i capelli.
-No, hai fatto bene invece. Mi merito tutto gli schiaffi di questo mondo- singhiozzò Neymar, Cristel sospirò, e cacciato il felino con un gesto di mano, si sedette sulle gambe del ragazzo, poggiando la testa nell'incavo del suo collo.
-Sono un errore- si lamentò il ragazzo -Faccio male a tutti quelli che mi amano. Tu mi ami, Cristel?-
-Io...io non so che dire. Neymar, mi hai fatto soffrire, piangere, urlare, ma un solo tuo gesto dolce mi fa dimenticare tutto-
-Tu mi ami, Cristel?- ripeté il ragazzo tra i singhiozzi.
-Si, ti amo- gli asciugò le lacrime con il pollice sottile, e baciò dolcemente le labbra umide del giovane.

Used || neymar jr & marc bartraWhere stories live. Discover now