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Del destino ho scordato il sorriso

eppure gli occhi m'hanno rapito il cuore.

I giorni passavano ed io non perdevo una lezione e ad ogni lezione mi ritrovavo a cercarlo, ma lui non c'era mai. Mi sentivo davvero ridicola a cercare con tanta insistenza un ragazzo di cui non conoscevo nemmeno il nome.

Ad Anna non dissi niente, speravo non si accorgesse delle continue occhiate che lanciavo all'aula ogni volta che andavamo a lezione.

Ma lei mi conosceva meglio di chiunque altro.

«Non c'è nemmeno oggi, vero?», chiese una mattina cogliendomi di sor\presa.

«No», risposi con un sorriso imbarazzato.

In realtà non ero poi così stupita che se ne fosse accorta: lei era la mia anima gemella, amichevolmente parlando. Le anime gemelle si completano e si capiscono al volo. Non era un'intesa costruita con il tempo, che già di per sé è qualcosa di raro ed eccezionale, no, era una cosa innata, involontaria, naturale.

«Non preoccuparti, prima o poi lo rivedrai. Però, quando succederà, cerca di chiedergli almeno il nome», il tono era di rimprovero, ma palesemente divertito.

Sbuffai. Per lei era facile, era sempre così socievole, estroversa. Io non sapevo nemmeno come iniziarla una conversazione.

Inoltre lui mi bloccava, più di chiunque altro.

Sarei potuta partire con tutte le migliori intenzioni del mondo, ma già sapevo che quando mi avrebbe guardata dritta negli occhi, il mio cuore sarebbe impazzito all'istante. Lo sapevo con certezza perché, solo al pensiero, sentivo già la voce bloccarsi in gola e la mente confondersi al punto tale da non riuscire a formulare frasi sensate.

Mentre ero assorta nelle mie riflessioni su quanto fossi imbranata, continuavo a tenere lo sguardo fisso sulla porta, in attesa che lui entrasse.

L'avevo fatto così tante volte negli ultimi giorni, immaginato così intensamente che, per un momento, pensai fosse frutto della mia immaginazione quando scorsi il suo viso tra quelli di un gruppo di ragazzi che stava entrando in aula. Mi ci volle qualche secondo perché la mia testa mettesse a fuoco che era proprio lui e qualche minuto perché il mio cuore tornasse regolare o quasi.

Lui attraversò la stanza, la sua andatura era lenta ma decisa, anche il suo modo di camminare mi affascinava. Prese posto vicino alla finestra, nella mia stessa fila di banchi ma dall'altra parte dell'aula.

Non riuscivo a non guardarlo.

Il mio sguardo fisso su di lui, il suo completamente perso fuori dalla finestra, ad osservare la pioggia. All'improvviso si voltò verso di me, come se avesse sentito i miei occhi addosso.

Il suo sguardo, assente, si accese per un istante quando i suoi occhi incontrarono i miei.

Non avevo uno specchio per accertamene, ma sentii il viso in fiamme. Sicuramente la mia pelle aveva assunto sfumature color aragosta.

Lui mi salutò con un sorriso decisamente più acceso dell'ultima volta. Forse stava trattenendo le risate, perché si era accorto che lo stavo fissando insistentemente. Di nuovo.

O forse ero solo paranoica.

Vinsi l'istinto che mi diceva di voltarmi dall'altra parte facendo finta di non averlo visto e ricambiai, invece, il suo sorriso salutandolo con la mano, poi girai lo sguardo, imbarazzata, verso il professore che aveva appena preso posto alla sua cattedra e, nervosamente, iniziai a scarabocchiare il foglio bianco davanti a me.

Lo stesso peso dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora