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C'è un enorme difetto nella natura umana: siamo esseri imperfetti perché incapaci di bastarci da soli, condannati all'eterna ricerca dell'altro per sentirci davvero completi.

Io mi sentivo doppiamente infelice: non potevo nemmeno cercarla la metà che mi serviva per sentirmi intera, l'avevo già trovata e perduta. Non potevo fare altro che rassegnarmi a restare per sempre incompleta.

L'ultima volta che ci eravamo visti avevo detto a Teo che non sarei tornata a casa prima di Natale, ma questo era successo prima, quando la mia vita era perfetta e avevo in programma di passare l'estate con il ragazzo che amavo. Ora che lui se n'era andato non avevo nessun motivo per restare e ne avevo migliaia per andarmene.

Così decisi di tornare e, in un certo senso, a casa mia fu più facile perché in quella città antica fatta di sogni, tutto mi ricordava lui: l'aula delle lezioni, la sala mensa, i vicoli stretti, il profumo che si respirava nell'aria... tutto. Quasi mi aspettavo di vederlo arrivare da un momento all'altro, trattenevo il fiato ogni volta che vedevo qualcuno con lo stesso taglio di capelli o che, vagamente, potesse somigliargli.

Lontano da lì, invece, sarebbe stato più facile fingere che non fosse mai esistito, anche se il vuoto che avevo dentro era fin troppo reale.

Allo stesso tempo, quell'estate, fu più difficile perché Anna se ne andò per più di due mesi. Partì con i suoi genitori per un viaggio non meglio precisato. Non le avevano fornito molti dettagli, le avevano solo chiesto di partire con loro.

Le occasioni in cui i suoi genitori si mostravano interessati a lei erano davvero poche, perciò le avevo consigliato di andare e lei, per niente entusiasta, aveva accettato.

Un altro che non era stato molto felice della scelta di Anna era Teo. Mi c'era voluto molto per convincerlo che, la cosa migliore per lei, era stare un po' con i suoi genitori. Per fargli capire che, se l'amava davvero, non doveva farle pressioni per restare. Che in fondo era fortunato perché lei l'amava e sarebbe tornata da lui.

Io non avevo la stessa fortuna, ma questo, ovviamente, non lo dissi mai. Detestavo essere commiserata. Ero stata lasciata dal ragazzo che amavo, allora? Capita a tutti almeno una volta, non è una disgrazia, è la vita.

Solo che convincermene davvero era molto più difficile.

«Giulia, tesoro, ora basta! Devi reagire!», disse mia madre distogliendomi dai miei pensieri e lasciandomi spiazzata.

«Cosa?», chiesi confusa.

«Guardati, sei sempre così triste, così silenziosa. Da quando sei arrivata non credo di averti mai vista ridere».

Ci pensai un attimo, forse aveva ragione, non ricordavo da quanto tempo avevo smesso di sorridere.

«Sto bene», cercai di tranquillizzarla sfoderando un mezzo sorriso che, probabilmente, apparve più come una smorfia.

«No, non stai bene. E' per quel ragazzo vero?».

Quella specie di sorriso che mi ero sforzata di tirare fuori, si spense completamente. Non avevo mai parlato a mia madre di Luca ma, evidentemente, Teo aveva fatto la spia.

«Succede a tutti di perdere qualcuno che si ama, bisogna farsene una ragione e andare avanti, trovare qualcun altro da amare, qualcuno che se lo meriti davvero», disse.

«Sì, come hai fatto tu?», chiesi acida.

Il suo viso diventò improvvisamente triste ed io mi pentii all'istante di quello che avevo detto.

«Scusa mamma - dissi avvicinandomi a lei e abbracciandola - non volevo farti star male, volevo solo che capissi che anch'io ho bisogno di tempo, per dimenticare e andare avanti».

Lo stesso peso dell'amoreWhere stories live. Discover now