Capitolo 37 |Desiderio proibito|

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<APRITE QUESTA CAZZO DI PORTA!>.
La calcia per la milionesima volta, diedi pugni, provai ogni tipo di violenza fisica ma niente.

La porta rimase lì, solida e resistente, quasi come se fosse divertita dai miei futili tentativi di smuoverla.
I miei poteri erano svaniti, sicuramente a causa di quell'intruglio che avevo ingurgitato.

Cacciai un urlo di pura frustrazione. Poi un altro, e un altro ancora.
Distrussi ogni cosa che mi capitò sottomano: soprammobili, oggetti in vetro e cristallo, lampade, quadri.
Sfogai la mia rabbia con violenza, devastando l'intero perimetro.
La stanza fu paragonabile ad un campo di guerra: pezzi di vetro sparsi per terra, sedie lanciate con prepotenza contro la parete, oggetti di ogni tipo sul pavimento, quadri spaccati in vari pezzi...

Mi ritrovai ancora una volta rinchiusa tra quattro mura.
Sola con me stessa.
I miei pensieri viaggiarono alla velocità della luce, non lasciandomi un attimo di tregua.

Mi buttai sul letto provocando un tonfo sordo, ritrovandomi con il volto rivolto al soffitto.
Rimasi ferma e inerme per un tempo apparentemente interminabile. Non avevo più energie.
I pensieri si erano placati e nella mia mente regnò un silenzio quasi inquietante.
Era come se si fossero autodistrutti, non reggendo il loro stesso peso.

<Illusa> mormorai.
<Illusa> ripetei, accompagnando le mie parole con un leggera risata.
<Sei proprio una stupida illusa> la risata aumentò gradualmente.

Divenne sempre più rumorosa. Lacrime calde scesero sulle mie guance accaldate.
Tracciarono il mio volto come spilli di vetro, arrivando fin dentro la mia bocca e lasciando sul mio palato un retrogusto amaro.
Il sapore dell'ira.

La risata si mischiò ai singhiozzi.
Piansi, risi, urlai di dolore. Ero in uno stato di totale disperazione.
Respirai ed espirai per provare a calmarmi. Perfino quel gesto risultò essere fin troppo doloroso.
La risata cessò, il mio petto si alzò e si abbassò con irregolarità e i miei occhi continuarono a produrre lacrime ininterrottamente.

Avvertii uno scatto della serratura.
La porta si aprì per poi essere nuovamente richiusa con delicatezza.
Mi alzai lentamente, producendo ancora una volta uno sforzo anormale per un movimento del genere.

Forse non avrei dovuto.
Forse avrei dovuto tenere lo sguardo fisso al soffitto.
Forse il mio cuore avrebbe dovuto smettere di battere in quel preciso istante, risparmiandosi così una tale dose di dolore.

Lui era lì.
Possente e fiero come una delle più belle statue di Michelangelo, dove il marmo diventava carne viva.
Guardò sconcertato il caos intorno ad egli da me causato, ma la sua attenzione ricadde sulla mia persona.
Mi fissò intensamente. Nei suoi occhi vidi mille emozioni lasciare la loro impronta ma senza mai rendersi troppo riconoscibili.
Era un mare in tempesta, questo riuscii a capirlo.

Non seppi con precisione quali emozioni provai in quel momento, quanto dolore avvolse la mia cassa toracica rendendomi impossibile respirare.
La sua tempesta arrivò a me, travolgendomi completamente.

Fu così che senza neanche accorgermene mi ritrovai su di lui, puntandogli un frammento appuntito di vetro alla gola e bloccandolo al muro.
Accadde tutto così velocemente che Xavier non riuscì a bloccarmi in alcuno modo, preso totalmente alla sprovvista.
La lama premette sulla sua gola pallida, lasciando un leggero segno rossastro dovuto alla pressione che esercitai su di esso.

<Adesso... dammi un buon motivo per cui non dovrei squartare la tua gola in due, Xavier> mormorai al suo orecchio.
Lo vidi deglutire pesantemente, aumentando ancor di più la pressione della lama.
I suoi occhi si piantarono nei miei e vidi svanire in lui ogni singola traccia di umanità.

𝐀𝐫𝐜𝐚𝐧𝐞 𝐀𝐜𝐚𝐝𝐞𝐦𝐲 | 𝘓𝘢 𝘮𝘶𝘵𝘢𝘧𝘰𝘳𝘮𝘢 |Where stories live. Discover now