Capitolo 31

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Io e il comandante siamo fuori l'ufficio e mi aspettavo mi facesse qualche domanda invece c'è silenzio tra noi. Sembra che nessuno dei due abbia il coraggio di parlare o sappia cosa dire.

«Comandà, posso farle una domanda?»

«Ora mi chiami comandante? Eh cert, ormai» scuote la testa.

Mi ricordo quando mi disse che potevo chiamarlo per nome dato che io, a differenza degli altri, non ero rinchiusa all'IPM e invece ora..

«Dimmi» mi permette di parlare alla fine.

«Che facciamo ora?» chiedo.

Vorrei capire che fine farò, in che cella andrò a stare. Inoltre ora è quasi ora di cena chissà se mi faranno accedere alla mensa insieme agli altri.

«Non lo so, in teoria ora dovrei accompagnarti in cella» dice ma il suo tono di voce fa capire che gli costa farlo.

D'istinto lo abbraccio.

Mi sono molto affezionata a lui e si vede che è dispiaciuto e soprattutto deluso da me, purtroppo.

«Ti voglio bene massimo» gli dico sinceramente mentre lui ricambia il mio abbraccio e mi accarezza la schiena.

Decido di riprendere a chiamarlo per nome e a dargli del tu come facevo prima. È inutile iniziare a chiamarlo diversamente, e lui fortunatamente non obietta.

«Pur i t vogl ben» accenna un sorriso ma purtroppo il suo sguardo è triste.

Ci stacchiamo dall'abbraccio e mi guarda.

«Senti - mi dice con voce seria - ora non ti chiedo niente perché immagino sia ancora presto ma voglio il prima possibile delle spiegazioni» mi guarda.

«Possiamo parlarne ora?» gli chiedo invece io.

Massimo mi ispira fiducia. E non nascondo che spesso negli atteggiamenti e nei modi di porsi con me mi ricorda mio padre.

Sto bene quando sono accanto a lui, mi sento protetta ed è come se ritornassi ad essere quella bambina che ero con mio padre.

Non si aspettava che fossi pronta a parlarne sin da subito ma la mia proposta gli fa piacere, ha capito che mi fido di lui.

Ed è vero, è l'unica persona con la quale mi sento pronta a parlarne in questo momento.

«Ma certo, vieni andiamo a sederci» inizia a camminare facendomi strada ed io lo seguo.

Mi porta in una stanza e mi riferisce che questo è il suo ufficio, non l'avevo mai visto prima di adesso.

Mi invita a sedermi e lo fa anche lui.

«Quando sei pronta, io ti ascolto» mi mette a mio agio per poter parlare.

Prendo un respiro e inizio a raccontargli tutto.

Gli dico tutta la verità, anche quella più cruda ovvero che ho fatto tutto questo per Ciro.

Lui resta tutto il tempo ad ascoltarmi con attenzione senza interrompermi, cosa che apprezzo perché ha permesso di farmi finire il discorso con meno difficoltà.

Quando finisco di parlare capisce che non ho più niente da dirgli.

«Allora Adele ammetto che se fossi stata un' altra persona, come mio solito, ti avrei urlato addosso per la grande cazzata che hai fatto e mi sarei incazzato perché io se urlo e a volte sono aggressivo con gli altri ragazzi è perché ci tengo a loro e sembra che capiscano solo con le maniere forti, e a volte neanche quelle servono» fa questa premessa ed io annuisco.

𝐅𝐨𝐥𝐥𝐢𝐚 𝐝'𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 || 𝐂𝐢𝐫𝐨 𝐑𝐢𝐜𝐜𝐢.Where stories live. Discover now