20.

146 4 1
                                    

Mentre cercavo di identificare le sagome scure delle auto, nel buio del piazzale, sentii un rumore quasi impercettibile alle mie spalle e, prima che avessi il tempo di voltarmi, due mani morbide e calde si posarono delicatamente sul mio viso, chiudendomi gli occhi.

«Pronta per la sorpresa? Ti porto in un posto magico», mi sussurrò all'orecchio.

La sua voce profonda, incredibilmente dolce, mi diede i brividi e allo stesso tempo mi calmò.

È curioso come si cerchi la felicità in mille modi e luoghi diversi e alla fine la si ritrovi in un posto qualunque, in un momento qualunque. Quel parcheggio buio, in quel preciso momento, era il paradiso.

«Pronta», risposi voltandomi verso di lui, impaziente di rivedere il suo viso. Era ancora più bello di come ricordassi: la mia memoria labile non gli rendeva giustizia.

In mano aveva una rosa rossa.

«Auguri».

Rimasi senza parole, non me l'aspettavo.

«Grazie», sussurrai.

«Scusami», era dispiaciuto.

«Di cosa?», non c'era proprio niente per cui dovesse chiedere scusa, lui era perfetto, in ogni singolo dettaglio, in ogni gesto, in tutto.

«Quando ieri ti ho chiesto di uscire non ricordavo che oggi fosse l'otto marzo, magari preferivi andare a festeggiare con le tue amiche».

«Preferisco stare con te», quelle parole mi uscirono da sole, sincere, incontenibili.

Lui sorrise, con una dolcezza assurda.

«Andiamo?», chiesi per uscire da quella situazione imbarazzante, il modo in cui mi guardava m'impediva di ragionare.

«Certo», rispose con un improvviso entusiasmo e mi guidò fino alla sua auto: un'Alfa 147, nera lucente. Pensai che non ci fosse macchina al mondo che gli si addicesse di più: era elegante, bella, ma senza essere troppo appariscente o esageratamente di lusso, era perfetta.

Sicuramente non era nuova, ma lo sembrava, forse per l'occasione l'aveva tirata a lucido, ma questo fu un mio pensiero, un'illusione che mi concessi perché mi piaceva pensare che, anche lui, potesse essere emozionato per la serata, come lo ero io.

Salii in macchina, sorridendo ma un po' in imbarazzo, calibrando attentamente tutti i miei movimenti per non inciampare: ero troppo nervosa.

Anche lui sembrava in difficoltà, come me.

«Allora, dove mi porti?», chiesi dopo di un po', per rompere quel silenzio imbarazzante.

«Te l'ho detto, è una sorpresa».

«Una sorpresa bella, spero», cercavo di farlo parlare, il suono della sua voce mi tranquillizzava.

«Spero di sì», rispose criptico, proprio non voleva darmi nessun indizio.

Il viaggio verso la nostra misteriosa destinazione fu breve, dopo pochi minuti, infatti, Luca entrò in un piccolo piazzale completamente buio e parcheggiò l'auto vicino al tronco di un enorme albero.

Non c'erano altre auto, solo noi.

Per un attimo mi prese il panico.

Ero stata davvero un'incosciente a salire in auto con un ragazzo che conoscevo a malapena. E se fosse stata una trappola? E se voleva derubarmi o farmi del male? Non mi avrebbero mai ritrovata lì, in quel posto isolato e deserto. Sarebbero passati giorni, settimane prima che qualcuno si accorgesse di me.

Lo stesso peso dell'amoreWhere stories live. Discover now