28.

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«Buongiorno», intrecciò le sue dita con le mie, come faceva sempre.

«Ciao», ricambiai il sorriso.

«Ciao Anna»

«Ciao Luca, ben arrivato. Sempre in ritardo, eh?».

«Sono arrivato un secondo prima del professore, perciò sono stato più puntuale del solito», ribatté lui, sorridendo.

Quando il professore iniziò a spiegare fui costretta a lasciare la sua mano per poter prendere gli appunti, ma lo feci a malincuore.

Mentre scrivevo sentivo i suoi occhi addosso, mi osservava attento e quando sollevavo i miei dal foglio per guardarlo, lui mi sorrideva e la mia concentrazione vacillava.

Come al solito Luca uscì dall'aula qualche minuto prima della fine della lezione e noi lo raggiungemmo in sala mensa.

«Era ora», disse scherzando quando ci sedemmo vicino a lui, nel tavolo che aveva tenuto occupato.

«Scusa, oggi il professore non aveva nessuna fretta di andare a casa».

Nemmeno il tempo di sedersi e Anna aveva già iniziato una fitta conversazione con un paio di ragazzi seduti al nostro tavolo, conosceva proprio tutti.

Luca mi spostò i capelli dalla spalla per scoprirmi il viso e delicatamente mi diede un bacio sulla guancia, poi le sue labbra morbide scesero giù sul mio viso, fino al collo. Mi diedero i brividi e dimenticai completamente di essere in una stanza piena di gente.

«Ora devo andare», disse staccandosi da me e guardando nervosamente l'orologio.

«Di già?», ero delusa e fisicamente sempre più incapace di separarmi da lui.

«Devo vedermi in centro con alcuni amici, sono già in ritardo», si giustificò.

«Se vuoi vengo con te, mi farebbe piacere conoscerli», mi sembrava strano che, in tre mesi, non mi avesse ancora fatto conoscere questi misteriosi amici con cui si vedeva praticamente ogni giorno.

«Non hai ancora mangiato niente, te li presento la prossima volta, promesso!», era una promessa che mi aveva già fatto, ripetutamente, ma non aveva ancora mantenuto.

«Va bene, se proprio devi andare, vai. Stasera ci vediamo?».

«Certo, ti chiamo più tardi», rispose e sorridendo salutò sia me che Anna e, come sempre, se ne andò.

Rimaste sole finimmo di mangiare con calma, poi ci incamminammo verso i collegi.

Era una bella giornata, mi sentivo bene, ero felice, avevo tutto ciò che desideravo e le cose andavano meravigliosamente bene.

«Mi togli una curiosità?», chiese Anna distraendosi per un attimo dalle vetrine dei negozi del centro.

«Cosa?».

«Si può sapere dove diavolo va Luca tutti i giorni dopo pranzo, con tutta quella fretta?».

«Si vede con alcuni amici», risposi vaga e non perché non volessi fornirle maggiori dettagli, ma perché nemmeno io ne sapevo di più.

«Li conosci?».

«No, non me li ha ancora presentati».

«Come mai?».

«Non saprei, non c'è stata l'occasione», le domande di Anna iniziavano ad innervosirmi. Sentivo una punta di diffidenza, nel tono della sua voce, che confermava le mie paranoie.

«Capisco», rispose semplicemente, il che mi mandò in crisi ancora di più.

«Pensi che si vergogni di me?», abbassai lo sguardo, manifestando un pensiero che aveva iniziato a tormentarmi da tempo.

Lo stesso peso dell'amoreWhere stories live. Discover now