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Ero ancora scossa dal quel tremore che proprio non riuscivo a contenere e anche gli occhi sfuggirono al mio controllo. Sentivo il calore delle lacrime sul viso e la sua mano fredda che, accarezzandomi la guancia, cercava di mandarle via.

«Mi hai mentito», fu l'unica cosa che riuscii a dire, anzi, a sussurrare. La mia voce si strozzava in gola.

«Sì», rispose, ma la mia non era una domanda, era un'accusa.

«Perché?».

«Perché non sono abbastanza forte. Perché sono abituato a mentire da sempre. Perché sono un bastardo che non si merita di stare con una come te. Perché non volevo deluderti. Scegli tu il motivo che più ti convince. Tanto so di non avere scuse».

Abbassò lo sguardo. Sul viso un dolore che aveva nascosto per troppo tempo.

Lo abbracciai forte e lui ricambiò l'abbraccio.

«Mi dispiace, mi dispiace...», continuava a sussurrarlo ad ogni respiro.

Non l'avevo mai visto tanto fragile e indifeso.

La rabbia che provavo era svanita completamente, sostituita dalla disperazione dell'impotenza nel non saperlo aiutare. Mi sentivo inutile, insignificante.

«Basta - sciolsi l'abbraccio e mi alzai dal letto per allontanarmi da lui. Dovevo essere forte abbastanza per fare quello che era giusto fare - sono io che devo scusarmi con te».

Automaticamente anche lui si alzò e si avvicinò a me guardandomi con due occhi tristi e confusi.

Era bello da togliermi il fiato, ma dovevo farcela.

«Cosa vuoi dire? Di cosa ti dovresti scusare?».

«Ti chiedo scusa per essere entrata nella tua vita, per aver avuto la presunzione di poterti aiutare quando, invece, non l'ho fatto, non ne sono stata capace. Scusa per averti reso la vita un inferno in quest'ultimo periodo, per averti controllato inutilmente, per averti tenuto in trappola" - citai le sue parole, che ora avevano un senso ben diverso e condivisibile - ti ho solo complicato le cose e ti ho reso ancora più infelice. Volevo aiutarti a tutti i costi, per salvarti, ma non sono stata capace nemmeno di salvare me stessa, senza di te non ci sarei mai riuscita, perciò come potevo pretendere di salvare te? Volevo stare con te perché sei la persona che desidero avere vicino, ma io volevo quel ragazzo dolce e gentile che mi ha invitata ad uscire la prima volta, il ragazzo brillante e intelligente che ho conosciuto, quello che mi ha fatta sentire speciale come nessuno aveva mai fatto prima. Non voglio l'automa che passa le giornate sul divano, che si allontana quando mi avvicino, che cerca di evitarmi solo per non dovermi dire che non sopporta più la mia presenza...».

Mi mise una mano sulle labbra per fermarmi.

«Credi che io non ti voglia?».

«È evidente che è così, lo capirebbe anche un cieco. Mi sono intestardita a restare solo perché lasciarti andare mi terrorizzava. Sono rimasta qui dicendo a me stessa che tu avevi bisogno di me, ma sono io ad avere bisogno di te, tu, di me, non hai alcun bisogno. Perciò devo essere forte e andarmene, perché se resto non miglioro le cose per te, le peggioro. Quindi domani mattina raccoglierò le mie cose e tornerò ai collegi».

Il suo viso era inespressivo, i suoi occhi, però, sembravano tristi.

Perciò mi avvicinai a lui, gli presi il viso tra le mani e lo guardai dritto in quegli occhi straordinari.

«Se avrai bisogno di me io ci sarò. Sempre», dissi con determinazione, poi gli accarezzai il viso per l'ultima volta. Volevo che capisse che dicevo davvero, che per lui ci sarei stata sempre se avesse avuto bisogno di me, che non lo stavo abbandonando, lo stavo solo lasciando libero di scegliere se avermi o no nella sua vita. Una scelta che non gli avevo permesso di fare prima.

Lo stesso peso dell'amoreWhere stories live. Discover now