Capitolo 6

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Adele's pov

Mi trovo nella sala comune e sono appoggiata con le braccia sul pianoforte mentre guardo Naditza suonare.

Mi piace sentirla suonare, è piacevole, ha davvero talento, e non è l'unica.

Oltre a lei c'è anche Filippo che mi ha raccontato di essere un pianista e che studia pianoforte sin da piccolo.

D'un tratto mi viene in mente che ho dimenticato la mia borsetta nello sgabuzzino della sala comune.

Apro la porta e appoggio la mano sulla maniglia. Il mio sguardo è rivolto verso Naditza dato che la sto avvisando che mi allontano qualche minuto.

Chiudo la porta e giro la mia postura verso la stanza ma vado a finire contro qualcosa, anzi qualcuno.

È Ciro.

Che sorpresa... penso ironicamente.

Se si potesse non mi staccherei mai da lui tuttavia subito mi allontano quando mi rendo conto della situazione.

È da oggi che ancora non lo avevo visto e sinceramente non vedevo l'ora di poterlo rivedere, non ho fatto altro che pensarlo.

E già... è da quando l'ho incontrato, pochi giorni, che mi ritrovo a pensarlo spesso, questa cosa non è di certo un bene ma non riesco ad evitare di pensarci.

«Ue ue, fai attenzione!» mi saluta ridacchiando.

«Hey, che ci fai qui?» chiedo curiosa e lui fa un cenno al cellulare che ha in mano ed io annuisco capendo che lo stesse usando di nascosto qui dentro.

Apprezzo il fatto che me l'abbia detto e che si fidi di me. Sembra non avere pregiudizi su di me nel senso che nonostante io sia "la figlia della direttrice" lui non sospetta che io possa fare la spia o altro.

Sono felice di avergli fatto una buona impressione o almeno lo spero.

«Come ci sentiamo stamattina?» incrocia le braccia guardandomi sempre con uno mezzo sorriso che sto iniziando ad adorare.

«Bene grazie» rispondo apprezzando il suo interesse.

Ed è vero, oggi mi sento bene. Sono più risposata rispetto a ieri perché fortunatamente sono riuscita a dormire meglio stanotte.

«M fa piacer» dice compiaciuto.

«E tu? Pke si vnut cà?» aggiunge non smettendo mai di guardarmi intensamente.

«Uh é vero!» esclamo.

Con gli occhi perlustro velocemente la stanza quando trovo la mia borsa e mi affretto a prenderla.

«Sediamoci qua vieni» mi indica un divanetto messo lì forse perché è vecchio e un po' rovinato.

Ci sediamo e lui inizia a parlare.

«Tu capisci il napoletano?» mi domanda curioso.

«Certo che lo capisco, lo adoro. Mio padre è - faccio una piccola pausa e poi mi correggo - era napoletano, mia mamma è di Milano mentre io sono cresciuta per la maggior parte a Roma e quindi saprei anche parlarlo ma evito perché ormai sono cresciuta in un miscuglio di dialetti e temo di fare un casino se ci provassi ecco» rido per smorzare un po' il leggero imbarazzo.

Ho nominato mio padre, di solito sono sempre ben attenta a non farmi scappare nessun argomento che poi potrebbe portare il mio interlocutore a farmi domande su di lui, figuriamoci se sono solita nominarlo spontaneamente.

Stavolta invece è successo.

Nonostante a volte provi un po' di imbarazzo, devo dire che per la maggior parte delle volte che ci sono stata mi sento a mio agio con Ciro ed è una bella sensazione, una di quelle che possono capitare raramente e con pochissime persone.

𝐅𝐨𝐥𝐥𝐢𝐚 𝐝'𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 || 𝐂𝐢𝐫𝐨 𝐑𝐢𝐜𝐜𝐢.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora