Capitolo 21 - Eliminando il passato

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-Dai ora smettila- Marc continuava a lamentarsi.
-Senti Marc, io ti sto aiutando- diceva Alec puntando il dito -e tu mi ripaghi così?- gli aveva tolto la camicia per mettere una pomata lenitiva sul petto.
-Mi stai troppo attaccata!-
-Cosa? Guarda non ti prendo a schiaffi perché ci ha già pensato Neymar- aveva il sangue del ragazzo sulle mani.
-Basta sono stufo. Quando dico una cosa devi ubbidirmi!-
-Tu sei pazzo... che ti prende!-
Marc l'afferrò per un braccio e le ringhiò contro un insulto. Poi se ne andò violentemente gettandosi la camicia alle spalle, sui piedi di Alec che lo fissava impassibile.

Cristel fissava Neymar che parlava sull'uscio della loro stanza con suo padre, che sembrava alquanto contrariato. Forse l'idea che lei fosse costretta a rimanere in casa sua non piaceva nemmeno al grande Capo.
Quando il ragazzo tornò da lei sul letto le prese la gamba e se la mise sulle sue ginocchia. Prese una scarpa nascosta sotto il letto e disse -Faccio io bambolina, dobbiamo scendere per la cena- le infilò dolcemente la scarpa nera e bianca un po' rovinata dal tempo.
-Perché hai picchiato Marc?-
-Cris non anche tu, ti prego. Prima il cameriere, poi Enrique, Alec, ora mio padre e pure tu?
-Ney lo sai che sei stronzo vero? È tuo fratello, non puoi fare così. Su avanti, dimmi cos'è successo!- gli diede un colpetto leggero sul braccio, sforzando gli addominali per mettersi seduta mentre Neymar le infilava l'altra scarpa.
-Mi ha detto di stare tranquillo-
-Oh bene, e quando vivremo insieme e ti dirò di star calmo colpirai anche me?- subito diventò rossa, cercando un espediente per ritrattare le sue parole -Cioè... non che noi... ecco... vivremo...no...insieme...-
-Dai, non c'è niente di male in quello che hai detto. Ma io non ti picchierei nemmeno con un fiore- disse lui fra le risate -Ora scendi- se la mise sulle ginocchia e l'abbracciò da dietro -o facciamo tardi-
-E tuo padre ci prende tutti a schiaffi- ironizzò Cristel, prendendo per mano Neymar e facendosi trascinare alla porta a furia di baci.
A tavola c'erano anche Enrique e Alexander Jr, le bodyguard del boss. Tutti tranne Marc, ma era evidente che nessuno fosse preoccuppato: era inutile chiamarlo per scendere, si sentiva offeso e non riusciva a fingere di star bene.
-Faceva così anche da bambino- spiegò suo padre dopo qualche portata.
-Va bene, ho capito. Vado a parlarglio io o mi tiene il muso per almeno un altro anno- Neymar si stava già alzando quando Alec lo fermò.
-No, vado io. Il muso non può tenertelo perché gliel'hai spaccato!- ed un po' tutti risero cercando di non farsi notare e di non strozzarsi con la carne.

Bussò due volte ed entrò senza aspettare risposta.
-Scusa- miagolò il ragazzo con la testa semi-affondata nel cuscino. Lei gli si sedette accanto, mettendogli una mano sulla schiena.
-Come sapevi che ero io?-
-Lo speravo- disse lui.
Dopo qualche minuto di silenzio Alec cercò di alleggerire la faccenda dicendo che tutti giù lo aspettavano e che Neymar voleva salire a scusarsi, ma Marc sembrò non ascoltarla e disse -Ero nervoso. Avevo fatto una figuraccia. Quando si arrabbia non lo ferma nessuno, e tu eri lì a guardare mentre mi picchiava. Da bambini giocavamo spesso a calcio insieme, anche prima che mia madre sposasse suo padre. Ogni volta che vincevo io mi dava un pugno, ed io rispondevo a calci e ginocchiate. Lo stesso se gli facevo un fallo senza volerlo. Una volta gli ho quasi rotto la schiena, e da allora ho imparato a dosarmi e a non picchiarlo con forza. Ma lo picchio ancora!- il suo tono si era rallegrato e l'atmosfera era più leggera. Marc si mise a sedere e Alec notò che il sangue era ancora incrostato sul suo volto. Aveva provato a toglierselo, ma davanti allo specchio aveva visto riflesso il volto sanguinante dell'uomo che aveva ucciso.
-Scemo, vieni che continuo a medicarti-
-Subito amore- e Marc scattò in piedi tenendo per mano la ragazza, scacciando dalla mente i brutti pensieri.

Era passata una notte, ed un'altra ancora, e Cristel non aveva notizie dei suoi genitori. Era dispiaciuta per quel brutto litigio e avrebbe tanto voluto essere tra le braccia di sua madre, che dopotutto le voleva un gran bene. Dopo un bel po' di coperte voltate e cuscini sbattuti Cristel aveva deciso: sarebbe tornata a casa.
Preparò in fretta lo zaino succhiando una caramella alla menta che aveva ritrovato nella borsa. Poi lo lasciò accanto alla porta della stanza.
Andò a cercare Neymar e lo trovò sdraiato su un lettino in plastica del cortile sul retro, a sorseggiare della vodka al limone con suo padre.
-Neymar devo parlarti- disse lei.
-Dimmi tutto Cris- disse portandosi il bicchiere alla bocca, con lo sguardo assente.
-In privato!-
-No no, puoi dirmi tutto qui-
-L'alcool ti dà alla testa!- disse la ragazza avvicinandosi e prendendogli il braccio muscoloso per trascinarlo via.
-No, Cristel, mio figlio ha ragione. Puoi dire tutto anche davanti a me, non mi faccio problemi per l'ardore giovanile- era intervenuto il Signor Da Silva mettendole una mano sul fianco, in un gesto incoraggiante mal interpretato dalla ragazza, che si scostò quasi schifata.
-Neymar io ti aspetto in stanza, se mi ami vieni- e girò i tacchi.
Dopo una mezz'oretta abbondante Neymar la raggiunse in camera, con gli occhi un po' rossi e il viso stanco.
-Ney io devo tornare a casa-
Il ragazzo sbruffò.
-Cristel hai promesso che saresti rimasta qui. E anche se restare bloccati in casa non piace né a te né a chiunque altro, noi dobbiamo rispettare quest'ordine-
-Ordine? Ma cosa siete? Io devo tornare a casa! Lo capisci?- Cristel urlava.
-Senti, stupida bimba viziata, c'è un'auto dei Lima qui fuori. Vacci tu a casa tua e fatti sparare, chissà cosa ci guadagni- la sollevò senza sforzi e la sbatté fuori dalla stanza. Il padre del ragazzo le passò accanto, soddisfatto, con un sorriso maligno sul volto e delle chiavi in mano. Dopo pochissimo Neymar uscì e abbracciò Cristel che rimase ferma -Non lasciarmi solo- le sussurrò, prendendosela fra le braccia -Raggiungiamo Marc e Alec in biblioteca?- propose poi.
-Sì- si limitò a rispondere Cristel.

-Cristel, ora non insultare Alec che sta lavorando!- disse Marc vedendo irrompere la ragazza nella stanza e correre verso Alec.
-Insultare vuol dire apostrofare con epiteti dispregiativi, perlopiù volgari. Ergo, Cristel non mi sta insultando affatto- chiuse i libri di psicologia e si voltò verso i ragazzi. -Cercavo di capire quanto tempo saremo costretti a rimanere qui, ma la mente criminale mi è ancora sconosciuta, a parte Marc- disse con una smorfia simpatica.
-Dov'è il tuo stupido gatto?- domandò Cristel, che non aveva ascoltato neanche una parola dell'amica.
-In soggiorno, la cameriera lo sta viziando. Almeno lui è felice di rimanere tutto il giorno qui!- rise lei.
-Ma io volevo accarezzarlo!-
-Accarezza me- Neymar invitò Cristel con un sorriso tutto canini, quasi da vampiro.
Una chiamata squarciò quel clima scherzoso che si era faticosamente creato. Nessuno riceveva chiamate da giorni, e non al telefono fisso. Si sentì Neymar Da Silva rispondere alla telefonata.

-Pronto?-
Rispose una voce, mascherata da un suono cupo e da alcune grida -Sulla statale, a 34 km da Mogi das Cruez, un'auto grigia, modello vecchio e naturalmente in fiamme. Ci sono i genitori della gallinella di tuo figlio- attaccò subito, in un rimbombo di spari.
-Cazzo!- l'uomo non disse altro: aveva deciso di non dire nulla a Cristel dei colpevoli, o delle ragioni per cui tutto questo era capitato, dopotutto era solo una ragazzina un po' ribelle, ma non meritava di sapere tutto questo, ed era troppo importante per Neymar. Aprì le porte della biblioteca dove tutti lo attendevano ansiosi. Nessuno aveva sentito la voce all'altro capo del telefono e i ragazzi aspettavano spiegazioni.
-Ragazzi, Cristel- le mise una mano sulla spalla e lei non si scostò -erano due dei miei uomini. Mi hanno chiamato perché...- stava quasi affondando le unghie curate nella pelle della ragazza -...hanno ritrovato un'auto, grigia, un po' vecchia, con un uomo ed una donna oltre la trentina, a mezz'ora circa di macchina da qui. Cristel, erano...-
-I miei genitori- concluse lei, con la bocca semi aperta e gli occhi spalancati. Le tremavano le braccia e non sentiva più le gambe. Si ritrovò fra le braccia dell'uomo, che l'aveva sollevata di peso mentre lei stava cadendo quasi priva di sensi -Figliolo sposta quelle cianfrusaglie dal tavolo. Ney, tu aiutami a farla rinvenire, portami anche quei sali dell'infermeria- disse.
A Cristel sembrava tutto un ammasso confuso di parole che le si paravano davanti con uno sfondo macabro e doloroso: due corpi morti, suo padre, sua madre; non si era nemmeno scusata con loro, non si erano riappacificati; loro non c'erano più. Si stava pian piano riprendendo e cominciava a scalciare e a lamentarsi.
-Tesoro, non piangere, ti prego- diceva Neymar cercando di nascondere gli occhi rossastri, mentre le accarezzava delicatamente la guancia con le dita dure e callose. Cristel, resasi conto del corpo che la sovrastava, spinse i pugni in avanti, soprendendo il ragazzo e scaraventandolo via. Era colpa sua. Soltanto sua. Cosa si poteva aspettare da un criminale? Questo. Non le aveva permesso di andare dai suoi genitori. Non le aveva permesso di vederli un'ultima volta. Forse loro non si sarebbero mai messi in viaggio se lei fosse tornata a casa prima. Non voleva più vederlo. Si alzò di scatto urlando, con le lacrime agli occhi. A pochi metri cadde, perdendo di nuovo i sensi. Voleva morire.
Con le ultime forze che aveva in corpo si rannicchiò portando le ginocchia al petto, mentre Marc la prendeva in braccio, portandola sul divano della biblioteca. Neymar la guardava, immobile, appoggiato su uno scaffale pieno di libri, senza poter fare niente. L'aveva ferita, di nuovo.

Used || neymar jr & marc bartraWhere stories live. Discover now